10 marzo 2019

CICCOTTI, ARCITALIANO ANTE LITTERAM

Fu socialista prima, poi interventista e mussoliniano. Perché una strada?


190310_Marossi-2Passavo l’altro giorno per la Comasina, quando mi sono imbattuto in via Ettore Ciccotti. La via è invero bruttina, ma l’intitolato (sempre che non sia una omonimia, il che sarebbe simbolicamente perfetto in questa rubrica di dimenticati), non è affatto un personaggio banale. Ciccotti nasce a Potenza il 24 marzo del 1863, si dedica allo studio dell’antichità pubblicando saggi di certo successo, che gli consentono di ottenere la cattedra di Storia Antica alla Reale Accademia Scientifico Letteraria di Milano, dove, rammento, non c’era l’Università.
In città diventa un protagonista del dibattito politico socialista partecipando alla fondazione del partito e collaborando con Critica Sociale, in particolare su temi amministrativi: “Ora è questo che la parte socialista dovrebbe intendere. Nella lotta amministrativa essa troverebbe assai interessi più immediatamente consenzienti e si aprirebbe la via a lotte più ampie, conquistando una parte del potere e potrebbe dare un primo impulso, se anche modesto, ad una riorganizzazione dei servizi pubblici che, quando più progredita più renderà facile la demolizione di tutto quello che dev’essere demolito. Soprattutto avrebbe modo di rendere meno triste la condizione del proletariato”, sprona quindi il nuovo partito con una lettera dal titolo I socialisti alla conquista del potere amministrativo, e si candida al consiglio comunale.

190310_Marossi-6Buon conoscitore del tedesco, avvia in quegli anni la traduzione, insieme alla moglie Enrichetta D’Errico (forse più lei che lui), degli scritti di Marx, Engels e Lassalle, che troveranno successivamente una sistemazione prima nelle edizioni Mongini, poi nelle edizioni Avanti!, impresa che da sola gli varrebbe uno spazio non secondario nella cultura italiana del tempo. In pratica per molti anni chi leggeva Marx in Italia lo leggeva grazie a Ciccotti.

L’attività politica e i conseguenti vari processi per reati d’opinione, gli procurarono guai accademici: “Passati i tre anni indispensabili per la nomina a professore ordinario, il Ciccotti chiese la sua promozione, questa però gli venne negata; non solo, ma un altro professore all’Accademia, straordinario della stessa materia, più giovane di lui ottenne nel 1896 l’unico posto vacante di ordinario, ad onta dei diritti di anzianità”. Stessa sorte a Pavia.

Francesco Brioschi, senatore, fondatore del Politecnico di Milano e presidente dell’Accademia dei Lincei con leggera raffinatezza così lo definì: “La vita di quest’uomo è: di percorrere tutte le bettole di Milano facendo tutte le sere dei discorsi socialisti e di pubblicare poi questi discorsi”. E il sindaco di Milano Gaetano Negri, capo del partito moderato: “Io non gli contesto il diritto di far l’agitatore, e non gli contesto nemmeno quello di tentare di fare le barricate, se gli riesce. … Ma se, mentre egli fa tutto questo contro lo Stato, continua a riscuotere denaro dallo Stato, egli secondo la mia coscienza fa cosa immorale.” Allora come oggi le beghe universitarie fecero grande scalpore ma, nonostante appoggi e riconoscimenti anche internazionali, Ciccotti non vinse mai una cattedra importante restando per decenni docente in quel di Messina.

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Nel 1897 viene candidato alle elezioni perdendo di un soffio, proprio contro quel Mussi che sarà due anni dopo il primo sindaco progressista della città. Nel 1898 pur non avendo alcun ruolo nei moti della protesta milanese viene coinvolto nella caccia alle streghe di quei giorni (129 processi con 828 imputati, 85 dei quali con pene tra 5 e 16 anni). Ricercato dalla polizia si trasferirà per alcuni mesi in Svizzera..

