19 settembre 2017

RIAPRIRE I NAVIGLI: A QUALE COSTO? (PARTE II)

Rinunciare alla navigabilità: una scelta responsabile


Dal punto di vista del paesaggio come dovrebbe porsi nei confronti degli altri elementi dello scenario urbano la presenza dell’acqua che scorre nel Naviglio? A quale quota, rispetto a quella delle sponde, dovrebbe essere il pelo libero dell’acqua, che è certamente molto importante per gli effetti che la sua presenza conferisce all’ambiente e agli edifici? Riprendo il discorso aperto nel numero scorso di ArcipelagoMilano sul tema della navigabilità.

La navigabilità comporterà inevitabilmente di tenere il livello dell’acqua a una quota notevolmente bassa per consentire alle imbarcazioni di passare sotto i ponti che attraverseranno il Naviglio in più punti. In lunghi tratti, per l’effetto combinato delle conche, e dei ponti, il dislivello tra la sommità della banchina e l’acqua potrà superare i due metri di altezza. Tre metri in via Melchiorre Gioia e dovrà essere in parte in galleria.

A mio parere, nella bella sezione progettata per via Melchiorre Gioia dal collega Marco Prusicki, presidente della Commissione del Paesaggio, gli spazi ricavati sotto la sede stradale, oltre all’accessibilità certamente non molto agevole, presentano un evidente pericolo di degrado sia nell’uso pubblico sia nella manutenzione.

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Verrà inoltre notevolmente limitata la percezione dell’acqua dagli edifici che vi si affacciano e contemporaneamente quella dello scenario urbano da parte dei passeggeri delle imbarcazioni che vi navigheranno come dimostrato con le due sezioni riferite a via Senato e via De Amicis. Inoltre, dovendo realizzare un’apposita corsia veicolare per rispettare i diritti di accesso agli edifici acquisiti dopo la chiusura dei Navigli, in molti tratti la larghezza del canale dovrà essere ridotta rispetto a quella originale, aumentando ancora di più l’effetto canyon, controproducente per il paesaggio urbano.

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La valorizzazione degli edifici che prospetteranno sul nuovo Naviglio dipenderà dalla vista dell’acqua; ma che qualità potrà avere tale vista se l’acqua non dovesse essere facilmente percepibile? Esiste poi un altro aspetto di natura propriamente estetica che riguarda il maggiore o minore effetto di artificialità che potrà generarsi tenuto conto di tutte le esigenze di adattamento alla modificata situazione della città nella quale i nuovi Navigli dovranno inserirsi e con la quale confrontarsi.

Ciò che si deve cercare di evitare è che il nuovo scenario urbano possa apparire molto artificiale, oppure che nello sforzo di porsi coerentemente con la città contemporanea possa risultare soprattutto uno spazio dedicato esclusivamente al tempo libero e al divertimento, come già in parte avviene nelle tratte urbane del Naviglio, là dove la vita notturna si è sviluppata più intensamente.

Inoltre, in situazioni urbane già fortemente compresse come per esempio piazza Cavour, gli spazi di approdo e manovra potrebbero risultare incompatibili con le esigenze di spazio dei mezzi pubblici di superficie, oltre a snaturare una piazza urbana che ha acquisito nel tempo una propria identità.

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A fronte delle grandi difficoltà tecniche che si sono dovute affrontare, questo tipo di approfondimenti sembra ancora insufficiente e sarebbe opportuno mettere in programma una fase di studi di carattere più propriamente architettonico e urbano che si preoccupi di vagliare anche l’accettazione sociale delle differenti soluzioni da parte dei cittadini che ne dovranno essere i principali futuri fruitori.

Torna utile a tale proposito tener conto della Analisi esplorativa dei dati del referendum per il progetto di riapertura dei Navigli Gruppo di Ricerca in Psicologia Sociale e Ambientale – dell’Università Statale diretto dal professore Paolo Inghilleri.

