6 ottobre 2020

NAVIGLI E RECOVERY FUND

“Lo scippo al contrario” di Beppe Sala.


È il sindaco che decide o ci sono manine che manovrano al di fuori del controllo pubblico? Il progetto di riapertura dei navigli è molto discusso, costosissimo e persino irrealizzabile per mancanza di acqua ma ci sono i suoi appassionati: per l’aumento della rendita immobiliare?

santagostino2

Ci siamo distratti e abbiamo sbagliato. Credevamo che la battaglia dei Navigli al centro di Milano fosse una partita ormai chiusa, e invece no, incredibilmente risorge e proprio nel momento di massima sofferenza sociale.

I FATTI – La Città Metropolitana ha presentato ad ANCI, nei giorni scorsi, un elenco di progetti da presentare al Governo per l’uso di risorse del Recovery Fund, per un totale di 4.387.280.000 euro. L’ha fatto, l’ha dovuto fare, in fretta e furia nei tempi ristrettissimi della procedura e ha messo a punto un elenco di proposte, dicono, in linea con la programmazione già elaborata ed approvata con il Piano Strategico.

La scheda 26 denominata “La Grande Milano diventa navigabile: ripartire dall’acqua per raccontare le identità di 133 comuni e rilanciare economie sostenibili e patrimoni dimenticati approdando al Turismo 4.0 (…)” stanzia 1 MLD di euro, esattamente 1.013.800.000 per i lavori necessari alla “riqualifica complessiva della rete infrastrutturale degli oltre 100 km di Navigli e delle loro prossimità considerando tale intervento la prima vera opera Metropolitana”, testuale.

Un quarto della dote finanziaria per sistemare i Navigli è già cosa molto discutibile, in presenza di emergenze sociali, sanitaria, scolastiche, della mobilità, estremamente rilevanti, ma, come si dice se ne può discutere, se parliamo della rete dei navigli metropolitani che, come noto, esistono e possono essere riqualificati e valorizzati in prospettiva di turismo ambientale e culturale.

Il punto chiave però consiste nella “distribuzione” di queste risorse, dove si stabilisce “per la Navigabilità della Rete dei Navigli della CMM (€ 500.000.000,00 per la navigabilità nel capoluogo milanese + € 500.000.000,00 per la navigabilità nel restante territorio metropolitano”.

Cacciato dalla porta, il progetto tanto caro alle lobbies della cosiddetta “riapertura dei Navigli”, rientra dalla finestra, sotto le mentite spoglie della “prima vera opera Metropolitana”, tutto da ridere, se non fosse una questione terribilmente seria.

Lasciamo pure da parte le questioni, gli interrogativi e gli approfondimenti, che negli anni passati numerosi e qualificati studiosi, urbanisti e storici, hanno sollevato per contestare la fondatezza del progetto. Le lasciamo da parte, non perché non siano valide, ma perché non potremmo fare altro che ridire in modo meno felice quanto autorevolmente hanno detto altri e che resta sul tavolo.

Sarebbe pure sufficiente per fare un falò dei poderosi elaborati e delle stime di costi benefici, da cui, per parola dei progettisti, la gran parte del vantaggio economico consiste nel cosiddetto valore “edonico”, insomma l’incremento del valore immobiliare degli edifici privati che sorgono attorno ali Navigli del centro. E lasciamo stare che neppure sarebbero navigabili e che l’impatto sulle attività commerciali di servizio sarebbe estremamente limitato, sempre come stimato dagli esimi progettisti.

Lasciamo fuori tutto e questo, e poniamo di nuovo la questione di fondo: son ben spesi 500 milioni di euro (che poi da scommetterci sarebbero di più) a fronte di un’emergenza sanitaria, sociale, civile, come quella che stiamo vivendo?

O non sono altre le priorità, già ben presenti nel passato recente, ma ora esplose in una crisi che mette a dura prova la vita dei cittadini, specie quelli meno agiati, anzi diciamo pure sofferenti per la perdita del lavoro o di parte del reddito?

A questa domanda, sensata allora e drammatica oggi, i difensori del “Naviglio sotto casa mia con i soldi degli altri” lamentano l’incomprensione del contributo che le strettissime e spesso intubate strisce d’acqua urbana darebbero alla rinascita della città, in una visione dove il verde ed il blu colorano il bel disegno di un sogno ben disposto a diventare incubo.

Un contributo essenziale a completamento della transizione eco sostenibile di Milano città da grigia e smoggosa concentrazione di case ed auto a metropoli vivibile, dove felici lievitano piste ciclabili, barchini e runner.

Questa visione, va pur detto, è mistificante perché accredita il progetto della riapertura dei Navigli, che per inciso inciderebbe per molti anni sulla vivibilità della zona coinvolta, di una valenza ambientale eccessiva rispetto all’effettivo impatto, utile più che altro per le campagne di marketing della Milano smart, prodotto da vendere sul mercato turistico internazionale e soprattutto su quello immobiliare di lusso.

Ma davvero questa crisi non ha insegnato nulla? Davvero possiamo realisticamente pensare di riavviare il meccanismo lanciato con EXPO 2015, riportando centinaia di migliaia di turisti asiatici, russi, americani, tedeschi, sulle rive dei navigli, tanto vicine ai luxury shop del centro? Davvero la crisi sanitaria globale non ci spinge a ripensare ad un diverso modello di Milano meno fondato sul divertissment dei ricchi del pianeta?

