24 aprile 2018

sipario – TRA NUOVO E MODERNO «LE CORSAIRE» ALLA SCALA


Teatro alla Scala di Milano, recita del 20 aprile 2018 (prima rappresentazione assoluta)

Le Corsaire. Balletto in tre atti e sette scene di Anna-Marie Holmes, dal libretto di Jules-Henry Vernoy de Saint-Georges e Joseph Mazilier, tratto dal poema The Corsair di Lord Byron. Coreografia di Anna-Marie Holmes dopo Marius Petipa e Konstantin Sergeev, assistita da Natal’ja Achmarova. Musiche di Adolph Adam, Cesare Pugni, Léo Delibes, Riccardo Drigo, Peter von Oldenburg. Scene e costumi di Luisa Spinatelli, assistita da Monia Torchia. Luci di Marco Filibeck. Nuova produzione del Teatro alla Scala.

Nicoletta Manni (Medora), Martina Arduino (Gulnare, la schiava prediletta del pascià), Timofej Andrijašenko (Conrad, il corsaro), Marco Agostino (Lankendem, il capo del bazar), Antonino Sutera (Birbanto, il falso amico di Conrad), Mattia Semperboni (Alì, lo schiavo), Antonella Albano (Zulmea, l’amante di Birbanto). Tre odalische: Virna Toppi, María Celeste Losa, Alessandra Vassallo. Alessandro Grillo (il pascià). Due coppie di corsari: Emanuela Montanari, Mariafrancesca Garritano, Christian Fagetti, Massimo Garon.

Corpo di Ballo del Teatro alla Scala diretto da Frédéric Olivieri con la partecipazione degli allievi della Scuola di Ballo dell’Accademia Teatro alla Scala diretta da Frédéric Olivieri. Orchestra del Teatro alla Scala, direttore: Patrick Fournillier.

 

sipario16FB_1«Il balletto era stupido: l’ho voluto cambiare». Così alla conferenza stampa di presentazione esordisce l’arzilla coreografa che non sente il peso degli anni. Anna-Marie Holmes dal Canada e dopo tanti anni trascorsi al Teatro Kirov, oggi Mariinskij, viaggia in tutto il mondo per ricostruire i grandi balletti sovietici pietroburghesi, che aveva imparato da Konstantin Sergeev e Natal’ja Dudinskaja.

Le Corsaire, così com’era al Kirov, non le piaceva. Quello di Grigorovič e poi di Ratmaskij del Teatro Bol’šoj di Mosca lo trova «troppo lungo e noioso» per il pubblico occidentale. Ecco perché decide di riscriverne una drammaturgia e una coreografia sua, pur mantenendo i caratteri eminentemente ‘russi’ del balletto. Alla Scala, questa è una nuova produzione assoluta, soprattutto nuova perché non si vede la presenza di ospiti e sarà trasmessa per la prima volta nei circuiti cinematografici e sulla Rai.

La versione di Holmes è nuova, ma non è moderna. Il suo Corsaire rimane una “ballettone” per i solisti e i primi ballerini, che risultano curati anche nei minimi dettagli. Tuttavia, il corpo di ballo resta un po’ troppo relegato alla pantomima, al contorno e le sue danze risultano prive di una brillante inventiva coreografia.

Troppo schematica la danza nella sua scacchiera e addirittura il corpo di ballo risulta ‘abbassato’ a intermezzo, come nell’atto I in cui i corsari ballano mentre fuori dalla scena si consuma il rapimento di Medora e le compagne da parte di Conrad, Birbanto e i corsari. Sarebbe stato bello vedere in danza il rapimento. In questo, sono visionarie e davvero moderne le coreografie di Nureev, soprattutto per lo spazio e la coreografia del corpo di ballo, basti pensare al suo Lago dei cigni, alla sua Cenerentola o al valzer dei fiori nel suo Schiaccianoci.

