12 dicembre 2019

GEOMETRIE D’AMORE

Balanchine, Kylián e Béjart chiudono la stagione al Teatro alla Scala


La stagione 2019/20 si aprirà con Sylvia di Manuel Legris, un balletto classico à grand spectacle in coproduzione con il Wiener Staatsballett, dal soggetto che perde le sue radici nella letteratura bucolica e nella mitologia. E per contrasto la stagione di balletto 2018/19 viene chiusa da un trittico di balletto neoclassico e a tratti contemporaneo con Symphony in C di George Balanchine, Petite mort di Jiří Kylián e Boléro di Maurice Béjart.
Le recite di venerdì 29 novembre e di sabato 30 pomeriggio vedono il secondo e il terzo cast. E il 29 è stata una serata speciale, in cui ricavato è devoluto al Teatro La Fenice di Venezia colpito dall’acqua alta, come l’intera città da alcune settimane ormai.
Martina Arduino (29) e Gioacchino Starace (30) sono saliti sul tavolo rosso più famoso del teatro per interpretare il Boléro di Béjart. Due stili molto diversi e due risultati eccellenti.
Martina ha un’innata capacità di dare significato a ogni minimo particolare sulla scena. Ha capito l’importanza delle mani nel Boléro. Béjart era infatti estremamente attratto dall’Oriente: lui stesso si convertì all’islam sciita, negli stessi anni chiamò la sua scuola di Bruxelles prima Mudra, dal sanscrito mudrā ‘gesti, posizioni delle mani’ che nella danza classica indiana (bharatanatyam, kathak, odissi, etc.) e nello yoga sono di estrema importanza narrativa e meditativa; mentre la scuola e centro di produzione coreografica a Losanna con il nome Rudra, dall’antico dio indiano del Veda che verrà identificato con il dio Śiva, il nāṭarājan ‘signore della danza’, che attraverso la danza crea e distrugge l’universo.

Martina Arduino Boléro

Martina Arduino Boléro

Arduino sul tavolo rosso ondeggia le mani ipnotiche come una danzatrice odissi, le sue braccia sembrano ora serpenti che si incrociano ora fiamme che fluttuano ora corna di un toro che rimandano alla drammaturgia originale del Boléro di Bronislava Nižinska con una gitana sul tavolo pronta a sedurre gli uomini di una taverna andalusa. Martina con i capelli tiratissimi da una coda di cavallo, un trucco carico e un’espressione costante di sfida, richiama gli uomini seduti intorno come su un ring. Soccombe sotto lo tsunami di mani con una musicalità perfetta, lasciando l’ultima nota alle mani che si abbattono su di lei.

Gioacchino Starace e il corpo di ballo nel «Boléro»

Gioacchino Starace e il corpo di ballo nel «Boléro»

Gioacchino Starace gioca la sua performance sulla seduzione originaria di questo balletto. Sposta il focus al centro del corpo, dove Béjart ha creato una netta differenza tra la cinta del costume nero che copre solo le gambe lasciando scoperto il petto. Con le contrazioni addominali e la rotazione del bacino su un piano orizzontale Gioacchino crea l’ipnosi per gli uomini seduti intorno, che presto in vortici concentrici creano lo stesso movimento fino all’assalto finale. Nonostante la giovane età, Starace mostra un’ottima attitudine artistica per il Boléro di Béjart e una notevole capacità di attrarre l’attenzione e le emozioni del del pubblico su di sé. Una bella promessa per il Boléro al Teatro alla Scala.

Nicoletta Manni e Marco Agostino in «Symphony in C» di George Balanchine © The School of American Ballet

Nicoletta Manni e Marco Agostino in «Symphony in C» di George Balanchine © The School of American Ballet

Symphony in C di George Balanchine è stato interpretato ottimamente da Martina Arduino e Nicola Del Freo (primo movimento), Nicoletta Manni e Marco Agostino (secondo movimento), María Celeste Losa e Mattia Semperboni (quarto movimento). La tarantella del terzo movimento ha visto l’alternarsi del primo cast di Alessandra Vassallo e Claudio Coviello (29) al secondo di Gaia Andreanò e Christian Fagetti (30), che hanno saputo portare un gradevole e vivace colore mediterraneo, entro le regole della tecnica classica e dello stile geometrico e minimalista di Balanchine.

Antonino Sutera e Antonella Albano nella «Petit mort»

Antonino Sutera e Antonella Albano nella «Petit mort»

Il classico ‘contemporaneo’, per l’appunto neo-classico, di Jiří Kylián ha fatto il suo ritorno alla Scala con gli adagi di Mozart. Petite mort porta in scena la ‘morte di piacere’, costruisce geometrie morbide e fluide. Cinque coppie, più cinque fiorini, più cinque busti di abito: sono questi i protagonisti, che si scontrano, s’incontrano, si mescolano e si separano. Descrivono il momento dell’abbandono al piacere attraverso la bellezza dei movimenti fluidi, del controllo e dei giochi di leve tra i corpi.

Gioacchino Starace e Paola Giovenzana nella «Petite mort».

Gioacchino Starace e Paola Giovenzana nella «Petite mort».

Nelle due date particolarmente rilevanti e addentro al movimento sono state la terza coppia di Gioacchino Starace e Paola Giovenzana (29), fresca e impetuosa; la quarta di Antonino Sutera e Antonella Albano (29), matura e sicura nella definizione delle pose e delle linee; e la quinta coppia di Alessandra Vassallo e Marco Agostino (30) per la musicalità e l’intenzione.

Domenico Giuseppe Muscianisi

Foto di Marco Brescia e Rudi Amisano © Teatro alla Scala. Foto 1: Martina Arduino nel «Boléro». Foto 2: Gioacchino Starace e il corpo di ballo nel «Boléro». Foto 3: Nicoletta Manni e Marco Agostino in «Symphony in C» di George Balanchine © The School of American Ballet. Foto 4: Antonino Sutera e Antonella Albano nella «Petit mort». Foto 5: Gioacchino Starace e Paola Giovenzana nella «Petite mort».



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