29 febbraio 2020

LA NARRAZIONE ALLARMISTA È COME QUELLA POPULISTA

La degenerazione della ragione nell’epoca del Coronavirus


PER COMINCIARE: Nel 2016 si era parlato tanto di “narrazione populista” e delle sue caratteristiche, tra le quali non si può non citare un certo allarmismo in tema immigrazione e sicurezza. Allarmismo che torna attuale oggi con l’emergenza Coronavirus, così come torna attuale un certo tipo di narrazione che assimila la situazione di emergenza (civile) ad un’emergenza militare, fomentando un clima di paura solo in parte giustificato.

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La comunicazione allarmista attiva oggi sui media di casa nostra, ma anche di tutto il mondo, a proposito della diffusione di un virus influenzale denominato coronavirus (il nome già di per sé è fonte di preoccupazione) è la punta dell’iceberg di una comunicazione iperrealista che pervade la nostra società postmoderna. Comunicazione iperrealista che il web e i social hanno contribuito ad accentuare e amplificare.

Da tempo – almeno nel mondo occidentale – non ci sono guerre, ma il linguaggio simil-militare continua a mietere vittime e a fare danni, grazie ai format comunicativi populista e allarmista che lo utilizzano in modo pervasivo. Non a caso la narrazione allarmista utilizza le stesse modalità, gli stessi stereotipi e gli stessi frame della narrazione populista.

Era già successo quando l’ISIS aveva colpito con attentati terroristici alcune capitali europee. Anche allora i media e i comunicatori populisti, gli uni per fare audience o per guadagnare followers gli altri per guadagnare consensi elettorali, parlavano di “attacchi al cuore dell’Europa”, di guerra all’Occidente, di città blindate, di pattuglie dell’esercito mobilitate per presidiare luoghi strategici”. Anche allora per spaventare, per creare paura e insicurezza si faceva ricorso alla terminologia militare, creando dei frame narrativi di tipo militare in grado di produrre in modo artefatto emozioni basiche, cioè “di pancia”, non controllate dalla mente razionale o dai sentimenti, come la paura e il conseguente odio verso tutti i Musulmani.

Lo stesso format comunicativo è stato ripetuto in occasione degli arrivi di immigrati sulle coste italiane. Allora si parlava di “Invasione”, di respingimenti, di esercito schierato per difendere le frontiere e le città. Fra la gente si diffondeva la paura dello straniero che invade i nostri confini, le nostre periferie, le nostre città, che è cattivo perché ruba, spaccia, uccide, stupra. E come conseguenza ecco la caccia allo straniero, soprattutto africano e di colore, con risultati a volte criminali. E qualche politico si presentava come l’Eroe della fiaba, come il Salvatore della patria, come il Risolutore di tutte le paure, il portatore di sicurezza in cambio di un consenso elettorale.

Anche Hitler circa un secolo prima aveva diffuso con efficacia comunicativa l’idea che gli ebrei fossero paragonabili a dei virus letali che potevano infettare la razza ariana se non venivano eliminati da un Salvatore della patria. In questo modo aveva creato con la sua narrazione populista le emozioni basiche della paura, della rabbia, dell’odio verso tutti gli Ebrei, preparando così il popolo tedesco all’idea atavica del nemico e del capro espiatorio che avrebbe dovuto prima o poi essere sacrificato nei campi di sterminio.

Oggi il format comunicativo che regala audience ai media e consensi ai populisti all’opposizione è ancora in azione. Si parla infatti di “Allarme coronavirus”, di “dichiarazione di guerra al virus”. Nei titoli dell’informazione televisiva, cartacea e on-line si legge: “Virus: la grande paura”, “Assalti alle farmacie”, “Battaglia contro il virus che non deve fermarsi”. Ma, ancora più grave, si vedono immagini ad ogni ora del giorno in televisione e sui social di pattuglie dell’esercito schierate a presidiare le strade della zona rossa; si vedono filmati, girati in non si sa bene in quale ospedale, con personale sanitario dotato di tute e divise da guerra chimico-batteriologica.

Tuttavia i più inquinanti nel senso della coltivazione della paura sono quei filmati, in termini tecnici si dice “virali”, color seppia, dove voci fuori campo di improvvisati narratori raccontano le immagini con un tono fra l’inquietante e l’apocalittico. Improvvisati “reporter di guerra” raccontano che “qui non si entra e non si esce, che gli abitanti sono isolati dal resto del mondo”, che “dietro le finestre chiuse ci sono intere famiglie in attesa della libertà”, che “stiamo vedendo dei paesi fantasma”, ecc. E per essere ancora più iperrealisti nella comunicazione allarmista compare una musica di sottofondo che accompagna le immagini e che sembra tratta dai film di Dario Argento o dai film della fantascienza-horror.

E che dire del briefing quotidiano della Protezione civile con tanto di bollettino in stile militare: oggi abbiamo tot. morti, tot. feriti gravi (infetti ricoverati), tot. feriti leggeri (infetti a casa), tot. sfollati (numero di abitanti che non possono spostarsi nelle zone rosse), tot. sopravvissuti (gli infettati già guariti). E naturalmente tutti i TG, i giornali, i talk-show che a tonnellate affollano le reti principali aprono il racconto quotidiano della guerra riportando i dati numerici del bollettino.

E dopo aver letto il bollettino, che anche senza commento offre dei dati tecnici e statistici non sempre gestibili e interpretabili correttamente dai non addetti ai lavori, quindi dai cittadini, che possono creare letture fuorvianti contribuendo alla costruzione del panico, tutti cercano di tranquillizzare l’opinione pubblica.

