8 novembre 2018
DALLA CITTÀ DI DIO ALLA CITTÀ DELL’UOMO
Milano si confronta
Secondo stime dell’ONU, il 23 maggio del 2007, ossia da più di dieci anni, la popolazione mondiale insediata nelle città ha eguagliato e superato quella delle campagne. Si è quindi verificato un suo aumento in valore assoluto insieme all’inurbamento di quote consistenti, conseguente sovraffollamento e formazione di nuove periferie sempre più estese. Ciò è avvenuto in modo più accentuato nelle megalopoli con più di dieci milioni di abitanti, prevalentemente concentrate nei paesi sottosviluppati o di recente industrializzazione. Gli effetti di questo fenomeno sono molto negativi a livello sociale ed economico per l’aumento di frange urbane sempre più degradate e invivibili.
Anche la Grande Milano con i suoi sette milioni di abitanti si approssima alla dimensione di una megalopoli, ma le sue periferie più degradate appartengono soprattutto al capoluogo: effetto di una crescita che si è storicamente attuata in carenza di una regia pubblica e funzionale agli interessi privati della speculazione edilizia. Situazione che ha indotto il sindaco di Milano Beppe Sala a porre il tema delle periferie al primo punto del suo programma con l’intento di “annullare il divario tra la Milano che cresce e funziona e una Milano che soffre e fa fatica.” Un obiettivo è molto ambizioso, come si vede.
Ma recentemente Sala si è anche inaspettatamente espresso in questi termini: “Il mio pensiero politico è trovare le forme per riumanizzare la città che non deve solo correre per ventiquattro ore di fila.” che, dopo Expo 2015, sembra tuttavia adattarvisi poco e ospita il ripetersi di eventi di grande richiamo organizzati più per attirare masse di visitatori che per favorire la crescita culturale e la partecipazione identitaria dei suoi abitanti. Sala ha ripetuto di essersi ispirato al detto festina lente attribuito da Svetonio ad Augusto. Locuzione che unisce in un ossimoro velocità e lentezza, e sta a indicare un modo di agire senza indugi, ma con prudenza.
Ma non è da escludere che la sua presa di posizione sia stata anche influenzata da alcuni passi dell’enciclica Laudato si’ di Papa Francesco che denuncia il “ profondo squilibrio che spinge molte persone a fare le cose a tutta velocità…che le porta a travolgere tutto ciò che hanno intorno a sé” (par. 225). Ammesso che Sala, considerati i suoi innumerevoli impegni, abbia avuto modo di leggerla.
Denuncia che nel suo articolato sviluppo affronta di petto le contraddizioni di carattere sociale, politico, economico, culturale e ambientale della città contemporanea a cui l’enciclica fa riferimento in molti passaggi e, nel considerare il tema della crescita urbana, che va sempre più sottraendosi alla governabilità, parte dalla constatazione “che molte città sono diventate invivibili dal punto di vista della salute, non solo per l’inquinamento… ma anche per il caos urbano, i problemi di trasporto e l’inquinamento visivo e acustico.“ (par. 44)
E prosegue: “ la privatizzazione degli spazi ha reso difficile l’accesso dei cittadini a zone di particolare bellezza; altrove si sono creati quartieri residenziali ecologici solo a disposizione di pochi…Spesso si trova una città bella e piena di spazi verdi ben curati in alcune aree sicure ma non altrettanto in zone meno visibili, dove vivono gli scartati della società.” (par. 45)
Argomento sviluppato più avanti ove afferma che “Data l’interrelazione tra gli spazi urbani e il comportamento umano, coloro che progettano edifici, quartieri, spazi pubblici e città, hanno bisogno del contributo di diverse discipline che permettano di comprendere i processi, il simbolismo e i comportamenti delle persone.” (par. 150) Ciò per evitare di scadere nei tecnicismi di settore. Ma, “Non basta la ricerca della bellezza nel progetto, perché ha ancora più valore servire un altro tipo di bellezza: la qualità della vita delle persone, la loro armonia con l’ambiente, l’incontro e l’aiuto reciproco. Anche per questo è tanto importante che il punto di vista degli abitanti del luogo contribuisca sempre all’analisi della pianificazione urbanistica.” (par. 150) Mettendo in evidenza l’esigenza di partecipazione, solidarietà e aggregazione sociale a cui la fitta rete territoriale della chiesa cattolica contribuisce, spesso anche a favore di soggetti appartenenti ad altre confessioni.
