5 luglio 2019
M5 A MONZA UNA SOLUZIONE CHE NON CONVINCE
Il deposito a Bettola una ipotesi insostenibile
5 luglio 2019
Il deposito a Bettola una ipotesi insostenibile
Il progetto che porta ad un prolungamento di M5 a Monza ha un valore paradigmatico, per segnalare i danni prodotti dall’assenza da qualsiasi disegno di pianificazione territoriale nell’area centrale milanese di un disegno che cioè massimizzi gli effetti positivi sugli insediamenti esistenti di una estensione delle reti metropolitane, intrecci queste scelte con quelle localizzative di alcune funzioni strategiche, valorizzi i pochi spazi aperti residui rimasti, specialmente nelle zone più urbanizzate e spinga invece al massimo riuso di aree dismessi e infine miri con progetti integrati ad esempio di infrastrutture-verde-paesaggio a produrre territori di qualità e non nuove degradate periferie.
M5, come noto, arrivata da tempo alle porte di Cinisello, piegherà inspiegabilmente per Bettola, dove è in costruzione il nuovo capolinea di M1, raddoppiando l’offerta in loco di accessibilità al trasporto pubblico anziché servire insediamenti sprovvisti. Da Bettola entrerà in Monza toccherà la stazione Rfi e si dirigerà verso i due importanti attrattori di mobilità a Monza: il parco di Monza-Villa reale e soprattutto l’ospedale (Fig 1).
E’ un tragitto di dubbia utilità in Monza (che soffre di problemi di mobilità interna est-ovest più che nord sud) e che nell’accessibilità verso Milano mette assurdamente in competizione M5 con i servizi ferroviari suburbani, nella direzione verso Garibaldi. M5 offre dunque un servizio reale solo a un settore occidentale della città di Monza e molto più marginalmente ad alcuni quartieri di Cinisello e Monza comunque non lontani dalle fermate di M1. Se vogliamo usare uno slogan, M5 non sarà la metropolitana di Monza, ma solo un collegamento estremamente lento da Monza a Milano, proprio a causa dello scollamento tra il percorso e le direttrici “monzacentriche” di mobilità.
Un elementare ragionamento di pianificazione territoriale avrebbe portato a scelte diverse. In primo luogo a potenziare su un tratto non saturo della rete ferroviaria (secondo ipotesi già esplorate dalla provincia di Monza) il servizio ferroviario da Monza verso Milano Garibaldi e soprattutto con un tragitto “corto” della s9 da Monza a Milano Lambrate-Porta Romana-Romolo-Albairate (che si affianchi a quello “lungo” da Saronno-Seregno-Monza ad Albairate che nel tratto da Seregno a Monza non sembra poter essere intensificata per saturazione della linea). In secondo luogo far proseguire M5 nella direzione di Cinisello nord e Muggiò, in una zona con una popolazione non inferiore a quella di Monza ovest, del tutto sprovvista di trasporti pubblici efficaci verso Milano (e anche verso Monza).
Da Muggiò la M5 poteva flettere verso Monza polo istituzionale (ove comunque sull’area dove non si è realizzato il polo fieristico si trovano 30.000 per un deposito), intrecciare la ferrovia Milano-Monza-Seregno-Chiasso alla altezza della prevista stazione nord di Monza – da realizzare contestualmente- e da quel punto raggiungere Ospedale e parco di Monza. In questo tratto M5 oltre a garantire un accesso pubblico a questi due importanti infrastrutture (più efficace tra l’altro dai suoi molti utenti che arrivano da Nord) avrebbe svolto due altre fondamentali funzioni: di alleggerimento del traffico ipercongestionato est-ovest tra Monza Muggiò e soprattutto con la realizzazione di una stazione integrata rfi_M5 a Monza nord avrebbe offerto uno sfogo ai quasi 50.000 abitanti di Lissone e del settore nord-ovest di Monza che trovano treni già saturi sulla S9 nella stazione di Lissone (e frequentemente rallentati dal disperato tentativo di salirci da parte dei pendolari) e che quindi in questo caso hanno effettivamente bisogno di un servizio aggiuntivo garantito da M5.
Infine si sarebbe potuto allungare di tre fermate M1 portandola fino alla stazione Rfi offrendo un servizio più efficace alla densa zona di Monza sud da cui si fatica a raggiungere le stazioni FS di Monza e Sesto (magari con un tragitto che da Bettola non proceda ad s ma si diriga prima a nord lambendo il nodo della rotatoria di San Fruttuoso sulla SS36 e da li con tracciato est ovest si diriga alla stazione di Monza, secondo una soluzione che risponda ai problemi di mobilità est-ovest della città di Monza).