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Il paradosso è che dopo essersi accorti che tutto questo genera paura, e che la paura degenera in azioni assurde e irrazionali che hanno a che fare con il panico, i narratori mediatici (conduttori, giornalisti, politici) stanno cercando di tranquillizzare l’opinione pubblicai invitando esperti che ci dicono di stare tranquilli. Peccato che mentre loro parlano, a invalidare il dictum sugli schermi scorrono in simultanea immagini di supermercati svuotati, di ospedali blindati, di ambulanze con personale in assetto di guerra batteriologica.

Infine possiamo dire che nella società postmoderna della “troppità”, dell’eccessività, della post verità, questi format comunicativi utilizzati dai populisti e dagli allarmisti, presenti nella politica e nei media off e on-line, con il loro racconto del nemico, la loro capacità di seminare e coltivare ansia e paura, rabbia e odio, di creare capri espiatori, trovano il loro habitat naturale. Purtroppo sono anche efficaci, proprio come oggi è efficace il nostro coronavirus immerso nell’habitat della società sempre più globalizzata.

Alberto Negri

Docente di “Comunicazione e marketing della politica” – Università Cattolica di Milano

www.albertonegri.it

 



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  1. Maurizio SpadaConcordo pienamente sul parallelismo comunicazione allarmista e populismo. Compimenti per l'articolo.
    4 marzo 2020 • 12:52Rispondi
  2. Daniela Da RivaGli articoli giornalistici, le dichiarazioni dei politici e gli spettacoli televisivi sulla comunicazione, si appoggiano soltanto sulle opinioni di chi le esprime, creando da un lato, diffidenza nel recettore, dall'altro la presunzione di possedere gli elementi per partecipare a qualsiasi dibattito su qualsivoglia argomento. Mi auguro che presto si spostino le chiacchiere sui contenuti, consentendo al cittadino la possibilità di elaborare concetti su informazioni precise, esaurienti e su dati ed esempi ineccepibili.
    4 marzo 2020 • 21:51Rispondi
  3. Daria VeronesiProfessore grazie, è un conforto leggerla. Conservo il vizo di usare la testa e mi son chiesta: chi di noi conosce UN malato di coronavirus? Dov'è l'epidemia? E' in TV! Una emergenza creata dal terrorismo mediatico, che sta dando il pretesto per privare i cittadini delle libertà di base! La banalità del male .. domani potrebbero iniziare le deportazioni e noi tutti zitti in nome della SCIENZA? Oggi lascio un contributo ad Arcipelago Milano
    6 marzo 2020 • 12:30Rispondi
    • Pino59Dov'è l'epidemia? Nei reparti di terapia intensiva di tutta la regione, pieni di pazienti che non riescono a respirare da soli. E' possibilissimo che cercheranno di privarci delle libertà fondamentali, prima fra tutte quella di dire ciò che si pensa, ma non certo a causa del coronavirus. E non saranno i populisti a farlo.
      10 marzo 2020 • 20:45
    • Patrizia TaccaniInvito alla lettura di tutti gli articoli di Arcipelago Milano uscito oggi. Un pensiero mi frulla per la testa. Di fronte a qualcosa che non si conosce (abbastanza) il silenzio è d'oro.
      11 marzo 2020 • 09:09
    • Daria VeronesiDefinizione dizionario Treccani: EPIDEMIA : Manifestazione collettiva d’una malattia (colera, influenza ecc.), che rapidamente si diffonde fino a colpire un gran numero di persone in un territorio più o meno vasto.
      18 marzo 2020 • 17:12
  4. Giuseppe ZammataroGrazie Prof. È tranquillizzante e confortante, osservare che c'è ancora la possibilità di commentare e riflettere sull'argomento a 360 gradi, tenendo conto di ogni aspetto, senza essere travolti da condizionamenti mediatici, ormai da tempo pericolosi per il nostro equilibrio psico emozionale. Anche in questo caso, la comunicazione degli addetti ai lavori è fuorviante, senza moralità e professionalità, al limite della decenza.
    8 marzo 2020 • 10:29Rispondi
  5. Giorgio FortiSono del tutto d'accordo con quanto scrive Alberto Negri, e mi complimento per come lo ha scritto, con grande chiarezza. Voglio solo aggiungere due esempi: alcuni giorni fa una giornalista del Corriere della Sera ha intervistato il presidente dell'Accademia dei Lincei, Giorgio Parisi, un fisico teorico di fama mondiale. Quando Parisi le ha detto che i dati sulla diffusione del Corona virus pubblicati dalle autorità (?) e dai media sono rappresentati da un'equazione esponenziale, la giornalista ha subito detto quindi velocissima quindi la diffusione, Parisi le ha risposto "dipende dall'esponente" e la giornalista ha chiuso così, rivelando la propria assoluta incompetenza sul concetto di equazione esponenziale. Ma allora perché ne scrive e parla? Secondo: quando viene pubblicato che in Italia ci sono 9000 (circa) persone infettate, non si dà il denominatore della frazione, che è 60milioni di abitanti, cioè 0,00015 infettati su 100mila abitanti. Questo si studia anche nelle scuole elementari, e chiunque deve saperlo! La espressione usata da troppi incompetenti secondo cui "esponenziale" è sinonimo di "grandissimo" dovrebbe essere abbandonata.
    11 marzo 2020 • 10:27Rispondi
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