E tornando alla questione di fondo, siamo davvero convinti che la strada che stiamo riprendendo senza cambiare visione sia compatibile con le emergenze che la cittadinanza vive tutti i giorni e soprattutto ora: se pensiamo alla sostenibilità del vivere, non sarebbe prioritario pensare ad allocare risorse per i servizi di prossimità? Asili, scuole, servizi e strutture per gli anziani, non porterebbero più felicità e serenità alle donne, ai giovani, agli anziani, cui tocca sempre di rispondere “cari avreste anche ragione, ma non ci sono i soldi”?

Non ci sono i soldi per rigenerare le periferie e potenziare le chance di vita delle persone che ci abitano: non sarebbero utili 500 milioni per dare una mano all’edilizia popolare, alla condizione dei disabili, alla moltiplicazione dei luoghi di aggregazione?

No, o meglio sì, ci sono, ma preferiamo la riapertura dei Navigli, che tanta fama e memoria porterà al suo promotore: Beppe Sala come faraone metropolitano?

In tutto questo, c’è una responsabilità politica che pure non si può e non deve tacere: Milano e la Città Metropolitana sono rette dal centrosinistra a trazione PD.

Al partito che regge le sorti cittadine e metropolitane, e che, giustamente, in questi giorni gioisce dei successi elettorali locali, non toccherebbe spendere qualche momento di riflessione e di discussione, vera, sulla questione?

Non sarebbe più che utile, a pochi mesi dalla battaglia elettorale di Milano, porsi delle domande, ora che c’è ancora il tempo, e chiedersi e chiedere ai cittadini se questa scelta, operata in fretta e furia, sia davvero una buona scelta o non sarà fonte di criticità, disagio e dissenso?

Non mancano nel partito sensibilità forti sulla questione sociale, non manca un Pierfrancesco Majorino che da Bruxelles è sempre attivo nel dibattito e nell’iniziativa milanese con la sua “Casa comune”: dia un’occhiata alla questione, e se possibile tiri la giacchetta a Beppe Sala, che, ancora e sempre in ascolto dei segnali dei cittadini, si è ben guardato dal coinvolgerli nella questione, decidendo alla chetichella su una questione così importante.

Ora che settembre è passato e che ottobre di nuovo sarà dedicato all’ascolto della città, dia retta Beppe Sala, dia retta il PD, non lasciate che i 500 milioni diventino la storiella di uno “scippo al contrario”, di un regalo che, con i soldi della collettività, alimenterà, con i sogni di urbanisti visionari, le tasche di chi ha già e vuol avere di più.

Che i sogni degli urbanisti talvolta diventano gli incubi, prima dei cittadini e poi dei politici.

Giuseppe Ucciero



Condividi

Iscriviti alla newsletter!

Per ricevere in anteprima sulla tua e-mail gli articoli di ArcipelagoMilano





Confermo di aver letto la Privacy Policy e acconsento al trattamento dei miei dati personali


