16 gennaio 2018

cinema – L’INSULTO


L’INSULTO
Un film di Ziad Doueiri.
Con Adel Karam, Rita Hayek, Kamel El Basha, Christine Choueiri, Camille Salameh.
Titolo originale L’insulte. Drammatico, durata 113 min., Libano 2017.

cinema02FBBeirut, oggi. Toni, un meccanico, militante della destra cristiana, ha un alterco con Yasser, un capocantiere di origine palestinese. L’oggetto del contendere: lo scarico di un terrazzo che, non a norma, bagna i passanti. Il palestinese ha il compito di ripristinarlo, ma Toni rompe il nuovo manufatto guadagnandosi un insulto da Yasser. Il carattere dei due rende difficile sia chiedere scusa, sia accettare le scuse. Ci prova il titolare dell’impresa edile, ma la situazione si aggrava: Toni maledice i palestinesi invocando un loro mancato sterminio da parte di Ariel Sharon e Yasser reagisce rompendo due costole al meccanico. L’insulto iniziale innesca una spirale che approda alle aule del tribunale. La questione non è più privata. Gli echi della guerra civile, dell’odio tra fazioni che hanno diviso il Libano prendono corpo. I media li rilanciano, rivelando che nulla è davvero passato e che i palestinesi sono invisi agli eredi dei falangisti, così come i falangisti vengono accusati da giovani palestinesi di essere complici di Israele. Nelle aule del tribunale entra in gioco anche il grande avvocato che patrocina gratuitamente la causa di Toni. Lo fa per mantenere alta la sua immagine e forse entrare in politica. Al grande e astuto avvocato si contrappone una giovane legale, al suo primo processo penale. È molto motivata, e anche lei lavora gratuitamente. I due legali rappresentano il vecchio e il nuovo del Libano: chi fa leva sull’identità libanese e chi pensa sia necessario voltare pagina, che il Libano ora sia un insieme di identità. I due si scoprirà, sono padre e figlia.

La situazione sembra aggravarsi di udienza in udienza. Interverrà persino il presidente della Repubblica a tentare una pacificazione. Inutile. Eppure sia Toni sia Yasser sono persone comuni, segnate in passato dalla violenza della guerra civile, due vittime. Le loro parole, quindi, anche quando sfuggono, non sono casuali, hanno al fondo una ferita che non si è rimarginata e che è pronta a sanguinare.

Si capiscono Toni e Yasser, capiscono cosa prova l’altro, sanno anche di essere costretti in un gioco più grande che va aldilà della loro vita, al quale non possono sottrarsi.

L’insulto appare in alcuni momenti come una seduta psicanalitica collettiva, che mette sul lettino sia chi ha vissuto la guerra sia chi, nato dopo, la utilizza per opporsi al presente.

La narrazione è sorretta da un solido copione, da dialoghi precisi, senza sbavature. In alcune interviste il regista Ziad Doueiri sottolinea il peso simbolico delle parole, la responsabilità di chi le pronuncia e le loro conseguenze.

Il regista affida a una corte di giustizia l’analisi delle parole e dei fatti delle due parti e chiede che sia fatta giustizia, che ciò che accade nelle aule del tribunale metta fine alla rimozione nel paese, per voltare finalmente pagina.

Ottimo il cast e i due protagonisti, Adel Karam e Kamel El Basta, vincitore della Coppa Volpi nella scorsa edizione del Festival del Cinema di Venezia.

Il regista, di ritorno dalla Mostra di Venezia, è stato fermato a Beirut per collaborazionismo col nemico israeliano. Per fortuna è stato poi scagionato da questa accusa.

Dorothy Parker

 

questa rubrica è a cura degli Anonimi Milanesi
rubriche@arcipelagomilano.org



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