190310_Marossi-1Il breve esilio (scrisse anche un opuscolo sui fatti di Milano pubblicato anonimo) gli consentirà di costruire un rapporto di collaborazione con Pareto che durerà negli anni (dirigeranno insieme la Biblioteca di storia economica) e di pubblicare un libro un dal titolo di Attraverso la Svizzera; Salvemini annovererà per questo il Ciccotti tra i federalisti: “La coscienza che il federalismo è l’unica via per la soluzione della questione meridionale è molto più diffusa di quanto non si potrebbe sperare… Ciccotti ricorda tutto il bene che ha fatto alla Svizzera l’ordinamento federale in confronto al male prodotto a noi dal nostro ordinamento unitario”. Nell’ambiente del “fuoriuscitismo” svizzero nacque l’idea di una rivista federalista, l’Educazione politica, che sarà pubblicata a Milano e che avvierà una riflessione non scontata su alcune caratteristiche della democrazia elvetica come il referendum, tema tuttora irrisolto.
Candidato alle elezioni del 1900 in più collegi, verrà eletto a Milano nel collegio di Porta Ticinese ed a Napoli optando per il secondo. A Milano batte il presidente della Camera Giuseppe Colombo. La sua analisi della città è: “Quella piccola e media borghesia, che si scuote volentieri a un vento di fronda che ama civettare con il movimento operaio, quando non vede compromessi i suoi interessi almeno più immediati, e che coltiva ancora, come può, le tradizioni, talvolta anche giacobine, delle sue prime fortune politiche, è a Milano più distinta, più numerosa, più agiata e indipendente.”

La scelta di Napoli, per la precisione il collegio della Vicaria, ne fa di fatto il leader politico intellettuale del meridionalismo socialista. Ancora nel 1961 Antonio Giolitti su Mondo Economico scriveva: “La questione meridionale che da cento anni costituisce il banco di prova delle nostre classi dirigenti ed ha tormentato gli esponenti più alti del nostro pensiero politico, da Nitti a Salvemini, da Giustino Fortunato a Ettore Ciccotti ad Antonio Gramsci”.

Continua nel frattempo a dedicarsi agli studi sulla storia antica con l’uscita del volume Il tramonto della schiavitù nel mondo antico, probabilmente il suo miglior lavoro che fu tradotto in francese e in tedesco e in questa lingua fu positivamente recensito da Kautsky, e che è stato ripubblicato da Laterza negli anni ’70. Al Congresso di Roma del PSI fu nominato relatore sui temi organizzativi e fece la proposta innovativa di inserire il referendum come forma di consultazione interna; credo ci sia voluti cento anni prima che un partito importante lo inserisse nello statuto.

In un articolo del 1900 Ciccotti definisce il suo concetto di politica: “La politica può considerarsi come una scienza in quanto è ispirata e diretta da una concezione organica della vita sociale, ma la straordinaria varietà delle condizioni in cui si svolge, la difficoltà pratica di conoscere o calcolare esattamente tutte le cause, gli elementi, le conseguenze di un determinato avvenimento o provvedimento, lasciano molta parte all’azione istintiva, che poi si risolve in una specie di spontaneo esperimento. Di qui la deviazione, più o meno consapevole, dal rigore dè principi; di qui la spinta per vie indirette, che non di rado, pel nesso complicato delle azioni e reazioni sociali, menano alla meta più presto e più sicuramente delle vie in apparenza rettilinee”. Sull’onda di Le Bon scriverà un libro dal titolo Psicologia del socialismo.