  1. ing. arch. de Rinaldo... I Navigli rappresentano la spina dorsale della città di Milano... riaprire i Navigli significa tentare una rigenerazione dei Valori Storici ed Economici Milanesi... é indubbio che tali 'fatti' sono Valori solo per pochi... la massa é solamente in grado di distruggere...
    7 ottobre 2020 • 08:19Rispondi
  2. Antonello BoattiI falò di libri, documenti ecc. alla memoria di tutti richiamano tristi scenari del passato. L'atteggiamento è tipico di chi non ha argomenti da contrapporre a una idea innovativa, coraggiosa e che indirizzerebbe Milano verso un futuro più vivibile, con più spazio vitale per i cittadini e molto meno per un traffico veicolare privato inquinante e non giustificato da reali esigenze. Tutto l'articolo è infarcito di slogan e affermazioni apodittiche mai suffragate da ragionamenti o argomentazioni
    7 ottobre 2020 • 10:59Rispondi
  3. giuseppe ucciero"la massa è solamente in grado di distruggere": bisogna aggiungere altro?
    7 ottobre 2020 • 12:37Rispondi
  4. giuseppe uccieroPregiatissimo Boatti contesta slogan e affermazioni apodittiche, ma a me pare che lei sia il campione della specialità: si spieghi meglio, in cosa consistono esattamente? Non lo dice, ed allora esemplifico io: è vero o non è vero che i Navigli riaperti sarebbero per larga parte non navigabili e per altra notevole parte intubati? E' vero o non è vero che le stime dei progettisti, compreso lei immagino, indicano come valore generato dall'intervento principalmente quello "edonico"? Potrei proseguire, ma mi fermo anche perchè la vera questione che sollevo è di priorità sociale e non di qualità del progetto, sulla cui debolezza hanno scritto in molti, raccolti e pubblicati dallo stesso Argipelago Milano. Chiedo, ma lei sfugge all'argomento e tace, se sia prioritario spendere mezzo miliardo di euro in un intervento per la riapertura dei navigli o se non sia meglio investire nella riqualificazione delle case popolari, nell'accessibilità alle persone con disabilità, nei mille ed un interventi che sono essenziali per la vita quotidiana delle persone che soffrono gravi situazioni di disagio. Forse a lei, come tecnico, sono questioni che non interessano, ma, dia retta, si faccia un giretto nelle case popolari e guardi negli occhi i disabili confinati al 7° piano di case senza ascensori accessibili, le famiglie che vivono in quartieri degradati di edilizia popolare fatiscente, i giovani con pochi punti di aggregazione, gli anziani che chiedono maggior protezione e servizi. Lo faccia, e mi sappia dire.
    7 ottobre 2020 • 12:52Rispondi
  5. Cesare MocchiAhimè, condivido tutto quanto detto nell'articolo. Davvero non ci sono opere di utilità sociale maggiore a cui destinare quei 500 milioni di euro? Case, scuole, sanità, tutto è stato messo in crisi dal Covid... e i soldi li mettiamo per riaprire i Navigli? Mi sembra una follia
    7 ottobre 2020 • 14:24Rispondi
  6. giuseppe uccieroLa riflessione di Cesare Mocchi riassume in termini essenziali quanto ho cercato di esporre. Lo ringrazio e sollecito eventuali altri interventi a restare sul punto: investire mezzo miliardo di euro sul progetto di riapertura dei Navigli al centro di Milano o sulle altre priorità di territorio, sociali, edilizie, e, perchè no, anche urbanistiche, delle periferie?
    7 ottobre 2020 • 16:06Rispondi
  7. Alessandro Villoresil’acqua è un bene principale da valorizzare. Si parla di riciclare i rifiuti e l’acqua del Naviglio Martesana quando entra a Milano, viene trattata come uno scolo ? La riapertura del Naviglio Martesana con la separazione delle acque del torrente Seveso da quelle che arrivano dal fiume Adda, valorizzerebbe l’acqua come una risorsa preziosa per la vita. Molti parchi cittadini, anche il bosco verticale, sono irrigati con acqua potabile dell’acquedotto cittadino, pompata a 100 metri di profondità, con un grande consumo energetico. Perché nel 2020 non viene utilizzata l’acqua dei Naviglio Martesana che arriva in città con la forza di gravità ? Quanto al costo presunto della riapertura, gonfiato ad ogni nuovo articolo, se l’opera di riapertura resta pubblica si sa, i costi lievitano. Gli operatori privati, per operare devono avere tempi certi e costi definiti prima. Chi fa lievitare i costi della riapertura dimentica che dividendo il costo per i mq del canale da riaprire, non risulta credibile un costo a metro quadro superiore a quello di costruzione di un palazzo in centro città??? Meditiamo tutti e poi ripristiniamo il collegamento tra il fiume Adda ed il Ticino
    7 ottobre 2020 • 21:37Rispondi
  8. CristinaApplauso incondizionato a Ucciero per la sostanziosa domanda posta. É semplicemente scandaloso che in questo momento di sofferenza di un'ampia fascia sociale, di emergenza da riscaldamento globale, di Seveso esondante( che prevede la falsa soluzione di vasche di.laminazione) si pensi di spendere una cifra così importante per un progetto che non è certo prioritario. É vergognoso che il Pd, asse portante di questa amministrazione nulla dica nel merito. Ucciero resti sul pezzo!
    8 ottobre 2020 • 00:19Rispondi
