21 settembre 2019
PENSIERO LIBERO SU “ART DISTRICT FARINI-CITY”
Ma per chi è la nuova città?
21 settembre 2019
Ma per chi è la nuova città?
La riqualificazione di Scalo Farini risulta un’occasione storica ed irripetibile per poter fare di Milano una vera capitale europea e per poter colmare le distanze con le altre città. Per questo motivo è essenziale realizzare piani industriali che migliorino il territorio, favorendo lo sviluppo di aziende imprenditrici giovani, di cui il paese ha bisogno per competere, contribuendo così all’attrattività italiana. Basterebbe creare un’alleanza con gli investitori giusti per giocare una partita strategica, creando una rete di strutture funzionali e cambiando l’approccio degli immobili da fonte di cassa territoriale in risorsa di sviluppo economico.
Le sfide dominanti del mondo sono quelle relative alle attrazioni e ciò che conta è come le si creano, con che caratteristiche e che cosa si fa di differente rispetto ad altre città, implementando con intuito gli artisti italiani. Il modello attuale di Milano sembra invece copiare fedelmente lo schema globalizzato capitalistico, ripetendo le stesse strutture che hanno meno successo, cancellando la personalità socialista e non dando alcuna possibilità al carattere rivoluzionario della città di emergere (che invece Milano esprime da tempo e con forza).
Il concetto incriminato su Scalo Farini è quello con cui si utilizza, in modo scorretto, la parola RESILIENZA, che maschera un’evidente manovra privata con cui, in modo occultato, si vuole favorire ancora una volta chi è già ricco nella città. Infatti il Masterplan non stabilisce fin da subito la tipologia di edifici da costruire, ma adotta una strategia improntata alla massima flessibilità che rimanda alle fasi successive (lontano dalle procedure di partecipazione) la definizione delle volumetrie e delle destinazioni d’uso. Il concetto oltre ad essere sbagliato è fortemente dannoso, dato che la città non avrà altre occasioni paragonabili per crescere. Le città del mondo sono anni luce avanti, hanno sistemi di organizzazione funzionali e strutture fortemente attraenti, potendosi dedicare ad altri temi e crescendo ancora di più. Aspettare altri dieci anni per capire chi insediare significa distaccare ulteriormente di dieci anni Milano dalle altre città.
Le riqualificazioni che vengono fatte oggi sembrano fatte solo per un certo tipo di persone (hotel e appartamenti di lusso, negozi di catene in centri commerciali cari, interi quartieri rassettati con servizi costosi di cui la città è satura ecc.), ma il tipo di persone a cui si pensa rappresenta l’1% della popolazione. Quindi perché si pensa solo a una minima parte? Forse perché il ceto sociale alto, a Milano e in tutta Italia, è diventato la base elettorale del PD?
Questa borghesia che, grazie alle politiche attuate, è sempre più alta, mentre noi sempre meno media, sta creando una disuguaglianza sproporzionata rispetto a un modello di crescita autentico, relegando in periferia ciò che si ritiene meno importante. Inoltre gli investitori a cui si dà spazio non vivono a Milano: qui vengono solo per fare i propri affari e sfruttare il territorio. Poi tornano nelle loro città a spendere ed a vivere, ottenendo per noi effimeri vantaggi come pochi soldi per le periferie, che nulla permettono rispetto agli incentivi che una strategia, soprattutto con il coinvolgimento dei giovani, potrebbe invece portare alle realtà del territorio milanese.
Quelli più colpiti dalla speculazione immobiliare sono proprio i giovani appartenenti al 99%. Oltre al problema riguardante il caro affitto, che non permette l’indipendenza familiare, si aggiunge anche quello del lavoro sottopagato e limitato a determinate mansioni, che non consente il pieno sviluppo del potenziale creativo ed artistico della gioventù. Avere una situazione di “caro affitto” significa anche avere una situazione di “carenza commerciale nuova”, una situazione che impedisce a moltissimi di aprire la propria attività creativa nel cuore del capoluogo (dove ce n’è più bisogno) e di realizzare così i propri sogni, costringendoli ad andare fuori dal paese per cercare opportunità. È impensabile che in una città, definita metropoli, non si offra la possibilità a chiunque di essere e fare ciò che vuole e si neghi alla maggior parte delle persone la possibilità di raggiungere la propria indipendenza. È ancora più impensabile che questa amministrazione faccia finta di nulla a riguardo, continuando a pensare solo ai propri comodi, come preparare la città per le olimpiadi per potersi arricchire di più, anche sulle spalle dei turisti.
