30 gennaio 2018

ELEZIONI REGIONALI E PROGRAMMI

Non restare indietro rispetto all'Europa


Dai programmi elettorali dei candidati alle prossime elezioni emerge una visione dello sviluppo futuro della Regione ‘pre-digitale’. Vi si scorge ancora un’idea ‘passiva’ degli amministratori, che non propongono connessioni in tempo reale e interattive con i cittadini, vedono le nuove app e software come elementi tecnici destinati ad aumentare in modo lineare l’efficienza della burocrazia e misurano lo sviluppo del territorio semplicemente in metri quadri e metri cubi, ritengono la sostenibilità e la tecnologia un mero miglioramento dell’assetto preesistente.

02longhi04FBSostanzialmente i programmi sottovalutano, o ignorano del tutto, che la prossima tornata amministrativa dovrà seriamente affrontare la realtà di una Lombardia nell’era digitale, i cui motori dello sviluppo sono la crescita delle risorse umane e gli effetti dirompenti delle nuove tecnologie.

In questa chiave occorre realisticamente prendere atto che lo sviluppo della regione non sarà affidato all’implementazione di speculazioni fondiarie di matrice ottocentesca, dominate, ad esempio, dalla dismissione/privatizzazione degli ex scali ferroviari, ma piuttosto dalla crescita del suo capitale umano, sulla cui salute è indispensabile intervenire con celerità. È opportuno segnalare come la grancassa mediatica si sia concentrata sull’immigrazione, ignorando l’importante flusso di emigrazione di giovani qualificati dalla nostra regione (in testa ai flussi regionali di emigrazione con una dimensione doppia rispetto a Sicilia, Veneto e Piemonte). La decrescita del capitale umano regionale è all’origine della caduta di capacità innovativa e della perdita di produttività.

La Regione si trova in sostanziale difficoltà nell’applicare la regola la base del decoupling (ossia aumento della produttività coniugato con la riduzione di uso di capitale naturale), fondamento delle politiche di bilancio e di innovazione dell’UE, da cui segue una pari difficoltà nell’integrazione con le maggiori aree di sviluppo continentali.

In conseguenza di tutto ciò la politica territoriale regionale dovrebbe avere come primo obiettivo lo sviluppo delle risorse umane attraverso il rinnovo delle infrastrutture cognitive, quindi la rigenerazione delle infrastrutture legate alla produzione di saperi, alla ricerca, integrati con il miglioramento delle infrastrutture a disposizione della collettività: alludo a miglioramento del trasporto pubblico locale, ottimizzazione del movimento merci, aumento di qualità del disegno urbano e interventi fisici misurati non solo in base alla superficie, ma anche in base al consumo di energia e alla connettività.

Questo per innescare il volano dell’inversione di tendenza migratoria e dell’attrazione di persone diverse, per stimolare una maggiore crescita. Una ricetta che deve essere coniugata a una coraggiosa politica di esportazione delle politiche locali (up scaling), tesa a replicare le soluzioni regionali su scala nazionale e internazionale, al fine di ritornare ad essere generatori di modelli innovativi di sviluppo (e anche di nuova occupazione!).

In sostanza è virtuoso che la politica regionale per i prossimi cinque anni abbia un legame più stretto con il programma di sviluppo dell’UE Europa 2020 che, ormai in fase di esaurimento, trova continuità con l’Agenda per lo sviluppo sostenibile 2030 dell’ONU, perché, realisticamente, la politica regionale non può prescindere dalla sinergia con gli obiettivi generalizzati della comunità internazionale, di qualsiasi continente o regione.

Tali obiettivi sono riconducibili alle Convenzioni internazionali sull’ambiente, e sono sintetizzabili in:

– una metrica evoluta, grazie all’utilizzo dei nuovi strumenti che vanno dai big data all’intelligenza artificiale;

– processi innovativi ‘dirompenti’ e quindi non lineari per gestire la transizione da processi tecnologici ‘meccanici’ a processi ‘biologici’, per uno sviluppo in cui l’azione dell’uomo deve essere simmetrica con le leggi della natura;

– sistemi di governance digitali ad alta connettività, per superare i tradizionali livelli di rappresentatività delle nostre istituzioni democratiche.

L’uscita dal tunnel, regionale e nazionale, è legata alla severità con cui raggiungere gli obiettivi sopraddetti, una severità che permetterebbe di dialogare con maggiore efficacia con l’UE sulla reale fattibilità locale di ciascun obiettivo. Occorre ricordare a questo punto l’irresponsabilità della retorica “dell’uscita dall’UE”, una scelta che ci isolerebbe dai fondamentali processi di sviluppo in atto e condurrebbe a una crisi strutturale gravissima per la nazione.

Al contrario, è da augurarsi che il mondo politico, accademico e imprenditoriale, affronti con il dovuto impegno gli obblighi (e le opportunità) dell’ultima tranche 2018-2020 di Europa 2020 dedicata alla rigenerazione urbana sostenibile e circolare, i cui programmi operativi (già oggi disponibili) implicano una evoluzione radicale sulle modalità di progettazione sociale e territoriale:

– che deve essere finalizzata a rendere operativi sistemi di governo ‘aperti’: dovrà essere perciò attivato il percorso dai big data all’intelligenza artificiale e avviata una nuova generazione di web capaci di rendere operativo il rapporto diretto fra cittadini e pubblici amministratori;

– che deve prevedere interventi improntati all’up scaling e all’integrazione con le altre piattaforme metropolitane internazionali.

La piena applicazione dei programmi operativi di Europa 2020 porterebbe naturalmente a un’efficace agenda regionale ‘aperta’ di sviluppo, articolata nei seguenti ecosistemi:

– risorse umane: l’agenda dovrà differenziare gli obiettivi rispetto alle sostanziali diversità generazionali, dare trasparenza alla questione della proprietà pubblica dei dati individuali, dare le linee guida per una politica ‘aperta’ di importazione di nuovi saperi;

– risorse naturali: lo scopo è sviluppare azioni per la campagna lombarda come nuovo ‘emirato’ grazie alla concentrazione di fattori rari quali la ricchezza della terra, la disponibilità dell’acqua, la qualità del patrimonio storico. Questo potrebbe diventare il progetto guida per la rivalutazione dei territori di quella che era chiamata la terza Italia, in un disegno di sviluppo non dipendente dalla dimensione metropolitana;

– risorse fisiche: occorre interpretare la nuova dimensione ‘industriale’ della regione e della sua metropoli, a partire dal rapporto con i nuovi settori rappresentati da Google, Facebook, Amazon, che l’Economist chiama le industrie BEED (Big, Anti-competitive, Addictive, Destructive for Democracy).

Penso che le attese della gente lombarda per il prossimo quinquennio si fondino su una responsabile presa di coscienza della realtà da parte dei settori della quadrupla elica – amministratori pubblici, ricerca, imprese, società – : l’idea di un’Agenda ben documentata grazie ad adeguati sistemi di codifica delle informazioni può rassicurare che, dopo tanta propaganda, si stia avviando un serio e faticoso processo di rinnovo dell’economia guidato da forme di democrazia ‘aperta’.

Giuseppe Longhi



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