23 luglio 2019

SAN SIRO VESCOVO NON LO SA E NON VORREBBE SAPERLO

Per il “Meazza”un passato glorioso un futuro inquietante


savoia-01San Siro, il venerato patrono dei preventivi sballati fin dai tempi dei Mondiali ’90, dall’alto dell’empireo calcistico guarda e sorride amaro. Non gli piace l’idea di essere abbattuto per far spazio a un “distretto urbano, moderno, sostenibile e accessibile che ruoti intorno a un impianto sportivo innovativo dai più elevati standard internazionali”, come si legge nella documentazione presentata da Inter e Milan, in cui si illustrano gli investimenti che saranno sostenuti dalle due società milanesi in seguito alla concessione di un diritto di superficie a 90 anni, da assegnarsi attraverso una gara pubblica per la quale i due club avranno diritto di prelazione.

Di fatto si tratta di un progetto urbanistico da 127 mila metri quadri, dal costo preventivato di circa 700 milioni che arriveranno a 1,2 miliardi con la realizzazione delle opere accessorie: tutti soldi privati che nelle intenzioni delle due squadre assicureranno la creazione di una nuova area sportiva nella zona legata storicamente alla presenza dello stadio e dei due ippodromi, trotto e galoppo.

A San Siro non piace perché quel mucchio di cemento, legato a ricordi esaltanti, è lì dal 1926 e non è bello immaginare che il nuovo progetto ne preveda l’abbattimento subito dopo aver compiuto un secolo di vita e soprattutto dopo aver ospitato la cerimonia d’apertura dell’Olimpiade invernale 2026.

Sempre dalla sua posizione privilegiata, il Santo patrono si è studiato bene le carte: è vero, ci sono 60 mila posti previsti dalla nuova struttura e sicuramente si tratterà di un impianto all’avanguardia ma tutta l’operazione profuma di mega operazione immobiliare nascosta dietro le necessità di avere un impianto sportivo degno. Ha scoperto ad esempio che accanto allo stadio sorgeranno un hotel di lusso, un numero non chiaro di residenze e soprattutto un immancabile centro commerciale.

Davvero – si è chiesto – serve un centro commerciale in una zona che da questo punto di vista è già servita dal distretto di CityLife, dalla gigantesca struttura di Arese a pochi chilometri e soprattutto dalla nuova realtà di Cascina Merlata che aprirà alla fine del 2021? E perché poi una persona di normale intelligenza dovrebbe comprare casa in un’area che tutte le domeniche (tutte!) rischia di essere paralizzata per ore dalla presenza di decine di migliaia di tifosi?

In realtà, però, ciò che lo inquieta maggiormente non sono tanto questi interrogativi o il fatto che i tecnici della società StadCo (la newco creata per la costruzione del nuovo stadio) vengano a piazzargli la dinamite nelle fondamenta. No, non è tanto questo, che pure sarebbe sufficiente per mettere in agitazione una persona normale, quanto piuttosto la riflessione generale su tutto il senso dell’operazione.

Senza voler apparire come uno dei tanti professionisti del “no”, persone che per principio e quasi d’istinto si oppongono a qualsiasi tipo di progetto innovativo, quel vecchio marpione di San Siro – che conosce bene i suoi polli – ha fatto un paio di riflessioni legate al combinato disposto dell’operazione. Che si tratti di qualcosa da cui Inter e Milan trarranno benefico economico si spera che sia fuor di dubbio anche se rimane tutto da dimostrare, visto che le due società stanno cercando partner finanziari che le affianchino soprattutto per ciò che riguarda la parte residenziale e commerciale. Ma quale sarà il prezzo che la città dovrà pagare? Inoltre, ci possiamo fidare delle promesse e dei conti portati a sostegno dell’operazione?

Qualche dubbio può venire anche a un santo, perché a volerla dire proprio tutta, i bilanci di molte società calcistiche hanno ampie aree di opacità dentro le quali non di rado si scoprono cose poco gradevoli. Per esempio le plusvalenze fittizie per aggiustare i conti.

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San Siro sa benissimo che esistono due tipi di plusvalenze fittizie: quelle semplici e quelle incrociate. Le plusvalenze semplici si hanno quando una squadra aumenta il valore di un suo giocatore, in genere giovanissimo e magari proveniente dal vivaio, per rivenderlo a un’altra società massimizzando il profitto. Ma questa, se vogliamo, è l’ipotesi meno grave. E’ come mettere in vendita la propria automobile a una somma eccessiva rispetto alla reale quotazione di mercato: se si trova l’acquirente distratto il gioco è fatto e l’effettivo valore dell’oggetto diventa un problema di chi ha comprato.

Un po’ più complesso il meccanismo delle plusvalenze incrociate: prevedono la “complicità” di due società che si scambiano giocatori a somme concordate e in genere aumentate rispetto ai reali valori di mercato. In genere queste operazione avvengono senza un reale movimento di denaro e ciò consente poi, in sede di bilancio, di spalmare i debiti sugli anni successivi “ripulendo” le gestioni in corso. Nel linguaggio di strada si chiamano magheggi. Lo fanno tutti, è il ritornello. Sì, ma questo non significa che si tratti di una cosa commendevole. E soprattutto è uno dei tanti elementi a sostegno della tesi secondo la quale le società di calcio non brillano per trasparenza.

C’è poi il capitolo inquietante dei rapporti con le frange estreme delle tifoserie. Basta andarsi a rileggere le inchieste e i processi per capire la gravità del fenomeno: infiltrazioni mafiose nelle curve, collusioni delle società con i capibastone, favori chiesti e concessi per tenersi buono il tifo organizzato, il giro gigantesco dei biglietti omaggio sui quali i più spregiudicati (e spesso pregiudicati) tra i tifosi hanno costruito vere e proprie fortune.

Per questi motivi, come scrivono i giudici nelle sentenze, San Siro sorride amaro. E’ consapevole del fatto che Inter e Milan stiano cercando spazi più moderni, ma non ha voglia di rivedere brutti film di un tempo, ricchi di colpi di colpi di scena sempre negativi: costi reali raddoppiati rispetto ai preventivi, bandi costruiti su misura o aggirati, magistratura che indaga. Tutto già visto e già scritto. Lui, il santo, preferisce cullarsi nei suoi ricordi calcistici più esaltanti, consapevole del fatto che pochi stadi al mondo possono vantare un curriculum come il suo. In barba a chi vuole abbatterlo come se si trattasse di un campetto qualsiasi.

Ugo Savoia



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