  9. giuseppe uccieroGentile sig. Villoresi, le sue osservazioni sulla circolazione delle acque mi paiono pertinenti e degne di nota, ma a mio avviso non risolutive circa la questione che ho posto. In merito al "costo presunto della riapertura, gonfiato ad ogni nuovo articolo" non mi è chiaro a cosa alluda. Il mezzo miliardo di euro per la "riapertura dei navigli" è l'importo complessivamente indicato a suo tempo dagli stessi progettisti , puntualmente ripreso in questi giorni dalla stessa Città Metropolitana. Che poi gli operatori privati per operare abbiano bisogno di tempi certi e costi definiti prima, mi pare una bella favoletta, considerando la diffusissima pratica delle cosiddette varianti di progetto, i cui maggiori costi, guarda caso, sono sempre a favore dei privati vincitori delle gare di appalto. Non commento poi la comparazione, un poco strampalata via, tra costo a mq del progetto di riapertura con quello di costruzione di un palazzo in centro città.
    8 ottobre 2020 • 11:11Rispondi
  10. giuseppe uccieroCarissima Cristina, lei coglie il succo politico del mio articolo che, come ho cercato di dire, poco inteso da chi forse neppure vuole intendere, che non affronto di nuovo la proposta nel merito, ma piuttosto la sua posizione nella scala di priorità,. Qui sta il punto e qui il PD a mio avviso dovrebbe aprire una discussione seria. All'erta sto.
    8 ottobre 2020 • 11:15Rispondi
  11. Roberto CamagniTrovo indisponente l’articolo per tre motivi: - primo, non è bello veder insultare o trattare da nemici del popolo (“manine”, rendita immobiliare, “il naviglio sotto casa” ...) coloro che la pensano diversamente; - secondo, l’autore persiste nel propagandare l’equivoco sulla natura del metodo dei “valori edonici” - “valori di utilità” o “valori di benessere” collettivo - che costituiscono il miglior metodo disponibile per valutare beni pubblici, utilizzato in tutto il mondo, e che nulla ha a che fare con gli interessi immobiliari privati. Gli incrementi di valore a seguito dell’opera sono solo un indicatore dei vantaggi collettivi ottenibili; nella realtà possono certamente manifestarsi, come in qualunque altro progetto di riqualificazione della città, ma potrebbero anche facilmente venire recuperati dalla parte pubblica attraverso la tassazione, data la loro natura “localizzata”; - terzo, l’articolo abbonda in richiami ai bisogni degli anziani, dei poveri, dei bambini, dei disabili, di chi ha perso il posto a causa del covid, ecc., populisticamente richiamati più volte. Sappiamo tutti che i super-necessari servizi sociali di vicinato potrebbero, e dovrebbero, come in tutte le città che si rispettino, essere finanziati e realizzati all’interno dei processi di trasformazione della città attraverso una opportuna pianificazione e una tassazione delle rendite emergenti, soprattutto a Milano - una città che da più di venti anni se ne disinteressa. Queste persone non sono, e non saranno, le vittime dei Navigli. Semmai lo scandalo è che altri grandi progetti pubblici non ce ne sono. Infine una preghiera: questa rubrica di dibattito dovrebbe servire ai lettori per esprimersi, non all’autore per scrivere dieci volte lo stesso articolo ...
    8 ottobre 2020 • 18:41Rispondi
    • Pietro VismaraCredo che l'articolo proponga - con alcune semplificazioni e forzature - un concetto semplice: è una buona idea usare 500 milioni di euro per finanziare un'opera che grosso modo (nella migliore delle ipotesi) servirà solo a chi ci abita all'intorno (in centro storico quindi) o al turismo internazionale (che non si sa quanto sia interessato in futuro)? Non ci sono utilizzi più ragionevoli? Questo non è populismo. È semplice buonsenso.
      8 ottobre 2020 • 21:41
    • giuseppe uccieroPregiatissimo Camagni, dal suo commento traspare il fastidio del “competente”, dell'esperto, dell'accademico, nel dover interloquire con persone non qualificate professionalmente sul tema oggetto di confronto. Ma la questione che ho sollevato, lo ridico di nuovo anche al sig. Zago, non è di merito progettuale ma tutta politica, e consiste esattamente nel giudizio su decisioni assunte da enti di governo nell'uso di risorse pubbliche. É questione che tocca tutta intera la cittadinanza, senza distinzioni, ed anche l'ultimo degli abitanti, il più rozzo ed analfabeta, ha pieno titolo per entrare nella discussione e porre la più semplice delle domande, quella che anche il sig. Vismara ha ottimamente ripreso: “è una buona idea usare 500 milioni di euro per finanziare un'opera che grosso modo (nella migliore delle ipotesi) servirà solo a chi ci abita all'intorno (in centro storico quindi) o al turismo internazionale (che non si sa quanto sia interessato in futuro)? Non ci sono utilizzi più ragionevoli?”. Personalmente nutro un parere contrario e sollecito un dibattito pubblico sul tema. Tutto il resto è stato detto e ridetto, compresa la questione dei “valori edonici” che pure è ben chiara sul tavolo: si richiamano “vantaggi collettivi” derivanti dalla maggior qualità urbana risultante dall'intervento. Tali vantaggi sono quantificati e ben descritti dai progettisti in 564,7 milioni, in quanto “si consolideranno nelle aspettative dei residenti e degli esercenti commerciali i benefici, capitalizzati in una disponibilità a pagare prezzi immobiliari incrementati” (STUDIO DI FATTIBILITÀ PER LA RIAPERTURA DEI NAVIGLI MILANESI NELL’AMBITO DELLA RIATTIVAZIONE DEL SISTEMA COMPLESSIVO DEI NAVIGLI E DELLA SUA NAVIGABILITÀ, Vol. II, fig. 6.3.1 Sintesi dei benefici e dei costi collettivi derivanti dal progetto (a valori attualizzati). Pag. 138). Incrementi dei valori delle proprietà immobiliari affacciate o site nelle vicinanze dell'area interessata dai lavori di riapertura dei Navigli, finanziati con spesa pubblica: in una parola, “rendita di posizione”.