In una analoga logica di sistema sarebbe auspicabile il prolungamento della gialla verso Cormano (con interscambio con le ferrovie nord) e si potrebbe chiudere a Cusano Milanino terminale di già finanziata metrotranvia Seregno-Desio-Nova.Cusano con un tracciato leggermente più breve e più efficacemente intrecciata con la rete metropolitana milanese, o in alternativa fino a Paderno Dugnano dove l’area dismessa della Snia garantisce spazi per un eventuale deposito e da li più a nord piegare verso Nova Milanese con terminale sempre sulla metrotranvia di cui si è detto (fig2)
Perché un progetto alternativo con una così forte razionalità di sistema non si è realizzato? Io credo per due ragioni. Innanzitutto perché tutto è stato demandato alla interlocuzione iniziale dei sindaci -passati e presenti- di Monza e Milano non supportati da qualsiasi ragionamento di sistema e intersettoriale di pianificazione territoriale sul quadrante Nord di Milano e della Brianza centrale, attenta ai problemi generali della mobilità, ma anche alla tutela e valorizzazione paesaggistica dei pochi spazi aperti, al riuso delle are dismesse, ecc.. In secondo luogo perché è prevalsa una prassi di autonoma pianificazione interna di un attore, MM, per cui come noto la scelta della direzione di prolungamento era legata essenzialmente all’interesse a realizzare quanto prima un nuovo deposito-officina –con indifferenza agli impatti ambientali- e per cui non fa problema entrare in competizione con RFI (Rete Ferroviari Itali), in alternativa ad un allargamento delle possibilità di mobilità collettiva su un più vasto territorio.
E qui si arriva a determinare un vero e proprio scempio ambientale e territoriale: la realizzazione di un deposito di M5 (fig3) in uno dei pochi ambiti non edificati di dimensioni significative intercluso tra i territori quasi totalmente urbanizzati di Sesto Cinisello e Monza, o meglio se allarghiamo lo sguardo nel cuore di una conurbazione compresa tra i settori settentrionale del comune di Milano, il tracciato del fiume Lambro e l’altopiano delle Groane, una delle porzioni territoriali intercomunali più urbanizzate e più carenti di spazio verde in Italia e Europa (più del 70% del suolo urbanizzato). Uno spazio aperto che di conseguenza diversi atti amministrativi hanno cercato di tutelare. L’area infatti è stata azzonata in parte come ambito agricolo strategico e in parte come ambito paesaggistico di interesse provinciale nel piano territoriale della provincia di Monza e Brianza ed è stata inserita nel Parco del Grugnotorto Villoresi al fine di tutelare il suolo e di elaborare interventi di valorizzazione ecologica paesaggistica e di fruizione collettiva. Agli occhi di chi scrive pare scandaloso che alla luce dei conclamati obiettivi di limitare il consumo di suolo non solo non si sia individuata una delle tante aree dismesse per realizzare il deposito (eventualmente con una modifica di tracciato funzionale a questo fine), ma la si sia collocata nel settore più critico della regione milanese. Pare egualmente scandaloso che quant’anche si scelga di localizzarlo in tale area lo si faccia con un progetto onestamente impresentabile, ossia con una soluzione che massimizza il suolo occupato a quota zero, che non prevede una consistente compensazione omologa al consumo del suolo che avrebbe dovuto portare alla qualificazione di tutto lo spazio aperto residuo con una sistemazione a bosco e a prati pubblici e infine senza prevedere un concorso internazionale di progettazione che coinvolgendo gruppi di progetto con competenze multiple ingegneristiche, urbanistiche, architettoniche, paesaggistiche, forestali ed ecologiche mitighi l’impatto e cerchi di trasformare una scelta sbagliata almeno in un articolato e qualificato progetto di territorio e di paesaggio (di progetto contestuale di parco e deposito).
Che fare oggi?
I giochi sembrano chiusi sul tracciato: l’inerzia delle scelte politiche di organizzazione del territorio, purtroppo totalmente sottratte ad un approfondimento tecnico interdisciplinare (ossia di visione, disegno, pianificazione territoriale) strettamente associato ad un dibattito pubblico, ha ormai prodotto a “palla di neve” una mobilitazione parlamentare trasversale durante il dibattito sull’ultima finanziaria a favore, non del necessario prolungamento della rete metropolitana in Brianza, ma di un progetto specifico perlomeno infelice. Solo una analisi costi benefici fortemente negativa potrebbe (si spera) riaprire un margine di discussione e una volontà di fare –finalmente- qualche ragionamento di pianificazione territoriale (che detto per inciso dovrebbe essere assai più alimentata da una autonoma riflessione del mondo universitario, come terzo attore e non come assegnatario di piccole commesse di ricerca).
Credo che sia sicuramente e doverosamente possibile almeno un ripensamento della scelte del deposito, trovando un’altra sede su ambiti dismessi o in subordine elaborando un diverso qualificato progetto sull’area verde del Chignolo in Monza. Un progetto di parco agro forestale low cost esteso all’intera area entro cui inserire ad una quota differente e con un disegno qualificato un deposito-officina di più limitate dimensioni.
Spero che a questo fine si attivi una mobilitazione convergente di mondo universitario, cittadinanza attiva, forze politiche e di istituzioni territoriali.
Arturo Lanzani
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