10 aprile 2018

MILANO LAVORA

Poca politica nel DUP. Toppo poca


Il Documento Unico di Programmazione (DUP) del Comune di Milano è sottovalutato. Forse per la complessità delle sfide o per l’incertezza della Città Metropolitana (MCM). Penso che Milano ce la farà. Alcune grandi Missioni sono messe a fuoco: periferie e scali come spazi e risorse strategici (sociali e materiali); sviluppo per via innovativa e sostenibile; collaborazione tra pubblico e privato (un nuovo mondo); ambiente, verde, vivibilità; lavoro come punto di forza che abbatte confini e tende a farsi imprenditivo e responsabile; Istituzioni di sostegno e guida, rodate e nuove.

bizzotto14FBA questo DUP manca il contributo (di visione) della Politica e dei Partiti. È il nostro ritardo, nel passaggio verso l’Europa. Ora la competizione tra Metropoli non consente di adagiarsi sulla buona amministrazione. Serve una mobilitazione a scelte con sguardo lombardo, che rispetti e non aspetti i tempi del Paese. Oltre gli schemi del ‘900, dove bastava sviluppo e lavoro pur che sia. È con scelte e Istituzioni per la gestione di Possibilità & Rischi (insieme) che le città attirano investimenti, talenti e studenti. Quali scelte? Vado, da politico dilettante, per 6 punti (miro al Lavoro):

1. L’orizzonte MCM va ripreso. Il DUP qui è ondivago; possiamo dire aperto. Il Contado conta, e prevale per molti aspetti; è una periferia, una risorsa. Va costruita la governance. Senza, nessuno si muove. Poi il Contado provocherà un terremoto. Una strategia convincente lo anticipi. I soldi verranno.

2. Lo sviluppo economico. Bene lo Sportello Unico Attività Produttive. Non basta dire innovazione. Vanno individuati i criteri dello sviluppo qualitativo atteso: comprendere, promuovere, orientare e rischiare il consenso. La scelta implicita nell’innovare va declinata: incentivare la crescita di valore (anche non profit, nel tempo dei robot) e mirare a ridurre ingombri, volumi, traffico, emissioni.

3. L’abitare sostenibile, mixato al lavoro agile, sarà cuore delle città. Superare la divisione architetto/urbanista (Le Corbusier): la casa non separata dal contesto; lo sviluppo in altezza con massiccio recupero di verde; i servizi che vanno al cittadino, non il contrario; la vita di relazione, comunitaria, che riprende spazi e respiro; la città come hub di molta parte della mobilità e del trasporto. Una Porta Nuova in ogni città.

4. Infrastrutture di territorio (di relazione, comunicazione, mobilità e vivibilità). MCM deve essere visionaria. La crescita quantitativa ci porta al limite, cambia il paesaggio; i rischi di catastrofi e involuzioni sono alti. Il pendolo deve andare verso infrastrutture smart. Il sistema dei trasporti, ad esempio. Cresciuto oltre misura il trasporto di persone passivo e privato, va dato spazio al trasporto attivo (a piedi, in bicicletta) e pubblico (Metropolitane: una rete policentrica lombarda, non meno). Al trasporto di merci serve un’infrastruttura specifica. Oggi è caos. E tutto chiama al riassetto idrogeologico. Qui il pubblico amministratore si chiede: dove troviamo i soldi?

5. Risorse. Le idee e i progetti sono più importanti; se sono adeguati, trovano investitori e fanno lavoro. Qui possiamo scoprire il nuovo mondo (la collaborazione tra pubblico e privato – il DUP vi fa conto). Un esempio: Solvency II. La Direttiva Europea 97/16 libera l’Assicuratore – investitore istituzionale da 800 miliardi – da particolari vincoli e lo impegna a fare “investimenti prospettici”, cioè a mettere in sicurezza i bilanci contribuendo a mettere in sicurezza il futuro e i rischi che ha o metterà in pancia. Semplice e “rivoluzionario”, ha detto Salvatore Rossi, presidente di Ivass. E Maria Bianca Farina, presidente di Ania (l’Associazione delle compagnie) – in una bella intervista del 1° marzo al Corriere della sera –, riflette su questa lunghezza d’onda (infrastrutture per il Paese e “gestione ex ante dei rischi, non più ex post dei danni”) e annuncia la creazione di un fondo di 15 miliardi. Una disponibilità molto significativa.

6. Con il Lavoro il cerchio si chiude. Croce del ‘900, può essere il fattore innovativo chiave di MCM. La Germania è al vertice in Europa per due mosse: la Cogestione nelle grandi imprese (la partecipazione seria che fa condivisione, dedizione, flessibilità) e l’Agenzia pubblica del lavoro Ba che, nel mondo delle PMI, accompagna inoccupati e disoccupati e fa mobilità, mette il collaboratore giusto con l’imprenditore giusto; concentra il dialogo sul merito della produzione, non ne brucia metà nell’antagonismo. Il conflitto di relazione viene mediato sul territorio. Spesso anticipato.

Ora, MCM ha bassa disoccupazione (al netto del problema Giovani) e alte professionalità (specialisti, autonomi, coordinati) senza pari in Europa (Ocse). Serve un approccio positivo e attivo (non solo “per inoccupati e disoccupati” – DUP), che dimostri possibile la mobilità (superabile la precarietà) e faccia leva – a partire dai Giovani e dalla Formazione mirata – su competenze e lavoro di gruppo. Per tutti i ruoli, anche i più umili. Il cyber risk dimostra, infatti, la delicatezza e la domanda di cura delle relazioni interne d’impresa. Questa ha in media 5 dipendenti: non può avere il carico di responsabilità della fabbrica fordista; e non può essere né un parcheggio né una galera. Con l’approccio positivo per tutti si promuove il lavoro e l’inclusione (il 68% si sente escluso – SWG), mentre tutele universali e protezione nel bisogno costano molto meno.

MCM ha già l’Istituzione che serve: l’AFOL, Agenzia Formazione, Orientamento e Lavoro. È costata 2 miliardi. La valorizzi e apra a diversi contributi. Ne parli con la Regione (competente politico) e con l’AFOL sorella di Monza e Brianza. Proponga un test lombardo di Politiche attive. Per il Paese. L’UE lo finanzierà.

A Sala direi: a Milano serve uno sguardo più Politico. Organizzi la partecipazione non episodica ai progetti per MCM. Faccia ipotesi, si misuri, rischi apertamente. È nel suo carattere. Non si faccia chiudere. Ci faccia sognare.

Francesco Bizzotto

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