23 ottobre 2018

BRAHMS A MILANO

Un programma di grande fascino con decine di concerti


Per la ripresa del nostro giornale arriva – quasi come un appuntamento! – una bella novità nella vita musicale milanese, una iniziativa con quei caratteri di qualità, serietà, impegno, innovazione, che la fanno apparire fin da subito come inizio di un lungo percorso, di un nuovo modo di fare musica in città.

Due giovani musicisti – la pianista Alice Baccalini e il violoncellista Giorgio Casati – sono gli autori illuminati di un progetto che si dilaterà per un’intera stagione, da qui al luglio del prossimo anno, ed impegnerà una settantina di loro colleghi strumentisti in un programma di grande fascino: l’integrale della musica da camera di Johannes Brahms.

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Brahms ha composto 160 opere (di cui 122 con numero d’opera e 38 non numerate) e fra queste solamente 13 per orchestra (fra cui le 4 sinfonie e i 4 concerti con uno o più solisti) mentre, come si sa, non ha mai messo mano al melodramma. La gran parte della sua produzione è quindi composta da opere per uno o due strumenti o per piccoli organici come trii, quartetti, quintetti, sestetti, e in larga misura da opere vocali. Per questo ciclo sono state scelte le 37 opere dedicate ad almeno due strumenti (compreso il pianoforte a quattro mani) che possono puntualmente definirsi “musica da camera” e distribuite in 14 concerti da tenersi in altrettanti luoghi della città: alcuni specificamente dedicati alla musica classica come il Conservatorio, il MA.MU. o la Palazzina Liberty, ed altri meno usuali come il carcere di San Vittore, gli auditorium Guido Martinotti, Enzo Baldoni, Stefano Cerri, il WOW Spazio Fumetto, il Barrio’s e così via.

Ogni concerto – il programma si trova nel sito “Brahms a Milano” – sarà arricchito dalla visita guidata al luogo in cui si svolgerà, sia esso un palazzo, un teatro o addirittura un quartiere, e dedicato ad una delle 14 associazioni o enti no-profit scelti per “l’impegno a favore dell’inclusione e del riconoscimento delle diversità” come Emergency, Libera, gli Amici di Edoardo, Nessuno tocchi Caino, eccetera. L’ingresso, sempre gratuito, prevede la libera donazione a favore dell’insieme delle associazioni coinvolte.

Capofila, organizzatrice e sostenitrice del programma è l’associazione “Marco Budano”, costituita un anno fa in memoria di un violoncellista scomparso appena ventiduenne nel 2011, al quale è stato dedicato il concerto inaugurale tenutosi qualche giorno fa nella magnifica Abbazia di Morimondo, appena fuori Milano. Un inizio pieno di fascino – a partire dalla visita guidata al complesso abbaziale, svoltasi nell’ora magica del tramonto – con un denso programma musicale che metteva insieme la Sonata in mi minore per pianoforte e violoncello opera 38 eseguita dalla Baccalini e da Mario Brunello, ospite d’eccezione al violoncello, e il celebre Quintetto per pianoforte ed archi in fa minore opera 34, eseguito sempre dalla Baccalini ma con il Quartetto Lyskamm di cui Giorgio Casati è il violoncellista.

Se il buon giorno si vede dal mattino questo ciclo di concerti si annuncia di altissima qualità: non solo per la benedicente presenza di Brunello alla sua inaugurazione, ma anche per la passione e per l’intelligenza profusi nell’occasione da tutti i protagonisti, musicisti e non solo (peccato per l’eccesso di chiacchiere prima del concerto: i saluti e le introduzioni di sindaci, assessori, promotori, organizzatori, sponsor, persino degli stessi musicisti, dovrebbero essere scritti nei programmi di sala e si dovrebbe lasciar parlare solo la musica, l’unica cosa che si attende il pubblico,. Ma purtroppo la tendenza di oggi va in senso contrario).

Il prossimo concerto si terrà all’auditorium Stefano Cerri, in via Valvassori Peroni 56, domenica 28 ottobre alle ore 18, dove saranno eseguiti due Trii (in La maggiore e in Do maggiore) per pianoforte, violino e violoncello e quello meraviglioso in la minore per pianoforte, clarinetto e violoncello. Musiche struggenti che, non dubitiamo, saranno interpretate in modo esemplare dai nove giovani strumentisti trascinati dall’entusiasmo dei due inventori ed animatori del ciclo.