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Ho particolarmente apprezzato la scelta di spostare le tre odalische dall’atto III nel palazzo del pascià al bazar dell’atto I, in cui diventano tre compagne di Medora e Gulnare, che danzano per farsi scegliere dal pascià. Infatti, dice Holmes «che aveva più senso [drammatugico] presentarle prima che fossero vendute come schiave» (dall’intervista di Valentina Bonelli sul libretto di sala), perché alla corte del pascià l’intera scena 2 è occupata dalle ventiquattro danzatrici de Le Jardin animé.

Il pas de trois delle odalische risulta infatti come un blocco meglio evidenziato in questa posizione del balletto e le tre scaligere Toppi, Losa e Vassallo hanno mostrato un’ottima qualità non solo tecnica, ma anche stilistica dell’orientalismo e del virtuosismo delle variazioni.

I primi ballerini e i solisti sono stati curati particolarmente: infatti, il balletto Corsaro nella più antica tradizione zarina e sovietica mostra un gran numero di variazioni, passi a due e a tre per ‘accontentare’ le numerose stelle presenti nei Teatri di San Pietroburgo e di Mosca. Da notare la frizzantezza e il carattere di una coppia ormai a lungo consolidata di Nino Sutera e Antonella Albano. Il Birbanto di Sutera è un danzatore energico e ‘di carattere’ in senso sia letterale sia coreico, così come la Zulmea di Albano, una danzatrice che si ispira alla veracità di una commedia anni ’50 con Sophia Loren.

Timofej Andrijašenko, abituato nei ruoli di principi romantici come Albrecht o Siegfried, si è trovato a cimentarsi in un ruolo particolare: un eroe nuovo, che «di byroniano non ha più nulla» (Holmes alla conferenza stampa), un corsaro che deve essere romantico e impulsivo, simile a Lenksij dell’Onegin di Cranko o ad Armand della Dame di Neumeier. Con Nicoletta Manni ha danzato il passo a due delle stelle in modo tecnicamente sicuro, in cui Manni ha mostrato meglio il lato lirico del momento.

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Quello che è spesso rappresentato nei gala come passo a due tra Medora e lo schiavo Alì è nella versione del Kirov un passo a tre, in cui interviene anche Conrad. Tutti e tre (Andrijašenko, Manni e Mattia Semperboni) un po’ più timidi nell’adagio, in cui è trasparita una maggiore attenzione al dato tecnico. L’elemento tecnico ha trovato il suo exploit nella variazione dello schiavo Alì: Mattia Semperboni ha mostrato un virtuosismo non comune nel giro (quattro o cinque pirouettes di chiusura dai già sedici tours à la deuxième), velocità e precisione di linee nel salto e negli atterraggi, nel manège. Di strada, da quel Corsaro al gala palermitano dell’estate 2015 con Gaia Andreanò raccontato nella mia intervista, Semperboni ne ha fatta, arrivando a sostituire il primo ballerino Claudio Coviello infortunato nella prima rappresentazione!

Splendido nella dinamica, nella delicatezza e nello stile il pas d’esclave di Martina Arduino e Marco Agostino. Agostino, senza dimenticare la solida tecnica, ha mostrato un lato più ironico del suo carattere con questo Lankendem che Holmes ha trasofmato da mimo a danzatore; prima aveva danzato ruoli ‘seri’ (inteso nel carattere del personaggio) come Lenskij, Des Grieux e il Rothbart di Nureev. Martina Arduino è un crescendo di personalità: dopo il suo memorabile «Boléro» di Béjart, anche la sua Gulnara è un personaggio che fa sognare. Una schiava, venduta al pascià, che diventa la preferità dell’harem e fugge con la sua amica Medora e la ciurma corsara, ormai ridotta ad Alì e Conrad, con Arduino diventa un personaggio simbolo della condizione femminile.

 

Domenico Giuseppe Muscianisi

 

Foto di Marco Brescia e Rudy Amisano (Teatro alla Scala): 1. Mattia Semperboni nella variazione dello schiavo Alì (atto II); 2. Nicoletta Manni, Martina Arduino e Alessandro Grillo nell’atto III scena 3. Il naviglio nello schiacciato prospettico di Luisa Spinatelli prima della tempesta.

 

La rubrica è a cura di Domenico G. Muscianisi
rubriche@arcipelagomilano.org

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