3 aprile 2018

IL D.U.P: UN DOCUMENTO IMBARAZZANTE

Dov'è il quadro della compatibilità economica?


Il Documento Unico di Programmazione 2018-2020 (DUP) è molto difficile da commentare. Segnala una cultura amministrativa molto lontana dagli standard internazionali. Infatti c’è da chiedersi come sia venuto in mente al Comune di fare un documento di programmazione senza una minima indicazione di come allocare le scarse risorse economiche, note anche come “soldi dei contribuenti”. Il problema evidentemente è percepito come irrilevante: una volta che costoro hanno pagato le tasse, quei soldi non sono più loro, quindi non vale nemmeno la pena di entrare in dettagli. Sono diventati “cosa nostra”.

03ponti13FBProviamo, con molta pazienza, a configurare un documento di programmazione in un paese civile:

– si inizierebbe con una analisi critica del quadro delle risorse disponibili oggi e nel periodo di piano. Essendo tali risorse solo parzialmente certe, ci si premurerebbe di evidenziare il fatto, anche con ipotesi alternativa (da un minimo ad un massimo ecc.). Si evidenzierebbero le fonti (statali, regionali, locali, e da tariffe per l’uso dei servizi)

– si evidenzierebbe l’attuale allocazione delle risorse nei principali settori, analizzandone le criticità e le tendenze. Per fare solo alcuni esempi, struttura, costi e produttività attuale del personale, logiche e meccanismi di affidamento esterno, partecipate ecc.

– si considererebbero poi alcuni scenari alternativi di allocazione futura delle risorse per macrosettori, al fine di giustificare per confronto le più rilevanti scelte effettuate

– si procederebbe poi in modo più dettagliato con una analisi dei costi previsti delle singole iniziative, e, se non dei benefici, dei risultati che si intendono conseguire, che ne argomentino e giustifichino l’ammontare (perché non di più o di meno?). Nel documento non c’è un singolo dato di costo delle iniziative proposte. L’elenco di tali iniziative, si badi, è interminabile. Ed infatti, mancando i costi, non è chiaro perché sia terminato: avrebbe potuto tranquillamente andare avanti all’infinito

– inutile osservare poi che oggi sono disponibili per molti settori sofisticati strumenti di ottimizzazione dei risultati (analisi costi-benefici sociali), ma anche dell’efficienza-efficacia degli apparati amministrativi preposti a tali settori al fine di evidenziare la possibilità di ridurne i costi per unità di prodotto.

Non illustrare né programmare alcuna riduzione di costi gestionali ed amministrativi (es. con interventi tecnologici) di per sé è un segnale inquietante.

***

Veniamo ad un settore di competenza di chi scrive, la mobilità ed i trasporti, ma per ora vediamo solo alcuni punti del sommario iniziale del capitolo:

– Ridurre il numero di auto che entrano e circolano in città, affiancando ad Area C una Low Emission Zone, con attenzione particolare alla logistica

Questo fa sembrare che l’aria di Milano sia avvelenata, mentre è grandemente migliorata, e non grazie al TPL, ma al progresso tecnico dei veicoli. Perché non dare i dati del miglioramento dell’aria (potrebbe anche essere motivo di vanto…)? Poi notoriamente il traffico stradale non è che una tra le diverse fonti di inquinamento urbano, ma è sicuramente quella che “internalizza” di più, secondo il sacrosanto principio ambientale “polluters pay”, cioè far pagare ai colpevoli per via fiscale i danni che fanno. Ma, si sa, l’ideologia anti-automobilistica è così “politically correct”.

– Continuare ad investire sul trasporto pubblico locale: a partire dalla costruzione della M4, realizzare più linee, più chilometri, più accessibilità, più velocità commerciale, estensione degli orari e innovazione tecnologica, miglioramento delle linee di quartiere in periferia, per rendere la vita più facile a residenti, city user e turisti;

Ottimo, ma quanto costa? Chi paga? Quanto di questo finisce nelle tasche dalla rendita immobiliare, facendo crescere i prezzi di affitti e valori capitali? E continueremo a sussidiare i ricchi con tariffe bassissime rispetto all’Europa?

– Prolungare le linee della metropolitana per connettere meglio Comune e Città Metropolitana.

Questo costa davvero molto caro. Non ci sono per caso alternative meno onerose? Sono state fatte analisi costi-benefici comparative, visto per esempio che l’analisi economica del prolungamento della linea 5 dà risultati, al meglio, marginali, e questo senza tener conto del costo-opportunità marginale dei fondi pubblici?

Perché non si parla dell’incombente gara per l’affidamento dei servizi oggi gestiti da ATM? Si intende mettere un minimo di vera competizione nel sistema per ridurne i costi? Si sa che la gran parte dei milanesi crede che ATM sia davvero in attivo, quando invece costa ai contribuenti un milione di Euro al giorno? Si sa che le nuove metropolitane aggiungeranno un altro mezzo milione al giorno a questi costi?

Nel testo più dettagliato si afferma anche, con vero sprezzo del pericolo, che il Comune intende mantenere pubblica la proprietà dell’azienda. Affermazione analoga d’altronde ha fatto il comune di Genova. Ora, c’è un piccolo problema logico: siamo in vista di una gara, che, per legge, è aperta anche a privati. Affermare un principio di quel tipo fa pensare che si tenda ad un risultato preconfezionato dell’esito, visto che il Comune ha molti strumenti (del tutto legali, si badi) sia tecnici sia di “moral suasion” per dissuadere concorrenti scomodi che potrebbero turbare il felice “status quo”.

Ma è chiaro dal documento che un arido approccio economicistico come quello suggerito in questa nota, è lontanissimo dalla “cultura” che il documento così efficacemente esprime.

Marco Ponti

 

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