3 novembre 2018

TRENORD STA FRANANDO. MA CHI PENSA AI PENDOLARI?

Il piano di riassetto non c’è e i manager restano al loro posto nonostante il fallimento gestionale


Mentre mezza Italia, anche Trenord sta franando. Da tempo. Lo sanno bene i pendolari che ogni giorno sopportano nuovi disservizi in un crescendo inarrestabile. Ritardi, soppressioni, condizioni di viaggio pessime, coincidenze saltate. L’ultimo estremo tentativo di limitare i danni di una gestione dissestata sono le riduzioni “programmate” di treni anche se ciò è in contrasto con il contratto stipulato con la Regione, compratore dei servizi ferroviari prodotti da Trenord. Regione che programma le corse ed è anche proprietaria al 50% di Trenord mentre le FS detengono l’altro 50.

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I costi delle ferrovie lombarde sono i più alti d’Italia. Un treno/km di Trenord costa quasi il doppio di un qualsiasi altro treno per pendolari delle altre regioni della penisola gestiti da Trenitalia. È il risultato del federalismo ferroviario tanto voluto dall’ex governatore Roberto Formigoni, dalla Lega e approvato dal centro-sinistra. Mentre si aggrava la crisi di Trenord, l’azienda è ancora senza piano di riassetto, mentre i top manager responsabili della crisi permanente sono ancora tutti al loro posto. Si è annunciato l’arrivo di 9 vecchi treni in prestito da Trenitalia come se fosse la panacea di tutti i mali. Con una flotta di 450 convogli, si vuol far credere che 9 treni, che poi sono stati ridotti a 5, dovrebbe tamponare la crisi tecnica e gestionale dell’azienda. Difficile da credere.

Come pure 20 ferrovieri del personale di bordo in trasferta da altre regioni dovrebbero sanare una carenza di personale su un organico aziendale di 4.300 addetti. In nessuna azienda normale potrebbe succedere. Il governatore lombardo, Attilio Fontana, aveva detto che entro il 30 luglio ci sarebbe dovuto essere l’accordo quadro Trenord-FS per il riassetto dell’azienda. Niente di tutto ciò si è visto. La situazione per i pendolari, complice la pessima gestione della rete di RFI (gruppo FS), va sempre peggio. Il riassetto serviva ad assegnare al nuovo amministratore delegato la massima autonomia e assicurare un radicale cambiamento di tutto il top management. Invece sono rimasti tutti al loro posto, tranne il capro espiatorio ed ex ad Cinzia Farisè. Tutti restano dove sono, come riportato nell’ordine di servizio del 28 settembre scorso, firmato da Marco Piuri. Ordine di servizio praticamente uguale a quello firmato da Cinzia Farisè del 27 luglio scorso. Ecco a cosa servono i nuovi amministratori delegati.

181103_Balotta-02Insomma tutto il team responsabile del fallimento gestionale che non è riuscito nel rilancio di Trenord, promesso pomposamente dalla Farisè nel 2015, resta in sella. Nel frattempo la manutenzione dei treni è al collasso, con le officine sempre in carenza di pezzi di ricambio del materiale rotabile, i turni del personale di bordo sono strozzati da una normativa obsoleta, le relazioni sindacali raggiungono livelli di conflittualità del pubblico impiego (altro che relazioni industriali). A pagarne le conseguenze sono gli utenti. Infatti per lenire le pesanti ferite mensili dei ritardi, vengono pagati bonus di indennizzo ogni mese su quasi tutte le linee, generando nuovi costi che non sono a carico dei poco responsabili manager ma della Regione.

La crescita del costo del lavoro dopo la fusione tra autoferrotranvieri e ferrovieri è esponenziale visto che sono stati sommati i migliori trattamenti salariali e normativi delle due categorie. La programmazione delle assunzioni si è rivelata completamente sballata. I ritardi, le soppressioni e i disagi quotidiani continuano a far perdere dignità ai pendolari. Tutto ciò nonostante una spesa di gestione sempre in aumento, che raggiungendo quasi un miliardo di euro l’anno tra contributi regionali e ricavi da tariffe.

Dario Balotta



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