Fabio Vacchi fra i classici

Intanto al teatro Dal Verme è iniziata la Stagione sinfonica dell’orchestra dei Pomeriggi Musicali, che a mio avviso sta migliorando sensibilmente, anno dopo anno, ed ha raggiunto una qualità considerevole: suono molto curato, sia degli archi che dei fiati, ottima disciplina, attacchi e stacchi precisi. Un bel libretto (senza inserzioni pubblicitarie, che meraviglia!) contiene i programmi di sala dell’intera stagione – tutti scritti con grande eleganza e competenza, come sempre, da Gaia Varon – e dà conto di una programmazione seria, colta, curata in ogni particolare, che invoglia a frequentare il teatro.

Il secondo concerto di questa stagione è stato un gioiello, con un programma di grande godibilità, un’esecuzione estremamente accurata, un impegno interpretativo di tutto rispetto. Diretto dal non ancora quarantenne Alessandro Cadario, il concerto prevedeva due sinfonie classiche che più classiche di così non ci si può immaginare (la “Jupiter” di Mozart del 1788 e la “Classica” di Prokof’ev del 1917) che incorniciavano le altrettanto classiche (ma con tutt’altro significato del termine) “Love’s Geometries”, un pezzo di grande spessore e di profonda intimità scritto da Fabio Vacchi nel 2014.

Per valutare un’opera contemporanea, provate ad ascoltarla inserita fra grandi capolavori del passato e “vedete che effetto che fa”. Ebbene, queste “Geometrie d’amore” per orchestra d’archi, che la Varon descrive con perfetta sintesi come “la ricomposizione della frattura fra le due componenti essenziali del far musica, l’architettura rigorosa e lo slancio espressivo”, pur utilizzando un linguaggio totalmente ed inequivocabilmente moderno, assumono un carattere altrettanto inequivocabile di classicità. Anche i meno avvezzi alla musica d’oggi sono rimasti colpiti dal felice accostamento delle geometrie e delle simmetrie di questi tre capolavori di epoche tanto diverse, dalla loro evidente e non scontata compatibilità, dalla comune appartenenza a quella ricerca di armonia e bellezza che rende sublime la musica.

Sostenuto da un’orchestra concentrata e partecipe, consapevole di muoversi in situazioni diverse ma tutte ai vertici della storia della musica, Cadario ha dimostrato non solo di saper tenere perfettamente insieme il tutto, impresa non semplice, ma anche di saper contemperare “l’architettura rigorosa e lo slancio espressivo” di tutte e tre le opere.

Musica in provincia ma con pubblico internazionale

Siamo abituati alle nostre scuole di musica, con docenti italiani e studenti stranieri, e forse è per questo che l’Accademia Europea di Musica di Erba, oltre che per la qualità dell’insegnamento, colpisce per la diversità del clima culturale. Fondato e diretto dal grande violinista rumeno Stefan Coles – fuggito rocambolescamente dal suo Paese quando ancora era sotto il tallone di Ceausescu, ed approdato in Italia dove si è subito imposto come spalla delle massime orchestre di Torino e Palermo – questo straordinario incubatore di talenti ha trovato oggi anche un altro maestro che viene da lontano, il giovane e talentuosissimo violoncellista russo Nikolay Shugaev.

I due docenti, sabato scorso, insieme a una quindicina di giovanissimi allievi della loro Accademia, in massima parte italiani, sedevano in orchestra nella suggestiva, antica, diroccata e sconsacrata chiesa di san Giulio trasformata in auditorium (una meraviglia sconosciuta di questo nostro incredibile paese) a Cassano Magnago davanti a un variegato pubblico spiccatamente internazionale il cui segreto è presto svelato. L’orchestra giovanile dell’Accademia, infatti, era ospite dell’associazione “Amici della Musica di Ispra” – che come ho già avuto modo di raccontare anni fa in questa rubrica raccoglie i proprietari di molte ville sparse fra il lago Maggiore e quello di Varese – che a sua volta aveva invitato l’associazione degli “Amici Svizzeri della Accademia di Erba”: una platea dunque assolutamente inusuale, se non altro per la varietà delle lingue parlate, e soprattutto composta di veri appassionati musicofili.

Ma sono state l’intensità e la generosità, unite alla solidissima preparazione, con cui questi ragazzi si sono impegnati in opere di Mozart, Vivaldi, Beethoven, Mendelssohn, anche alternandosi nelle parti solistiche (per il continuo, dove richiesto, agli archi si affiancava una tastiera molto discreta) ad emozionare e a far superare ogni aspettativa. Ed è stato gradevole scoprire ancora una volta quante positive energie e quanto fervore culturale alberghino nella nostra profonda provincia, solo apparentemente sonnacchiosa, che tendiamo ad immaginare culla di cultura materiale piuttosto che fucina d’arte.

Paolo Viola



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