190310_Marossi-3190310_Marossi-5Alle elezioni del 1904 si dichiara “socialista indipendente” e non viene rieletto; dell’esperienza di parlamentare non avrà mai un buon ricordo e scriverà un velenoso rendiconto della sua esperienza, Montecitorio, anche se (rieletto nel 1909) trascorrerà tra Camera e Senato 25 anni.
Per descrivere la popolarità del Ciccotti a Napoli vale la pena leggere questo passo: “Io era venuto a Napoli da Firenze… non dimenticherò mai la profonda impressione di quella sera. Vicaria era in festa: dai vicoli oscuri nei cui avvolgimenti fangosi brulicava allora una poveraglia indefinibile sbucavano a migliaia donne, fanciulli, operai a prendere d’assalto la immensa piazza sinistra vigilata dal tetro umido edificio delle prigioni, con in testa vessilli d’ogni foggia, lietamente cantando, imprecando gli avversari, inneggiando ad Ettore Ciccotti, l’assente sdegnoso, (mi si disse, che come suo costume, non parla agli elettori se non a battaglia finita)… Credo che fossero presenti non meno di cinquantamila dimostranti e so che Bissolati ed io ci domandammo qual mai forza magica potesse avere la virtù di sollevare una pleba cenciosa, ignorante, superstiziosa…dal suo stato di prostrazione indicibile fino all’entusiasmo ed al delirio, sol che un gruppo di giovano generosi con pochi manifesti mal stampati e peggio distribuiti osasse annunziare che si sarebbe parlato di Ettore Ciccotti.” (1)

L’appuntamento mancato con la storia per Ciccotti coincide con il XIII Congresso di Reggio Emilia del PSI dal 7 al 10 luglio 1912, il Congresso che decide l’espulsione di Bissolati e Bonomi. Ciccotti è un cane sciolto, sostiene con Mussolini l’ordine del giorno intransigente rifiutando ogni mediazione, ed è gradito sia ai rivoluzionari, sia ad altri settori; così quando si libera la poltrona di direttore dell’Avanti!, oltre al nome di Salvemini, che però è “troppo” riformista, si fa anche il nome di Ciccotti: “… il nostro successo al congresso è assicurato e sarà arcisicuro se noi potremo presentare ai congressisti un nostro uomo ben accetto come direttore dell’Avanti!. Il vostro nome sarebbe accolto trionfalmente..” (2). Ma il nostro rifiuta. Viene nominato quindi Giovanni Bacci, degnissima persona, ex segretario della Camera del Lavoro di Ravenna, ma considerato dai più benevoli contemporanei un “vecchio trombone”. Dopo quattro mesi il Bacci si dimette lasciando via libera a Mussolini.

190310_Marossi-4La vicenda della nomina di Mussolini a direttore dell’Avanti, considerato che ne fu il vero trampolino di lancio, sembra una commedia scarpettiana, (nel senso di Edoardo), infatti il successo del futuro duce dipende dal ritiro di svariati candidati, che rifiutano, vuoi per ragioni familiari, di lontananza dalla sede, di stipendio, per tigna; insomma Mussolini vinse per mancanza di concorrenti e grazie alla campagna di sostegno di un altro eccentrico dimenticato: Paolo Valera.
Anni dopo Ciccotti, che pure collaborerà assiduamente al giornale mussoliniano ritornando sulla vicenda della mancata direzione dell’Avanti!, si rivolgerà a Mussolini in Parlamento attaccandolo per non essere stato un vero rivoluzionario, né allora né oggi (1925): “Nel 1912 io ebbi grandi insistenze perché assumessi la direzione dell’Avanti! che poi assunse lei…venne in seguito la Settimana Rossa in Romagna in cui si credette di fare la rivoluzione prendendo prigioniero un generale appiedato e occupando qualche casello di Guardia di finanza e naturalmente questa fu cosa effimera…”

