12 marzo 2020

LA PAURA ATAVICA DELLA FAME

Le code davanti ai supermercati fanno emergere il peggio. Anche dall’homo technologicus


PER COMINCIARE: Cronache di un supermercato ai tempi del Covid-19.

savoia

Siamo tutti tecnologici, smartphone-muniti, molte delle nostre scelte sono governate dall’intelligenza artificiale, consultiamo e utilizziamo app per molte delle nostre azioni quotidiane, anche quelle più banali. Siamo moderni, cittadini a pieno titolo del terzo millennio d.C.

Ma c’è un ma che ci smaschera e si manifesta quando scatta un allarme, una crisi, un qualsiasi meccanismo che interrompa le nostre abitudini. In questi casi molti di noi, non tutti fortunatamente, ritornano agli istinti degli uomini scimmia del Pleistocene, al Ferro recente, alla guerra di Troia, all’impero di Augusto o alle grandi carestie medievali. Ritorna la paura atavica della fame, oggi identificabile come la sindrome dell’idea del frigorifero vuoto o della dispensa deserta (che poi deserta non è mai). Basta stare mezz’ora in coda davanti a un qualsiasi supermercato in questi giorni per rendersene conto.

Intanto l’approccio. Il pensiero: “Ma tutte queste carogne mascherate perché non se ne stanno a casa loro, anziché venire nel mio supermercato a infettare i miei cibi e le mie bottiglie, il mio latte e il mio pane?” caratterizza la quasi totalità di chi si avvicina all’ingresso contingentato. Poi il posizionamento in coda con l’atteggiamento di un Apollo Creed pronto a salire sul ring, con corollario di occhiatacce verso chiunque si mostri indeciso sull’inizio della fila: “Stai attento a come ti muovi perché ti controllo”.

Sei una persona anziana? Non importa, stai lì e non ti azzardare a chiedere un gesto di civiltà. Mostri evidenti segni di deambulazione difficoltosa? Forse c’è anche qualcuno che sarebbe disposto a farti passare saltando la coda, ma non osa sfidare l’ira della massa. “Se lo fai entrare al tuo posto, tu devi andare in fondo” (sentita venerdì mattina in viale Piave. Milano, Italia).

Ma la cosa più socialmente rivelatrice sono gli sguardi. Anche a un metro di distanza ci si guarda con sospetto, non si parla, se qualcuno ci prova spesso gli può capitare di veder cadere nel vuoto le sue domande. L’idea che ognuno si fa è che il vicino di coda sia malatissimo e che avrebbe fatto meglio a restarsene a casa a infettare i suoi congiunti. Intanto, sia pur a piccoli passi, la coda avanza verso l’ingresso della “stanza del tesoro”. Si ripassa la lista della spesa, pensando magari a prendere qualcosa in più per evitare di tornare l’indomani. Sempre tenendo la distanza di almeno un metro e accertandosi che anche gli altri facciano altrettanto.

Sei in coda e ti interroghi: sono anch’io così? Come reagirei in una situazione di tensione? Poi vedi quello che cerca di fare il furbo e ti confortano la reazione stizzita dei tuoi “colleghi” di fila e l’intervento di un addetto alla sicurezza che in quella situazione rappresenta l’autorità suprema. Fai qualche altro passo avanti mentre arriva una notifica dello smartphone. E’ un titolo della Stampa edizione digitale: “I turisti spariscono a causa del coronavirus, le scimmie affamate litigano per il cibo in Thailandia”. Ti guardi attorno e ti sforzi di trovare delle differenze…

Ma alla fine sei giunto anche tu sulla soglia della Wunderkammer alimentare, può cominciare la caccia. Tutto il resto non esiste più. Oggi si mangia. Io mangerò. La mia famiglia mangerà. La mia tribù mangerà.

Poi, dopo pranzo, tutti a rilanciare l’hashtag #andràtuttobene.

Ugo Savoia



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