23 ottobre 2018

IL CONO DI LUCE E LE DISTRAZIONI PILOTATE

Comunicazione e consenso. Il caso degli scali ferroviari


La più grande “distrazione di massa pilotata” probabilmente è soltanto una leggenda. All’indomani dell’attentato a Togliatti, il 14 luglio del 1948, Gino Bartali in tre sole tappe recuperò i venti minuti di ritardo che aveva su Louis Bobet e vinse il Tour de France salvando l’Italia dalla rivoluzione. Di più: a mettere le ali ai pedali di Bartali fu nientemeno che una telefonata del presidente del consiglio De Gasperi che lo raggiunse la sera del 15 luglio a Briançon: “Fallo per l’Italia, porta a casa la maglia gialla”. E gli italiani, incollati alle radioline per seguire l’epica impresa, dimenticarono la rivoluzione.

Gli storici smentiscono, ma, vera o falsa che sia, questa ricostruzione dimostra come il sospetto che l’attenzione pubblica possa essere pilotata esiste non da oggi. Per le piccole e per le grandi cose.

In alcuni casi l’operazione e i suoi obiettivi sono fin troppo evidenti. Se l’emergenza vera sono gli oltre 2.300 miliardi di debito pubblico, capita che una manina sposti i riflettori e li punti su quattro disgraziati salvati in mezzo al mare; poi non li si lascia sbarcare, si ingaggia un braccio di ferro con l’Europa tutta ed ecco che l’emergenza sembra essere l’immigrazione. Già, perché l’emergenza è come la temperatura: c’è quella reale e quella percepita. Dirottare l’attenzione pubblica non è difficile. Basta scegliere qualcosa di vagamente impopolare da sventolare come uno straccio rosso davanti al toro e così i vitalizi degli ex parlamentari o le “pensioni d’oro” diventano la maggiore preoccupazione del Paese. Inutile argomentare che è un falso problema, una goccia nel mare: arriverà subito qualcuno con il ditino alzato a spiegare che “è una questione di principio”.

C’è sempre un burattinaio a dirottare l’attenzione pubblica? I repentini cambi di umore dell’interesse generale sono sempre determinati da tecniche di manipolazione? E che ruolo hanno i giornali: guidano questi processi o ne sono strumento?

Anni fa il Corriere della Sera condusse una campagna sulla pulizia di Milano: reportage, servizi fotografici, interviste, confronti con altre città italiane e straniere (e Milano non ne usciva affatto male). A conclusione di questa inchiesta commissionò un sondaggio dal quale risultò che il problema più sentito dai cittadini era la pulizia delle strade. Pochi mesi più tardi in seguito a una “epidemia” di scippi e di rapine, nuovo sondaggio. Ed ecco che per gli stessi intervistati la principale emergenza era la sicurezza. Si può immaginare che il Corriere abbia voluto manipolare l’opinione pubblica? È difficile crederlo. È certo invece che l’opinione pubblica “è mobile qual piuma al vento” e basta poco per farla “mutar d’accento e di pensiero”.

Resta il fatto che a volte tanta volubilità appare inspiegabile. Prendiamo il futuro degli scali ferroviari dismessi. Soltanto qualche anno fa sembrava una questione decisiva per il futuro di Milano e il confronto si accese a tal punto da far temere (o sperare, a seconda dei punti di vista) che su questo tema la giunta Pisapia potesse cadere. Poi il dibattito è scomparso dalla scena, è proseguito sotterraneo come un fiume carsico fra gli addetti ai lavori, salvo infine riemergere con rinnovato vigore. Analogo copione per la riapertura dei Navigli: lunghe discussioni, un referendum, poi una sordina di apparente disinteresse e infine la scoperta che addirittura il 74 per cento dei milanesi è favorevole (ce lo ha detto un sondaggio pubblicato a metà ottobre).

Temi rimasti a lungo in ombra improvvisamente tornano alla luce. Chissà se quella luce è naturale o se c’è volta per volta qualcuno che accende o spegne l’interruttore.

Claudio Schirinzi

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