      9 ottobre 2020 • 11:33
    • Luigi TranquillinoAl Dott Camagni che ritiene populistico richiamare le necessità dei soggetti succitati, ai quali aggiungerei i lavoratori, molti dei quali faticano a sbarcare il lunario, anche De Rita ed il CENSIS apparirebbero biechi populisti. I rapporti CENSIS degli ultimi anni descrivono una realtà molto distante dalla condizione economica e sociale propria al dott Camagni. La rampogna finale all'estensore dell'articolo sulla "riapertura delle vasche", poichè si ostinerebbe a riprendere l'argomento, mi trova in dissenso. Le urgenze sociali sono fatte di fatica e sofferenza, continuano mentre ne scriviamo quì. Avevo detto ad Antonello Boatti che non ero d'accordo sul suo impegno per le "vasche", lo stimo, credo che anche lui necessiterebbe di una ripresa di contatto con l'intera realtà di Milano. in ultimo. voglio precisare che si parte da mezzo miliardo di spesa,nel dibattito sulle "vasche" molto spesso è emerso come potrebbero verosimilmente occorrere 750/800 milioni ed anche più..
      15 ottobre 2020 • 16:34
  12. GIUSEPPE ZAGOHo letto l’articolo “Navigli e Recovery Fund” e l’ho trovato talmente fuorviante da sentire il bisogno di reagire, disvelando gli artifici con i quali si altera la realtà possibile del progetto di riapertura dei Navigli. L’articolo fa riferimento alle proposte avanzate per avviare la stagione di trasformazione e rinnovamento di Milano, utilizzando i fondi che potrebbero essere messi a disposizione attraverso lo strumento del Recovery Fund. Si cita la scheda 26: “La Grande Milano diventa navigabile”, si descrive sommariamente come si articolerebbe il progetto e ci si sofferma sulla ripartizione dei fondi tra interventi in città e interventi rivolti all’area metropolitana. Solleva poi la questione dell’opportunità di utilizzare questi fondi per un progetto che si reputa inutile e che si ritiene rivolto solamente a creare vantaggio ai proprietari degli edifici che sorgono attorno ai Navigli del centro. Nulla si dice dell’idea di progetto, sembra che i fondi siano “gentilmente offerti” a questi proprietari, non si fa riferimento, nell'articolo che, per la riapertura servono progetti, servono imprese, servono operai, servono materiali e tutto questo genera un forte incremento alle attività costituendo un circuito virtuoso di lavoro, di produzione e, di conseguenza, circolazione di denaro. Il testo dell’articolo è tale da non far supporre le modificazioni urbane che questo intervento possa portare, sarcarsticamente parla di “visione dove il verde e il blu colorano il bel disegno” ma, se realizzati, quegli interventi, non sono colori ma fatti. L’acqua potrebbe tornare a scorrere lungo alcune vie della città e non i gas di scarico di migliaia di veicoli, non il particolato o le polveri sottili ma, magari pesci, barchette, biciclette, persone a piedi che potrebbero apprezzare il gusto di fare una passeggiata o una corsa lungo un tracciato urbano più vivibile. Tutto questo non emerge dall’articolo, ovviamente si omette di descrivere la condizione attuale di quelle strade che, pur essendo nel centro della città sono state trattate dalle precedenti amministrazioni, alla stregua di una tangenziale, senza valutare l’impatto che questo ha sulla salute dei cittadini che abitano lungo quel tracciato, dove ci sono, inoltre, ospedali, università. Mai, si sarebbero realizzate funzioni così importanti a ridosso di una tangenziale, almeno una striscia di verde di separazione. Qui, invece, solo polvere, ma non si dice. Il progetto di riapertura dei navigli consente di raggiungere un obiettivo certo: che il centro di Milano riconquisti una maggiore vivibilità, con meno traffico, con percorsi che non solo, circondano il centro ma si estendono verso la periferia, proseguendo nella campagna circostante, si renderebbero questi tracciati rilevantissimi, al fine di una auspicata e rinnovata relazione tra centro e periferia perché diventerebbero sicuramente il percorso privilegiato di continuità tra questi due poli di attrazione. Attualmente, appena fuori dai limiti urbani, centinaia di ciclisti, persone a piedi si muovono, svolgono attività fisica lungo i Navigli. Ora sono costretti a fermarsi all’esterno ma, un vero progetto di recupero, riattivazione, riapertura, porterebbe verso il centro tutte queste persone e viceversa. E ancora, nulla si dice delle trasformazioni che la riapertura comporterebbe, si parla di visione ma non se ne vede alcuna. Pensa l’autore dell’articolo che nulla cambierebbe a seguito di questo intervento? Non riesce a “vedere” la città “moderna” che potrebbe svilupparsi con questo cambiamento? L’incubo che cita lui, io lo vedo ora, con la situazione attuale. Calvino, nel suo libro “Le Città invisibili” chiude con le seguenti parole: “L’inferno dei viventi non è qualcosa che sarà; se ce n’è uno, è quello che è già qui, … Due modi ci sono per non soffrirne. Il primo riesce facile a molti: accettare l’inferno e diventarne parte fino al punto di non vederlo più. Il secondo è rischioso ed esige attenzione e apprendimento continui: cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all’inferno, non è l’inferno, e farlo durare e dargli spazio.”
    8 ottobre 2020 • 21:22Rispondi