E più in dettaglio: “E’ necessario curare gli spazi pubblici, i quadri prospettici e i punti di riferimento urbani che accrescono il nostro senso di appartenenza, la nostra sensazione di radicamento … E’ importante che le diverse parti della città siano ben integrate e che gli abitanti possano avere una visione d’insieme invece di rinchiudersi in un quartiere, rinunciando a vivere la città intera come una spazio proprio condiviso con gli altri.”(par.151)
Per concludere che “Insieme al patrimonio naturale , vi è un patrimonio storico, artistico e culturale ugualmente minacciato. E’ parte dell’identità comune di un luogo e base per costruire una città abitabile. Non si tratta di distruggere e di creare nuove città ipoteticamente più ecologiche, dove non sempre risulta desiderabile vivere. Bisogna integrare la storia, la cultura e l’architettura di un determinato luogo, salvaguardandone l’identità originale.” (par. 143)
E’ questa una problematica che sembra essere stata trascurata nelle fasi di recente crescita del capoluogo lombardo che ha visto modificarsi lo scenario urbano con la comparsa di architetture che si sarebbero potute realizzare in qualunque altra città del mondo, prive di quelle peculiarità che hanno contraddistinto Milano negli anni ’50 e ’60 del secolo scorso, facendone un caso di studio ed esempio per gli architetti di tutto il mondo.
I passi dell’enciclica di Papa Francesco dedicati alla città e all’architettura e i frequenti riferimenti alla salvaguardia della “casa comune”, pongono al centro della nostra attenzione il pianeta con tutti gli esseri viventi in una dimensione integrata in cui la questione ecologica assume il giusto livello di complessità.
Allora anche Sala potrebbe cogliere l’occasione per condividere con la cultura del progetto – e non solo con il potere finanziario – una visione di Milano nella sua nuova dimensione metropolitana, per la quale non è ancora stata elaborata un’idea che possa orientare e le grandi trasformazioni in corso: il recupero degli scali ferroviari, delle aree di Expo, delle ex caserme e della Piazza d’Armi. Per citare solo i casi più eclatanti.
Non solo per Sala, ma per ciascun progettista, queste scadenze e il dibattito che alimentano, dovrebbero infatti rappresentare l’opportunità per dare senso al proprio lavoro affinché la progettazione architettonica e urbana possa essere una pratica dotata di consapevolezza e responsabilità nei confronti della società e dell’ambiente.
Emilio Battisti
NB. Come ateo convinto non avrei mai immaginato di essere indotto a fare il ritratto di papa Francesco, per quanto nutra molta ammirazione per il suo impegno sociale. Ma neppure, sia ben chiaro, di fare il ritratto a Giuseppe Sala. Ma in occasione delle elezioni per il nuovo Consiglio dell’Ordine degli Architetti di Milano, ho conosciuto la collega Caterina Parrello che mi ha rivolto l’invito, da me garbatamente rifiutato, di scrivere un articolo per Chiesa Oggi , rivista che lei dirige. Ma avendo avuto assicurazione che avrei potuto dichiararmi, mi sono sentito motivato a manifestare il mio interesse per l’enciclica Laudato si’ riflettendo sui quei contenuti che potrebbero servire anche a rinnovare la cultura del progetto, orientare l’azione del sindaco Sala e qualificare lo sviluppo di Milano.
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