Fervente interventista, il nostro rompe definitivamente con il socialismo e alla Camera tocca a lui l’onere o l’onore di rispondere per conto dei socialisti interventisti a Turati: “La guerra è difesa non solo delle ragioni nazionali, ma di qualcos’altro che, nel nostro pensiero e nella nostra fede di socialisti, è superiore anche alle ragioni nazionali: la difesa della causa della libertà e dell’indipendenza dei popoli, i quali non vogliono nessuna egemonia….O colleghi o amici socialisti! per rivendicare i diritti alla vita, per consacrarli per riaffermarli accade talvolta sacrificare vite…a noi è sacro il dolore delle madri italiane, ma sentiamo pure che le madri italiane, nel loro stesso sentimento di maternità, troveranno il maggiore dei conforti, se penseranno che il loro sacrificio potrà rendere meno lungo il pianto e meno generale il lutto di altre madri …”. Aderisce al Fascio parlamentare di difesa nazionale di Pantaleoni, al quale partecipano circa duecentocinquanta tra deputati e senatori, di cui diventa uomo di collegamento tra nazionalisti e interventisti democratici.
Il suo nome compare anche nelle trame in quello che in una serie di documenti dell’Ufficio Centrale di Investigazione del ministero dell’Interno si definisce “complotto contro S.M. il Re”, con “Ministri traditori” e Bissolati designato (con punto interrogativo) “presidente della Costituente”.

“Comitato della Salute Pubblica composto di 12 membri fra i più eminenti fratelli massoni appartenenti al gruppo più avanzato di Palazzo Giustiniani, col preciso scopo di travolgere la Monarchia”. Vi farebbero parte Ettore Ciccotti, indicato come presidente di “Azione Nazionale”, Bissolati, Comandini, Chiesa, De Ambris, Girardini, De Viti, De Marco, Marazzi, Tasca di Cuttò, Arcà, Marchesano, Drago, De Felice. L’informatore del ministero riferisce di un incontro avvenuto a Palazzo Giustiniani tra Comandini, Bissolati ed Ettore Ciccotti. Quest’ultimo sarebbe incaricato si stabilire un accordo tra Massoneria e Fasci Interventisti.

In una adunanza massonica del 15 aprile si sarebbe stabilito che i deputati e le personalità massoniche vadano “a spiegare al popolo l’alto significato della rivoluzione russa in modo da persuadere il popolo stesso alla bontà del regime repubblicano”. Turati, scrivendo ad Anna Kuliscioff, dimostra di non prendere sul serio la congiura, altri sembrano invece crederla una reale opzione. L’informativa, invero piuttosto confusa, si conclude con una affermazione: “Milano è pronta”.
Tutti i ponti con i vecchi amici socialisti sono tagliati e la polemica è ormai feroce, scrive Ciccotti: “spesso i “lazzaroni” del socialismo ufficiale, non si sa se più accesi del culto di Bacco, del socialismo o dell’idolatrato collegio…si riparano dietro l’insidiosa divisa del non partecipare né sabotare la guerra… per sviare e deprimere lo spirito elevato tanto necessario in una guerra come questa”.

Fu l’inventore del termine “imboscati” per definire “tutti coloro che, dovendo prestare un servizio militare, fanno in modo di renderlo più apparente che reale, più formale che effettivo”, la sua battaglia contro i privilegiati che non vanno al fronte gli meriterà l’appellativo di “l’apostolo del disimboscamento”. Diventa popolarissimo tra gli ex combattenti, grazie anche a una proposta di legge che prevedeva “l’istituzione di un demanio del proletariato, formato dalle terre dei demani comunali e statali, delle Opere Pie e degli Enti ecclesiastici, dai latifondi con usi civici e a pascolo brado, dalle terre incolte e di bonifica”, proposta fatta propria dalla Federazione Nazionale dei lavoratori della Terra. Nel 1919 si candida in una lista di ex combattenti ma viene trombato.

L’evoluzione del pensiero del Ciccotti nel dopoguerra è quella di molti: “Gli scioperi dei servizi pubblici, che tanto hanno conturbato e più danneggiato il paese nel mese decorso… sono un riflesso più o meno indiretto, delle spinte e delle illusioni alimentate dagli avvenimenti di Russia…e il carattere politico di simile sciopero consiste nelle conseguenze che può produrre a danno dell’ordine pubblico”, il fascismo è uno strumento “sorto come reazione spontanea ed anche provvida”.