    • Pietro VismaraCerto, se si spendono 500 milioni di euro si crea un circolo virtuoso di attività, chi ne può dubitare? Ma avverrebbe anche per altri interventi, magari di recupero delle periferie, che sembrano più urgenti rispetto a un'ulteriore riqualificazione del centro storico (che è già abbastanza qualificato)
      9 ottobre 2020 • 11:40
    • Alberto De FeliciCondivido pienamente Sig. Zago il suo pensiero, a chi critica magari a fin di bene perché questi investimenti potrebbero essere spesi “meglio”, dico semplicemente che una cosa non esclude l’altra, certamente bisogna aiutare i più deboli e bisognosi, ma allo stesso tempo dobbiamo dedicare parte del nostro tempo e delle nostre risorse a progetti a medio e lungo termine per migliorare lo stile di vita di tutti i cittadini compresi quelli citati in precedenza che forse in una città più omogenea avrebbero più possibilità.
      11 ottobre 2020 • 15:04
  13. GIUSEPPE ZAGOUna parte del mondo va in questa direzione. Una parte di Milano non sa neppure che esista quel mondo. Le città dei Paesi Bassi sono sempre in fermento e negli anni ci hanno insegnato che conciliare ambiente e città è possibile e anzi necessario per il prossimo futuro. Così, dopo la notizia di qualche mese fa che vedeva Utrecht intenta a progettare un nuovo ecoquartiere completamente car free ecco che nei giorni scorsi la Municipalità di Groningen ha annunciato un piano per riqualificare una ex area portuale nei pressi del canale Eemskanaal. L’hanno chiamato “Stadshavens” il nuovo quartiere sostenibile che nascerà nei pressi di Groningen e che sarà in grado di ospitare 2.400 abitazioni, la stragrande maggioranza realizzate a prezzi e canoni agevolati per facilitare l’accesso alla casa da parte dei più giovani. Si tratta di un’area molto vicina al centro della città, per questo l’amministrazione ha deciso di puntare sul progetto: riqualificare la zona con nuovi interventi abitativi, commerciali, ampi spazi verdi e piazze significa rendere Groningen ancora più accessibile e pronta ad affrontare la domanda di abitazioni prevista per i prossimi 10-15 anni. Un progetto davvero green se consideriamo che la superficie dell’area vedrà uno sviluppo edificatorio prevalentemente verticale, ottimizzando così le aree verdi. Inoltre gli spazi costruiti saranno ad alta efficienza energetica mentre per le strade interne al quartiere non sarà possibile accedere in auto: praticamente un quartiere senza macchine che lascerà ampio spazio alla socialità e alle persone. Grande attenzione agli spazi verdi Un po’ come avviene già in altri ecoquartieri d’Europa l‘uso dell’auto sarà limitato solo ai margini dell’edificato, dove verranno predisposti opportuni garage, solitamente dai prezzi molto elevati: una strategia per invogliare gli abitanti a rinunciare al possesso dell’auto e a preferire lo sharing all’occasione. Ma non è tutto, Groningen vanta il più grande giacimento di gas naturale onshore dei Paesi Bassi, ma dopo diverse proteste dei cittadini e l’impegno del Governo nel voler chiudere l’area di estrazione, l’amministrazione della città ha pensato di dare un segnale forte dichiarando che a Stadshavens non arriverà la rete del gas, pertanto sarà un quartiere gas-free. Del resto le recenti innovazioni tecnologiche nel campo dell’edilizia e dell’impiantistica consentono alle abitazioni di essere completamente elettriche, ad esempio optando per pompe di calore o impianti solari. Un progetto che piace a tutti, l’unica questione su cui c’è del fermento riguarda lo stile architettonico degli edifici: per qualcuno sono troppo moderni e privi di rimandi all’architettura della Groningen del passato… insomma, nessuna insurrezione popolare per l’assenza di parcheggi auto in strada.
    8 ottobre 2020 • 21:49Rispondi
    • Pietro VismaraAppunto. Anziché buttare via i soldi con i Navigli, facciamo come Utrecht o Groningen e realizziamo un ecoquartiere sulle aree dismesse. Mi sembra esattamente la posizione dell'autore dell'articolo, mi sa che siete d'accordo
      9 ottobre 2020 • 11:43
  14. Pietro CafieroPossiamo una volta per tutte uscire dall'equivoco? Riapertura dei Navigli? Non è così. I Navigli vanno riscavati da capo. Non sono stati tombinati, ma interrati e chiusi. Non basta scoperchiare il manto stradale per trovare magicamente l'acqua che scorre... Si parla di realizzare ex novo un'opera idraulica decisamente importante che non avrebbe nulla in comune con i vecchi Navigli, nè la funzione, nè la navigabilità, nulla se non parzialmente il tracciato. I Navigli non si riaprono, si rifanno. Da zero. Non raccontiamo(ci) favolette... Questo a prescindere dalle condivisibili considerazioni di Ucciero.
    9 ottobre 2020 • 14:49Rispondi
    • germanoInvece no. La martesana esiste fino a san marco, basta "scoperchiare". I tracciati sono stati riempiti di cemento e sabbia negl'anni 60, una parte è stata lasciata libera per fare da fogna. Si tratta di rimuovere il riempimento e stringere o allargare il letto dove serve. "non avrebbe nulla in comune con i vecchi navgili" è un'affermazione figlia di ignoranza verso il progetto, la invito a informarsi. La riapertura porterebbe più acqua alla vettabbia e al ticinello, canali usati per irrigare i campi a sud di milano. Oltretutto toglierebbero acqua pulita dalle fogne portata dalle pompe di calore di porta nuova, questo aumenterebbe il carico organico delle fogne rendendole più efficienti. Nessuna favoletta, solo fatti.
