5 giugno 2018

LA NAVIGABILITA’ DEI NUOVI NAVIGLI MILANESI: UNA RISORSA O UN COSTO? (prima parte)

A quando un esame senza cullarsi nelle utopie?


Il 20 marzo scorso è stato presentato presso l’Urban Center il libro “I nuovi Navigli Milanesi. Storia per il futuro” a cura di Antonello Boatti e Marco Prusicki dedicato alla prima fase di intervento che riguarda circa due chilometri, suddivisi in cinque tratte, dell’intero percorso di quasi otto chilometri, tra Cassina de’ Pomm e la Darsena.

03Battisti21FBIn questa nuova pubblicazione sono in gran parte ripresi gli studi e i progetti dello Studio di fattibilità per la riapertura dei navigli milanesi nell’ambito della riattivazione del sistema complessivo dei navigli e della navigabilità eseguito dal Politecnico che riguardava l’intero tracciato. Progetto di “riapertura dei Navigli”, fatto proprio dal sindaco Sala come impegno simbolicamente più significativo del proprio mandato. Quello che egli stesso ha definito in più occasioni come il suo “sogno”.

Ma dato che il costo della cosiddetta riapertura dell’intero tracciato comporterebbe una spesa che con i successivi adeguamenti è arrivata per ora a 500 milioni, è stato necessario riprogrammare la sua realizzazione in fasi, la prima delle quali da completarsi entro il 2022, avrebbe dovuto essere sottoposta alla verifica del definitivo consenso dei milanesi con un secondo referendum da tenersi in occasione delle elezioni del 4 marzo.

Un referendum votato a maggioranza dal Consiglio Comunale nell’ottobre scorso con il quale Sala aveva affermato che, benché i cittadini si fossero già dichiarati in termini di principio favorevoli alla riapertura dei Navigli con il referendum consultivo del 2011, intendeva sottoporre nuovamente al loro giudizio un “progetto concreto, misurabile, tecnico e specifico nella sua puntuale definizione.” Sono proprio parole sue!

Il proposito era quindi di attuare la condivisione della decisione e la partecipazione alle scelte successive e non ha avuto seguito per il divieto del Ministero dell’Interno di attuare il referendum in occasione delle elezioni. Per quanto fosse stato votato dal Consiglio si è quindi rinunciato al referendum sostituendolo con una generica consultazione.

E il 15 aprile la Giunta comunale ha approvato le Linee di indirizzo per la consultazione pubblica per la riapertura dei navigli che, secondo Lorenzo Lipparini, assessore alla Partecipazione, “sarà divisa in quattro fasi seguendo il modello del débat public…affidata alla figura di un Coordinatore individuato tramite avviso pubblico…affiancato da un referente della società MM impegnato nella progettazione dell’opera.”

Viene da chiedersi perché si sia deciso di rinunciare al referendum o, in alternativa, a ricorrere all’udienza pubblica, procedure di consultazione previste dal Regolamento per l’attuazione dei diritti di partecipazione popolare approvato nel 2016. Ci s’inventano invece altre modalità per le quali non esiste regolamentazione: viene il dubbio che sia solo per creare consenso su decisioni già prese che non si ha l’intenzione di sottoporre a una reale verifica. Altro che partecipazione!

Una consultazione che, comunque, non potrà avere alcun effetto in quanto il progetto è già in avanzata fase di elaborazione e anche perché, a causa della crescente e motivata perplessità riguardo a un’opera tanto costosa e di dubbia utilità – anche a confronto con altri interventi molto più necessari e urgenti – la consultazione, rispetto al referendum, si presta a interpretarne più liberamente i risultati.

Tornando al libro appena pubblicato, devo segnalare che non riporta il capitolo che faceva parte dello studio di fattibilità dedicato alla navigabilità, la cui sintesi è già apparsa su queste pagine il 12 e il 19 (http://www.arcipelagomilano.org/archives/48072) settembre dello scorso anno.

