17 aprile 2018

MILANO MOTORE DI UNA NUOVA POLITICA DI SVILUPPO DEL PAESE

Come assumere un ruolo di traino


I risultati delle ultime elezioni confermano la netta discrasia tra Milano e il resto della Lombardia e del Paese. Appare legittimo domandarsi se Milano abbia la capacità di interpretare il cambiamento in corso nell’economia italiana ed europea e se Milano rappresenti il motore del Paese o piuttosto goda di una posizione di rendita dovuta al fatto di essere comunque al centro dei flussi del risparmio nazionale e dei flussi di esportazione e importazione a scala internazionale.

03cappellin15FBA livello nazionale è necessaria una nuova politica economica che parta dagli interessi dei cittadini-consumatori-risparmiatori e dalle piccole imprese e non risponda prioritariamente agli interessi della grande impresa e delle grandi banche. Tale politica deve creare sviluppo, occupazione, innovazione e investimenti in capacità produttive e nuovi posti di lavoro qualificati e non mirare solo alla stabilità finanziaria del bilancio pubblico e di quelli delle banche, determinando un aumento continuo della ricchezza di coloro che hanno già di più e aumentando le disparità sociali.

Errore cruciale delle politiche economiche recenti è stato quello di tagliare gli investimenti urbani: in costruzioni private e quelli degli enti locali in particolare. Milano deve svolgere un ruolo determinante nell’affrontare problemi fondamentali in Italia, come sono quelli degli investimenti, dell’innovazione, della diversificazione delle produzioni e della valorizzazione delle risorse umane, dato che tutti questi problemi si giocano innanzitutto nelle città ed è quindi necessario a partire da Milano e la Lombardia.

Milano potrebbe quindi essere l’esempio di un nuovo modello di sviluppo dell’economia italiana basato sulla crescita della domanda interna per consumi da parte delle famiglie e di investimenti in innovazione, creazione di nuove produzioni e valorizzazione delle risorse intellettuali da parte delle imprese. Infatti, le persone sono il vero motore dell’innovazione e Milano deve puntare sulla qualità della vita e del lavoro delle persone, se vuole tornare ad essere il laboratorio di una nuova fase di sviluppo economico del Paese. Molte indicazioni di politica economica in questa prospettiva sono illustrate nei tre ebook del Gruppo di Discussione “Crescita, Investimenti e Territorio” (http://economia.uniroma2.it/dmd/crescita-investimenti-e-territorio/ ) e nel recente “Manifesto Benessere, Occupazione e Innovazione”, firmato da 55 noti esperti e discusso con tutti i partiti politici in Lombardia prima delle elezioni.

Dal punto di vista dell’economia reale, lo sviluppo dipende dall’equilibrio tra i flussi di lavoro e di beni/servizi che originano dalle imprese e dalle famiglie, dato che queste ultime esprimono nuovi bisogni di servizi individuali e collettivi e quindi di infrastrutture e di soluzioni tecnologiche e sono il vero motore dell’innovazione per le sempre maggiori competenze tecniche e organizzative e i maggiori livelli di istruzione dei lavoratori. D’altro lato, le imprese milanesi devono essere in grado di utilizzare in modo più efficace, e non solo più efficiente, le migliori competenze dei lavoratori assegnando agli stessi compiti nuovi e devono essere in grado di diversificare le loro produzioni tradizionali per offrire i servizi e beni che altrimenti verrebbero importati da altri paesi, più veloci nell’adottare le innovazioni.

Dal punto di vista dell’economia finanziaria, lo sviluppo dipende dall’equilibrio tra risparmi e investimenti, dato che il forte risparmio nazionale in Italia si traduce sempre più in investimenti all’estero e questo pregiudica la crescita della produttività, dei salari e della stessa domanda interna. Milano non deve essere solo una piazza finanziaria ove viene gestito il risparmio nazionale, i depositi bancari e gli investimenti finanziari delle famiglie italiane, ma innanzitutto il centro decisionale ove i fondi raccolti sia all’interno sia all’estero vengono orientati a investimenti innovativi, come quelli nella ricerca, nella formazione superiore, nelle nuove tecnologie, nella creazione di nuovi posti di lavoro, negli impianti produttivi delle imprese esistenti in Italia e in nuove imprese anche di medie e piccole dimensioni, in modo da diversificare il tessuto produttivo troppo tradizionale esistente in Italia.

Le città intelligenti (“smart”) non sono solo quelle che investono nelle tecnologie dell’informazione ma anche quelle che investono nell’efficienza energetica, nella cultura e formazione e in tanti altri settori innovativi. Una migliore qualità della vita e una maggiore crescita economica nella città e nella regione richiedono grandi investimenti, che diano una risposta ai bisogni nuovi e tuttora insoddisfatti dei cittadini in termini di: a) abitazione, b) mobilità, c) cultura e tempo libero, d) salute e formazione, e) verde e sostenibilità ambientale, come illustrato nei lavori del Gruppo di Discussione “Crescita, Investimenti e Territorio”. Questi investimenti creeranno nuove attività produttive innovative e posti di lavoro (nei servizi e nell’industria) che attireranno risorse umane di giovani e di lavoratori qualificati, che renderanno l’area milanese e la Lombardia sempre più dinamiche e attrattive.