      3 novembre 2020 • 12:35
  15. Luca BergoMilano è una città che è cresciuta e si è sviluppata sull'acqua. Non si tratta solo di un'operazione "edonica", anzi! La riapertura dei Navigli, ma soprattutto il ricollegamento delle acque dell'Adda tramite la Martesana al Ticino, come giustamente scrive Villoresi, è un progetto strategico per il futuro della città metropolitana. Quello che va ricostruito è il ruolo fondamentale dell'acqua nel milanese, di cui i Navigli hanno lo stesso ruolo che svolge l'aorta nel sistema circolatorio. Ricollegare Milano alle sue acque, non è una operazione per aumentare il valore già astronomico dei palazzi intorno alla cerchia, ma un riorientamento del modello di sviluppo economico, energetico, culturale della intera area metropolitana, riscoprendone e valorizzandone la matrice che è, appunto, l'acqua. Per farvi un'idea di cosa si parla, Vi prego di scoprire cosa contiene l' Accordo Quadro di Sviluppo Territoriale “Milano Metropoli Rurale", e soprattutto il lavoro fatto dal Comitato scientifico del progetto, in particolare l'allegato 1 a cura dell'ing. Rosti
    12 ottobre 2020 • 21:45Rispondi
  16. MARCO PRUSICKIVorrei aggiungere qualche ulteriore precisazione ai commenti già molto articolati che hanno ben evidenziato il ruolo strutturale del progetto di riapertura dei Navigli milanesi nell’ambito del processo generale di valorizzazione plurifunzionale dello straordinario patrimonio di acque di cui il territorio milanese e lombardo dispone in una prospettiva di sviluppo sostenibile. I) SULLA NAVIGABILITÀ. I “nuovi Navigli milanesi” prevedono la navigabilità dell’intero percorso, come previsto dallo studio multidisciplinare del Politecnico coordinato dal prof. Antonello Boatti (con l’apporto dell’Università Statale di Milano e di Pavia e di numerosi esperti esterni, avvalendosi di contributi di varie associazioni e istituzioni culturali) elaborato tra il 2013 e il 2015 per conto dell’Amministrazione Comunale, che, a seguito dei risultati del referendum del 2011, nel PGT approvato nel 2012 ne indicava schematicamente il tracciato. La navigabilità è stata poi confermata nei successivi approfondimenti di fattibilità tecnico-economica sviluppati da MM s.p.a (dal 2017 e tuttora in corso). II) SUL FATTO CHE IL PROGETTO SIA STATO CACCIATO DALLA PORTA. L’intenzione di portare avanti il progetto di riapertura totale è stata pubblicamente riaffermata dal Sindaco Giuseppe Sala il 5 febbraio 2019, in occasione della presentazione dei risultati del “dibattito pubblico” relativo alla proposta di riapertura dei primi 5 tratti, anche sulla base di molte delle istanze presentate. In quella circostanza, il Sindaco si è anche impegnato a estendere lo “Studio di Fattibilità tecnico-economica” all’intero tracciato (in corso di elaborazione) e a trovare le risorse necessarie per realizzare l’opera al di fuori del bilancio comunale, per non “sacrificare ai Navigli altre priorità del Comune”. La riapertura dei Navigli milanesi è stata poi ulteriormente confermata come una delle azioni strategiche del PGT vigente, adottato il 5 marzo 2019 (e poi approvato dal Consiglio Comunale il 14 ottobre 2019), ribadendone il ruolo fondamentale nel processo di “transizione ambientale”, per il quale, il 19 luglio 2019 è stato creato un nuovo Assessorato e una apposita Direzione Generale. III) SULLA QUESTIONE DELLE PRIORITA’ DEGLI INVESTIMENTI. Nelle “linee guida” messe a punto dal Governo per la definizione del “Piano nazionale per la ripresa e la resilienza” ai fini del Recovery Fund, vi è una precisa identificazione degli obiettivi e conseguenti priorità di investimenti in coerenza con quelli della UE, espressi in 6 “missioni” e relativi ambiti tematici. È lecito immaginare che la richiesta di finanziamento di cui alla scheda n.26 avanzata da Città Metropolitana attenga ad una di queste, ad esempio quella della “rivoluzione verde e transizione ecologica”, i cui ambiti tematici trovano molte corrispondenze con le finalità del progetto. Non si tratta quindi di “distogliere” risorse ad altre necessità - come quelle condivisibilissime, citate dall’autore dell’articolo - ma di cogliere un’occasione straordinaria per contribuire in modo sostanziale a migliorare le condizioni di vita del territorio nell’interesse di tutti i cittadini e dei loro ospiti, agendo simultaneamente su una molteplicità di aspetti (Ambiente, Agricoltura, Cultura, Economia, Energia, Idraulica, Mobilità, Paesaggio, Sport-tempo libero, Turismo), con effetti positivi ampiamente dimostrati, per i cui approfondimenti si rimanda ai numerosi documenti disponibili. Quindi nessuno “scippo al contrario”, mi sembra, ma una tappa importante e coerente di un processo lungo, rigoroso ed esemplare.
    15 ottobre 2020 • 10:41Rispondi
    • Luigi TranquillinoVorrei aggiungere, non me ne voglia il prof Prusicki, che mi pare scomparire la politica dai luoghi deputati. Ne fa più l'Università che il Consiglio Comunale. In questo dibattito serpeggia una ispirazione che sta dentro una frase scritta da Rousseau,ben prima che venisse attribuita a Maria Antonietta : -mangino brioches- . Spiace doverlo dire ma le brioches non sono neppure così "green"
      15 ottobre 2020 • 16:54