Piero Treves dà di questo periodo un giudizio netto, e parla di tragica pericolosità del Ciccotti politico negli anni tra giolittismo e fascismo: “Avverso ai partiti…avverso ad ammettere tanto l’immissione dei cattolici nella vita italiana avanti e dopo la fondazione del partito popolare quanto il partecipazionismo e collaborazionismo dei socialisti… impigliatosi nell’errore di scambiare per generoso garibaldismo lo squadrismo fascista e nell’errore garibaldino di credere all’efficienza ed ai vantaggi della dittatura pseudo romana (non dissimile, in questo, da molti troppi intellettuali suoi coetanei e più giovani..) impacciato, soprattutto, lui professore di storia antica…da inopportuni ricordi classici rinverditi dalla retorica nazionalista, dal panlatinismo accademico, sempre al fondo putrido delle nostre civili sciagure…”

Il suo rapporto con il fascismo fu quindi di sostanziale adesione, scrisse anche un lungo articolo su: Fascismo, fascisti e guardie rosse nel mondo antico per trovare ragioni lontane.
Come molti altri Ciccotti concepì il fascismo come uno strumento, non ne intravide se non tardi la sua essenza arriverà a scrivere: “L’esperimento dè comuni acquisiti al socialismo ufficiale è cominciato con conflitti ed episodi sanguinosi, e continuerà o con nuovo contributo al disordine generale o con la sconfessione pratica delle magnifiche promesse…e la loro opera, in ogni senso negativa, sarà di ammaestramento agli illusi..”. Proprio lui che su Critica Sociale aveva per primo sottolineato l’importanza dell’intervento socialista nelle amministrazioni comunali!

Il 28 settembre del 1924 fu nominato senatore su proposta di Mussolini.
La sua presenza al Senato, tuttavia, non sarà né formale né acritica. Il 12 maggio del 1928 interviene contro la legge elettorale e il suo, insieme a Croce, Einaudi, Mosca ecc. fu uno dei 46 voti contrari. Treves parla di ravvedimento dell’uomo e del politico, ricorda le sue dimissioni respinte nel 1925 e lo definisce “fermissimo oppositore”; in effetti diversi furono gli scontri in aula con i fascisti e il duce, tant’è che nel corso di una discussione del bilancio nel 1930 questi gli rinfacciò la nomina a senatore: “Il governo l’ha proposto a sua maestà per la nomina a senatore: ha dato segno di benevolenza forse mal collocata”.

Ormai in disgrazia presso il regime ma evitato dai vecchi compagni, pubblica diversi saggi di storia antica che non incontrano più il favore ne della critica ne del pubblico. Muore a Roma, il 20 maggio 1939. Nessuno lo ricordò, tranne un necrologio su L’Osservatore Romano e il regime vietò i funerali a Potenza; poco prima aveva annunciato ad uno dei suoi discepoli, forse l’unico, Corrado Barbagallo, un articolo in cui attraverso l’analisi di Orazio si denunciava il razzismo antisemita.

Strano destino quello del Ciccotti, figura di primo piano per almeno un decennio del dibattito politico intellettuale, è stato dimenticato sia come storico, certo anticonformista, ma non per questo meno interessante, sia come politico, sia anche come traduttore e giornalista. Gli nuoce il fatto di essere stato in prima fila come socialista, in prima fila come interventista, sostenitore e poi oppositore del fascismo, rappresentando le ambiguità e le contraddizione dell’Italia del primo Novecento. Personaggio interessante e da rileggere, ma la domanda finale è: perché una via alla Comasina?

Walter Marossi

 

note
1 R.Caggese E.C. in Rivista d’Italia, vol. III, 1920,pag. 361
2 Lettera di Arturo Vella a Ciccotti 16 giugno 1912 in E.Ciccotti I socialisti italiani e la guerra , Milano, 1917

credits
P.Treves, Commemorazione di E.C. Atheneum,
G. Pascarelli, G. Campanelli, Ettore Ciccotti
U. Alfassio Grimaldi, Bissolati
N. Calice Ettore Ciccotti
T. Pedio Socialismo e libertà
http://consiglio.basilicata.it/consiglioinforma/detail.jsp?otype=1140&id=438632&typePub=100241#.XIX_ZihKjIU

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