27 marzo 2018

IL DOCUMENTO UNICO DI PROGRAMMA

Lacunoso, lontano dall'Europa , non all'altezza delle ambizioni milanesi


La lettura del DUP -Documento Unico di Programmazione 2018 /2020 -per lo stile con cui è scritto ed il modello contabile che propone ai più longevi ricorda le prime giunte di centro-sinistra con i brogliacci dell’Assessorato ai lavori pubblici, nei quali si trovava, in logica perfettamente casuale, di tutto: dalla spesa per il rubinetto di una scuola al finanziamento di un’importante infrastruttura.

02longhi12FBLa lettura del Documento non è indolore, occorre avere la capacità di consultare ben 311 pagine di elenchi di opere di varia importanza e dimensione, un’operazione fantozziana risparmiata ad esempio ai più fortunati cittadini di Stoccolma, il cui budget è costruito per essere letto in due minuti.

Ricordano gli autori del DUP che la struttura del documento risale al D. Lgs. 267/ 2000 ed il suo ruolo è di definire la guida strategica ed operativa della Città metropolitana, come “presupposto indispensabile per l’approvazione del bilancio di previsione”. Esso si compone di due sezioni: strategica ed operativa. Ma quella operativa è solo descrittiva, è un elenco di opere che manca di una qualsiasi metrica (ossia non è definito il valore o la superficie, o l’impatto sociale o quello ambientale delle iniziative programmate) per cui è impossibile stabilire un rapporto con il bilancio di previsione, né il valore che gli interventi intendono creare o i legami con potenziali co-finanziamenti esterni al Comune di Milano.

La sezione strategica è accompagnata da un impianto statistico la cui debolezza è tale da inficiare le scelte stesse perché non è chiaro su quale base siano state fatte. Infatti, il punto “Caratteristiche generali della popolazione, del territorio, dell’economia insediata e dei servizi dell’ente” viene liquidato: per la popolazione con la dinamica anagrafica elementare del comune (nati, morti, occupazione, scolarità…), per l’economia con le statistiche dei consumi, dell’indice dei prezzi e dell’inflazione, il territorio con l’indicazione della superficie totale.

Sarà vero che questo impianto è richiesto dalla norma dell’anno 2000 (genericamente valida per tutti i comuni italiani), ma è pur vero che una grande metropoli dovrebbe integrare questa base secondo alcune direttrici:

– per la popolazione sono indispensabili almeno l’articolazione spaziale e sociale dei dati (la Città metropolitana e il Decentramento hanno nel Documento una citazione di 8 righe – pag. 23). Ormai tutte le metropoli articolano i dati demografici in classi che vanno dalla “gloriosa generazione” (nati prima del 1945) ai “post millenials” (nati dopo il 2010) a causa dell’eterogeneità di culture, aspirazioni e valori che caratterizzano i diversi gruppi di popolazione;

– per l’economia è fondamentale la connessione fra innovazione e attese di occupazione, al fine di comprendere gli effetti spaziali e sociali dirompenti che deve affrontare la metropoli;

– per il territorio come è possibile gestire una metropoli senza una adeguata conoscenza dei diversi elementi che compongono il capitale naturale? Così come è possibile ridurre le strutture ad alcuni standard di piano? E’ fondamentale avviare una rilevazione della consistenza e valore delle risorse naturali a scala metropolitana secondo i principi della Convenzione internazionale sulla Biodiversità.

Da queste lacune sui dati non possono che derivare lacune sostanziali nell’impostazione strategica della politica municipal/metropolitana, dovute allo scollegamento con la realtà delle risorse umane e alla non conoscenza operativa delle risorse naturali; tali lacune portano inevitabilmente alla sopravvalutazione dell’importanza degli elementi immobiliari: aree post-expo, aree degli scali, case popolari a scapito di elementi quali il sapere, l’occupazione, le nuove infrastrutture (specie quelle cognitive e di comunicazione).

Stiamo pagando il prezzo della sottovalutazione del ruolo (economico e sociale) dei nuovi strumenti analitici a disposizione della municipalità, come quelli adottati dalla Citizens Budget Commission di New York e, ancor prima (dal 1997) dalla Boston Indicators.

In effetti non si può pretendere di impostare e gestire uno strumento di bilancio metropolitano come il DUP sulla base di una compilazione dettata da una norma del 2000. Da allora nel campo della contabilità si sono verificati cambiamenti sostanziali: uno strumento all’origine descrittivo-monetario ha visto evolvere la sua metrica. Prima con i sistemi di contabilità integrata, poi con l’uso di principi contabili diversi da quelli monetari con l’assunzione come unità di base dell’account della pressione ambientale, dell’energia o dell’intensità di sapere. Un processo di rilevazioni che ha subito un’accelerazione esponenziale grazie ai big data e ai nuovi strumenti analitici, dall’intelligenza artificiale al deep learning.

L’attuale Documento di Programmazione tradisce il grande ritardo della Metropoli lombarda nel recepire questi nuovi strumenti e metodi, con il risultato di abbassare la qualità delle scelte, influendo negativamente sulla produttività economica e sociale.

Occorre invertire la marcia e impostare la sezione strategica del DUP con lo scopo di sfruttare le ‘miniere metropolitane’: i dati, le risorse naturali, i rifiuti, il sapere, l’upscaling.

I dati: sono il petrolio del 21° secolo e sono una materia prima prodotta dai cittadini. Difendere questa materia prima e avviarne una moderna gestione è una priorità assoluta della nostra municipalità per la rigenerazione della democrazia oltre che dell’economia. Mettere a bilancio un Piano municipale digitale è una priorità assoluta, magari ispirandosi all’esperienza guida il Piano Digitale di Barcellona (2016).

Le risorse naturali: contabilizzare il valore delle risorse naturali metropolitane, comprendendo il patrimonio degli edifici storici è l’inizio di un nuovo rinascimento in cui i processi economici non sono guidati dalla sottrazione di materie naturali, ma dal loro uso sostenibile e biocompatibile, in armonia con le Direttive internazionali sull’ambiente. Le esperienze guida potrebbero essere il progetto DNA Barcode di New York (2011) e Singapore City Biodiversity Index (2014).

I rifiuti: il bilancio della metropoli deve essere informato ai principi dell’economia circolare, ossia deve saper contabilizzare i risparmi di materia ed il valore prodotto dalle politiche di riuso e di recupero, vedi l’esperienza di Rotterdam (2014).

Il sapere: occorre aumentare esponenzialmente l’importazione di nuovi saperi, stimolando il rinnovo radicale dell’istruzione e della ricerca, aumentando a tappe forzate la quota attuale del 7% di studenti stranieri, guardando con attenzione la filosofia di Singapore espressa nel “Progetto Skills versus Degree” della Singapore University (2018).

L’upscaling: tutto questo deve essere inserito in una iperattiva politica di esportazione dei fattori di rinnovo sopra citati, con azioni concordate con le reti internazionali, perché la metropoli Lombarda deve diventare un modello di rigenerazione condiviso e proattivo, riferendosi anche all’esperienza Upscaling Amsterdam (2017).

A questo punto il DUP sarà un capitolo di un’agenda condivisa tra metropoli a scala internazionale.

Giuseppe Longhi

 

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