    • giuseppe uccieroPregiatissimo Prusicki, apprezzo lo stile pacato delle sue considerazioni, a cui rispondo brevemente solo per la migliore comprensione dell'oggetto del contendere. Circa la navigabilità, credo che ci si debba intendere sul significato del termine: la ridottissima ampiezza e profondità del futuro tracciato fluviale consentirebbe, ma solo fra molti e molti anni, il passaggio di natanti di modeste dimensioni e pescaggio, che "nella Cerchia Interna avranno larghezza massima di 2,5 m, lunghezza di 11,3 m e altezza pari a 2,25 m, di cui 1,6 m di altezza fuori acqua e 0,65 m di pescaggio" (Relazione fattibilità, vol.1, pag. 42), in transito lungo tratti spesso privi di accesso visivo sul paesaggio urbano circostante. Nulla a che vedere con la navigazione turistica su altri e ben più fortunati canali urbani d'oltralpe. Ma bisogna anche aggiungere che saranno necessari almeno 10 anni (2.400 giorni naturali consecutivi", 24 luglio 2018, dossier di progetto, Comune di Milano), perchè i 5 tratti urbani, “riaperti” ma ancora disconnessi, consentano finalmente la messa in acqua di imbarcazioni molto più ridotte e maneggevoli (canoe o simili), per poi riportarle fuori acqua, dopo pochi minuti di “navigazione”. Dieci anni di lavori per escursioni in canoa e molti ancora di più per la circolazione di natanti di modeste dimensioni e ridotta fruibilità. Circa la “cacciata dalla porta” del progetto, ho usato l'espressione colorita per descrivere la sostanziale presa di distanza dall'opera da parte di un'amministrazione comunale che, in sostanza, prendeva atto della impossibilità di farsi carico del pesantissimo onere finanziario. Circa infine, e siamo alla questione che ho inteso sollevare verso l'amministrazione ed il Partito Denocratico e non i progettisti, della “Priorità degli investimenti”: è pur vero che la tutela e la valorizzazione dell'ambiente e dei beni storico culturali sono complessivamente una priorità del Recovery Fund e, aggiungo io, di una buona politica. Ma è anche vero che, decidendo in un contesto di risorse finite, la scelta di destinare 1 MLD di euro alla sistemazione e valorizzazione dei Navigli metropolitani appare quanto meno discutibile. Restando in tema ambientale, è legittimo chiedersi se non vi siano altre urgenze più importanti (recupero e salvaguardia del Lambro, riqualificazione energetica ...). Nel merito progettuale, è legittimo chiedersi se non siano da focalizzarsi maggiormente operazioni di recupero e valorizzazione dei Navigli urbani esistenti, a cui pure il progetto di cui si discute dedica attenzione e su cui mi sono personalmente impegnato, promuovendo il “Tavolo delle Vie d'Acqua” del Partito Democratico. Ma infine, in presenza di una crisi economico sociale di questa portata, ci si deve interrogare sull'allocazione più appropriata di queste ingenti risorse, pensando a quali iniziative, per tanti decenni rimandate, possano finalmente venire realizzate: riqualificazione delle case popolari, realizzazione di un'ampia rete pubblica e gratuita di asili nido e servizi per l'educazione, miglioramento dell'edilizia scolastica, tuttora fatiscente..... Su questo, senza nulla togliere ai progettisti, è tremendamente rumoroso il silenzio della politica.
      15 ottobre 2020 • 17:40
  17. sabinaGENTILE GIUSEPPE UCCIERO CONDIVIDO PIENAMENTE TOTALMENTE IL CONTRIBUTO CHIARO E NETTO DEL SUO INTERVENTO, LA RIAPERTURA DEI NAVIGLI ASCE DA MOLTO LONTANO, E' UN SIMULACRO DI ABBELLIMENTO DI MILANO CHE IN DIECI ANNI NON CONVINCE NE' INTERESSA PIU' I MILANESI PER GLI ARGOMENTI DA LEI APPROFONDITI, MA RESTA UN BLOCCO DI INTERESSI DIETRO I QUALI SI MUOVONO SEMPRE LE CONSORTERIE ELETTORALI. GRAZIE DEL SUO IMPEGNO IN UN MOMENTO DI SEMPRE PIU' GRANDE SCONCERTO PER LA CRISI ECONOMICO SOCIA DELLA PANDEMIA
    21 ottobre 2020 • 17:11Rispondi
  18. UgoPersonalmente, da milanese, non capisco come si possa pensare di poter utilizzare un miliardo di euro in un'opera accessoria, non prioritaria, chiamatela come volete. Vorrei portare l'attenzione sull'acqua: Milano, per mettere acqua nella cerchia interna deve ottenere una concessione di derivazione (che costa un tot al l/sec) dal Naviglio Martesana e una concessione di scarico (che costa tantissimo al l/sec) sul Naviglio Grande. Siamo sicuri che il Comune riuscirà ad ottenerla? quanto costerà all'anno (tanto, ve lo dico di già)? L'acqua disponibile a fine Martesana, sarà sufficiente? Anche ammettendo che la cerchia interna venga realizzata (non aperta, perché non esiste, va realizzata) quanto costerà la manutenzione annua e chi la farà?
    27 ottobre 2020 • 11:30Rispondi
  19. ing. arch. de Rinaldo Elio... c'è sempre grande preoccupazione da parte di molti per come si spendono soldi siano essi Pubblici che Privati...l'importante per questi molti e' cercare di non fare mai granché più di niente pur di vivere di Rendita alle spalle di chi fa qualcosa...di giusto o di sbagliato...che sia...
    4 novembre 2020 • 09:32Rispondi
    • Annalisa FerrarioLe rendite sono generate spesso e volentieri dai lavori inutili, si ricordi
      4 novembre 2020 • 11:32
Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. Tutti i campi sono obbligatori.

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.


Sullo stesso tema


23 aprile 2024

IL BOOM DELLA DESIGN WEEK

Gabriele Lussu






19 marzo 2024

STRUZZI, SQUALI E AVVOLTOI

Giuseppe Santagostino



5 marzo 2024

MODELLO MILANO DOVE SEI?

Licia Martelli



20 febbraio 2024

URBANISTICA SOTTO INCHIESTA A MILANO

Ugo Targetti





Ultimi commenti