Dal punto di vista della struttura fisica-territoriale, il problema è quello di rilanciare il settore dell’edilizia o immobiliare dal quale dipendono migliaia di posti di lavoro e potenziare le infrastrutture a rete di trasporto e dei diversi tipi. Il rilancio economico della città e anche della Lombardia può essere stimolato dalla riqualificazione degli scali ferroviari dismessi non solo a Milano ma anche in modo coordinato nelle altre città industriali della Lombardia e dal rilancio connesso della rete regionale del trasporto ferroviario.

Analogo stimolo all’investimento viene dall’urgenza di interventi per il recupero dal degrado delle periferie urbane, nelle quali si concentrano urgenti problemi sociali e di ordine pubblico. In particolare, il problema della casa è certo in un’area metropolitana un problema più urgente che nel resto del Paese e richiede prioritariamente di favorire molto di più l’affitto e gli usi di tipo transitorio del patrimonio immobiliare rispetto alla proprietà, dato che i cambiamenti demografici e economici richiedono alle persone di cambiare più volte la propria residenza secondo le prospettive di lavoro, l’età, il sempre maggiore numero di famiglie con un solo componente o di minore dimensione ed anche l’evoluzione delle capacità di spesa e delle preferenze delle persone. Inoltre, è necessario favorire il riuso a scopi residenziali dei molti edifici lasciati liberi da attività di ufficio che si sono spostate in aree più periferiche data la congestione del traffico e il bisogno di edifici più moderni.

D’altro lato, non c’è crescita degli investimenti della città senza un nuovo e maggiore coinvolgimento del sistema finanziario e sono necessari nuovi tipi di intermediari finanziari per uscire dall’attuale situazione di “sottocapitalizzazione” delle città. La crisi delle banche sia di grandi che di piccole dimensioni dimostra la necessità di stimolare il finanziamento degli investimenti sia produttivi che infrastrutturali da parte di altri soggetti diversi dalle banche, in gran parte poco sviluppati in Italia e Lombardia. Tali sono le società di assicurazioni (private debt), i fondi pensione, i fondi mobiliari per le PMI (PIR), i fondi di private equity e venture capital, i fondi e le società immobiliari, i fondi esteri speculativi (hedge funds), i fondi sovrani esteri e la Cassa Depositi e Prestiti, che dovrebbe essere articolata in ambiti macroregionali e più vicina al territorio come lo era una volta.

E’ anche necessario promuovere l’investimento degli stessi cittadini nel recupero degli edifici, nell’investimento congiunto da parte di condomini e associazioni. In questa prospettiva, è necessario che i Comuni e la Regione attraggano il risparmio privato e sostengano questi investimenti privati a lungo termine anche con strumenti fiscali quali l’esenzione dalle imposte locali, cosi come si sta facendo recentemente a livello nazionale per promuovere la quotazione in borsa di società di capitali di piccole dimensioni. Infine, un ruolo cruciale sia nell’organizzazione dei progetti di investimento che nel loro finanziamento tramite l’accesso al mercato dei capitali può essere svolto dalle grandi imprese municipalizzate (“multiutilities”), che sono già quotate in borsa.

La diversa natura degli investimenti necessari per una città-regione moderna richiede una governance diversa delle relazioni tra le istituzioni ai diversi livelli: locale, regionale, nazionale ed europeo. È necessario che Milano si “allarghi” nella prospettiva di una città-regione caratterizzata da una forte interconnessione interna, con forti flussi interni materiali e immateriali e che si apra maggiormente non solo all’economia internazionale ma anche verso il resto del paese, sviluppando un forte rapporto di cooperazione con le altre regioni del Nord e con il Centro e una nuova relazione con il Mezzogiorno.

Milano non può essere solo il centro direzionale per alcune grandi imprese o un bel quartiere residenziale per le élites del Paese e non deve isolarsi rispetto al resto della Lombardia e del Paese, ma come le altre grandi aree metropolitane europee (Parigi Londra, Berlino, Vienna, Varsavia, Barcellona) deve essere strettamente connessa con il resto della città-regione, altrimenti a differenza delle altre grandi città europee non potrà esercitare un rilevante effetto sull’economia nazionale.

Infine, nel settore degli investimenti pubblici a medio termine, è necessario un ribilanciamento dei poteri a favore dell’Area Metropolitana Milanese rispetto a quelli del Comune di Milano ed è necessario tornare ad un ruolo chiave delle Province nelle altre aree della Lombardia, dato che il coordinamento delle strategie di sviluppo delle diverse aree richiede necessariamente un dialogo tra l’Area Metropolitana Milanese e istituzioni analoghe di area vasta e radicate nei rispettivi territori, al di là di un orientamento strategico a scala regionale.

In conclusione, il problema delle politiche urbane e regionali non è solo quello di individuare “che cosa fare” e “come fare”: aspetti sui quali ci sono molte proposte, ma soprattutto quello di decidere il ruolo dei diversi attori pubblici e privati e di tipo pubblico-privato e quali sono le diverse aree territoriali di intervento prioritario tenuto conto delle rispettive vocazioni.

 

Riccardo Cappellin
Professore Ordinario di Economia Applicata, Università di Roma “Tor Vergata”

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