Il modello di Milano, a differenza di Berlino, Amsterdam, Vienna e altre realtà, si basa sul “chi è più ricco decide cosa fare” – nella maggior parte dei casi, sempre gli stessi – invece di mettere le finanze a disposizione dei più al fine di realizzare le richieste di chi ha davvero talento ed è quindi funzionale alla città, portando comunque guadagni ai finanziatori senza però trarne illeciti vantaggi che vanno in una sola direzione.
Tutte le tematiche appena descritte potrebbero trovare risposta in un’unica azione determinante, quella della riqualificazione di Scalo Farini, un’area centrale e sufficientemente grande da permettere una soluzione a più esigenze improrogabili contemporaneamente. Si innesterebbe così una regia creativa, attraverso diverse strutture, che segua una linea artistica precisa in grado di agire a livello strategico e, nel tempo, anche a livello territoriale. Un punto di riferimento mondiale che potrebbe portare più forza economica, più forza sociale e soprattutto più sviluppo del talento locale con una migliore qualità della vita. Per questo motivo è fondamentale imporsi sulla scorretta riqualificazione intrapresa.
Le città del mondo competono con attrazioni meravigliose come serre tropicali suggestive, musei interattivi coinvolgenti, negozi originali e stimolanti, paesaggi ricreati in modo incantevole, verde attrezzato in modo tecnologico e decoro urbano qualitativo, riconosciute rispettivamente in tutto il mondo. Serve un’area artistica avvincente, che sprigioni tutto il carattere poderoso di Milano. Queste attrazioni assicurerebbero una maggiore fiducia nel futuro, stimolerebbero lo sviluppo della città nella direzione giusta, accorcerebbero le distanze con tutte le altre città e darebbero un forte senso di appartenenza.
Si sente la necessità di un piano anche contemplando l’enorme occasione data dell’Accademia di Brera nell’indicazione di fruizione dell’area, quella di una Brera2 artistica e contemporanea che riprenderebbe proprio il tipo di arte che sta uscendo con dirompenza dai social (Instagram, Pinterest, Etsy ecc.) e che permetterebbe in questo modo di insediarsi nella sfera reale, attraverso una città che per questo motivo diventerebbe memorabile a livello internazionale. Creare una partnership nel centro città con svariate industrie creative e rinomate del mondo, come ad esempio Netflix, Amazon e Merlin Entertainment (soprattutto), attraverso però delle precise indicazioni creative, porterebbe la città ad una storica svolta imprenditoriale, darebbe il via libera a nuovi sviluppi mai ottenuti fino ad ora creando, per la prima volta, veri luoghi per le famiglie e per le persone.
Il 45% della popolazione milanese soffre della condizione di isolamento e solitudine: questa è una delle realtà più rilevanti di tutte le grandi città. A Milano le persone sono sempre più confinate nel rimanere sole, senza avere luoghi culturali dove poter socializzare che non siano per forza riconducibili alla movida. Per questo motivo serve creare quartieri adatti e funzionali alla possibilità di istituire reti di contatto e di scambio facili e fare della città un luogo dove, man mano che i gusti e i desideri dei consumatori si evolvono, anche il palcoscenico delle proposte cambia.
Sala non è un sindaco vicino ai giovani, nonostante provi in tutti i modi a dimostrare il contrario. Pensa principalmente ad aspetti che possono piacere a una popolazione ricca e si concentra solo su dati economici, ma mai anche sul coinvolgere le persone adatte ad innovare. Milano è una città borghese, terribilmente affranta. Serve più progettualità strategica, fondamentale per avere un’autentica capitale inclusiva e polivalente, che crei diverse e numerose opportunità. Al momento invece la città risulta prettamente esclusiva, nonostante i nuovi edifici moderni che, nonostante siano venduti come progresso, in realtà ribadiscono ancor di più chi ha potere sulla metropoli.
L’Italia è uno dei paesi fondatori dell’Unione Europea e potrebbe avere un ruolo trainante in Europa, ma nonostante questo non riesce ad imporsi perché manca di competitività. Serve un linguaggio diverso, che centralizzi le città nel mettere al primo posto lavoro, creatività, sviluppo e crescita. Questo farebbe di Milano una vera capitale economica competitiva.
Laura Liyanage
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