Credo che uno studio di fattibilità scientificamente e tecnicamente corretto, eseguito dal Politecnico di Milano debba prendere in considerazione la navigabilità con le relative problematiche quale opzione da sottoporre a verifica anche in rapporto ai costi di realizzazione degli interventi e ai futuri oneri di manutenzione e gestione.

Riguardo ai costi di realizzazione del nuovo Naviglio, calcolati con criteri parametrici, si era formulata una stima di circa 380 milioni di euro che, secondo recenti notizie è salita a 500, con un aumento di oltre il 30%. Le stime sono comprensive della quota di imprevisti pari al 15%, spese tecniche pari al 20% e dell’IVA che, trattandosi di un’opera pubblica, non sarà in alcun modo recuperabile.

A tale importo vanno aggiunti circa 14 milioni di euro per la realizzazione, con il sistema no dig secondo il progetto di Maurizio Brown, della condotta sotterranea per assicurare la riattivazione idraulica nella fase intermedia di interventi parziali, lungo il tracciato, non ancora collegati tra di loro.

Per quanto i costi di costruzione non rappresentino un elemento di particolare criticità poiché la spesa potrà essere modulata e distribuita su un periodo di tempo lungo, è comunque necessario che questo aspetto venga considerato con attenzione a causa della persistente crisi delle finanze pubbliche. Il fatto che per reperire i 150 milioni della prima fase si pensi ricorrere all’alienazione di quote delle partecipate deve far riflettere.

I costi che, se non si persegue la navigabilità come condizione imprescindibile, potrebbero essere sicuramente ridotti sono quelli relativi a scavi e reinterri, getti in calcestruzzo, casseforme e armature, anche per la differenza di costo tra le Conche di navigazione e i semplici salti d’acqua, mentre per i ponti si potrebbero ottenere dei limitati risparmi dalla semplificazione delle strutture.

Dato che l’insieme di queste opere copre quasi il 70% del totale, si potrebbe ipotizzare una riduzione del costo complessivo attorno al 25%: quindi circa 125 milioni di euro. Inoltre, poiché per assicurare un’efficiente navigabilità, oltre alle Conche sono da considerare gli approdi, adeguati spazi di manovra e rimessaggio delle imbarcazioni, anche gran parte di queste opere sarebbero da defalcare con un ulteriore risparmio del 10% pari a 50 milioni per un totale di 175 milioni con un possibile risparmio del 35%.

Sebbene non si conoscano specifiche previsioni di spesa, la rinuncia alla navigabilità potrebbe ridurre notevolmente anche i costi di manutenzione e soprattutto quelli di gestione, al momento non considerati, ma che richiederanno disponibilità di bilancio permanente da parte degli Enti che avranno in carico l’infrastruttura.

L’idea che lo Studio di fattibilità debba prendere in considerazione la navigabilità come opzione da valutare esplicitamente, si è posta tra le tematiche di specifico interesse proprio con lo sviluppo dell’attività di ricerca, con la progressiva percezione sempre più netta del fatto che la cosiddetta riapertura si presenterà inevitabilmente molto differente rispetto al Naviglio originario.

Che i colleghi del Politecnico non si impegnino per offrire elementi certi di valutazione delle possibili alternative e soprattutto che gli amministratori della cosa pubblica non li pretendano conferma la sensazione condivisa da molti che pur di fare prevalga ormai la rinuncia a riflettere e che sbagliare sia, per così dire, un effetto secondario. Anche perché, come abbiamo visto, il prezzo dei nostri errori lo pagano sempre gli altri.

Per quanto mi riguarda, pur ammettendo che la “riattivazione idraulica” del nuovo Naviglio milanese possa essere interpretata anche come possibilità di navigarvi, nello svolgere il mio compito di ricercatore e progettista responsabile, ho ritenuto di dover porre come imprescindibile esigenza di metodo che la navigabilità sia considerata una opzione e non un requisito vincolante, rimettendo la scelta al Sindaco Sala affinché si assuma la responsabilità di approvare, alla luce del sole, i costi che vorrà farci sostenere per realizzare il suo sogno.

Emilio Battisti



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