Questo fatto è grave, non per fatto personale, ma perché la questione della navigabilità ha una rilevanza enorme per quanto riguarda gli aspetti ambientali, di fattibilità tecnico costruttiva ed economica.

Cosa che ho segnalato più volte al sindaco Beppe Sala precisando di non essere affatto contrario a riqualificare il paesaggio urbano di Milano riportando l’acqua lungo il tracciato storico del Naviglio interno. Ma precisando che la questione della navigabilità è una scelta che non si può dare per scontata ma deve essere espressamente decisa proprio da lui, su deliberazione del Consiglio comunale a causa delle sue enormi conseguenze soprattutto sul piano dei costi di realizzazione, di futura gestione e sull’entità del finanziamento necessario.

Segnalazioni a cui Sala ha risposto garbatamente assicurandomi con una sua mail del 24 luglio dello scorso anno che: “Al momento (e certamente in una prima fase) non parliamo di navigabilità. Quello che si proporrà lascerà però aperte tutte le alternative.” Purtroppo, due giorni dopo, ho dovuto ascoltare le sue dichiarazioni nelle quali ha citato la navigabilità del Naviglio come una risorsa per il turismo.

E recentemente, essendo tornato a segnalargli la questione ha risposto che potrò utilizzare “la fase del débat public per far sentire le mie ragioni”. Come se fosse un problema mio e non della città che lui rappresenta. Quindi, prima di tutto, un suo problema! Il che dimostra anche che il cosiddetto débat è il muro di gomma sul quale si intende scaricare ogni critica e contraddizione del progetto di “riapertura dei Navigli”.

Questione, quella del finanziamento, di cui in occasione dell’interessante convegno organizzato da Roberto Biscardini lo scorso gennaio, è stata messa a fuoco la criticità da Remy Cohen, grande esperto di project financing, evidenziando come l’assenza di tariffazione in un’opera di questo genere condizioni fortemente la partecipazione dei privati. Ma anche con esplicite riserve da parte di Roberto Tasca, assessore al bilancio del Comune, che ha segnalato le ristrettezze di bilancio e le indiscutibili maggiori urgenze riguardanti altri interventi, come ad esempio quelli per le periferie.

Locandina workshop organizzato da Roberto Biscardini il 22 gennaio scorso.

Locandina workshop organizzato da Roberto Biscardini il 22 gennaio scorso.

Tornando al libro a cura di Boatti e Prusicki, se poi si va a leggere il capitolo a cura di Roberto Camagni sulla Valutazione dei benefici collettivi (pp. 297-305) si scopre che sicuramente “Andrebbero considerati gli effetti positivi relativi alla possibile navigabilità turistica dei Navigli, all’incremento di portata d’acqua dei canali per l’irrigazione dei terreni agricoli della pianura milanese e padana, alla produzione energetica e alla capacità limitativa dei danni causati alla città dalle periodiche esondazioni del Seveso.”

Ma si osserva con grande realismo che “Per tutti questi effetti tuttavia non esistono elementi sufficienti per una valutazione quantitativa; pertanto si preferisce indicarli ma non ‘sporcare’ la valutazione con ulteriori numeri di limitatissima affidabilità.”

E per quanto la navigabilità sia considerata da Sala, nel suo breve testo di presentazione del libro, una visione alla quale “è meglio non abbandonarsi”, nei fatti egli la accetta tacitamente come un requisito imprescindibile con tutte le pesanti conseguenze economiche, funzionali, ambientali ed estetiche che essa comporta.

In uno scenario di questo tipo è chiaro che la questione del controllo dei costi è essenziale. Ma non è la sola! La realizzazione per fasi, che appare in sé ragionevole, non è infatti senza rischi e comporta che, se alla prima fase non dovesse seguire il completamento dell’opera, la navigabilità, che tanto in termini di costi, di complessità realizzativa e di impatto, verrà sacrificata.

Ne risulterà, oltre che un puro spreco, anche una grave menomazione degli aspetti qualitativi dell’intervento.

Emilio Battisti



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