9 gennaio 2018

cinema – LOVELESS


LOVELESS
Regia e soggetto Andrej Zvjagincev
Collaborazione Oleg Negin

cinema01FBZhenya e Boris sono una coppia giovane. Vivono nella periferia di Mosca. Stanno divorziando, lo fanno malamente, dando fiato ai rancori e ai risentimenti che hanno covato negli anni. Tutto senza preoccuparsi del loro figliolo Aliosha. Un ragazzino che pare trasparente ai loro occhi, un impiccio da sistemare una volta separati e venduta la casa.

Sia la bella Zhenya, sia il noioso Boris sono già accoppiati. Lei con un facoltoso uomo di mezza età, lui con una giovane che gli sta per dare un figlio. Concentrati su se stessi, convinti che del figlio si occuperà l’altro, una notte non rientrano, impegnati ciascuno col nuovo partner. Solo al ritorno a casa scopriranno che Aliosha è sparito da ben due giorni. Cominciano allora le ricerche. La polizia non è in grado di condurle accuratamente; impotente, indirizza i genitori a una associazione di volontariato che è dotata di strumenti, tecniche e personale impensabili per le forze dell’ordine.

La scomparsa del figlio costringe i due ex a fare i conti con le loro scelte, a unirsi nelle ricerche, anche se non smettono di odiarsi e litigare.

Insieme si recano dalla madre di Zheyda, una donna burbera che potrebbe aver accolto il nipote nella sua isba. L’incontro è sgradevole, il ragazzo non c’è. La donna si rivela arrabbiata, odiosa, per niente empatica. Si capisce perché Zheyda sia scappata da lei alla prima occasione: l’incontro con Boris. Boris, invece, si scontra con le esigenze della sua nuova compagna che lo vorrebbe vicino.

Durante le ricerche sul territorio si scopre che i genitori non conoscono il figlio, così come non conoscono la zona in cui vivono. Che ne sanno del mega edificio nel bosco, simulacro della vecchia Urss, ora decadente, divenuto il nascondiglio per Aliosha e il suo unico amico?

Si muovono a tentoni nel bosco malconcio vicino a casa, in mezzo alla neve, al freddo respingente, che il figlio attraversava per tornare a casa e dove sventola tra i rami un nastro di plastica che lui aveva strappato. Non sanno nulla di ciò che li circonda.

Zheyda e Boris appartengono alla Russia arricchita che aspira alla modernità , invasa da strumenti elettronici, elettrodomestici e smartphone come ogni città occidentale. Sono attratti dai simboli del benessere, fanno finta di non vedere la povertà, ascoltano distratti le notizie della guerra con l’Ucraina veicolate dalla tv sempre accesa in sottofondo. Occupati dal loro benessere si preoccupano di cavarsela, così come fa Boris, nascondendo il divorzio al suo capo ultraortodosso che altrimenti lo licenzierebbe.

La scomparsa definitiva di Aliosha, introvabile persino nelle terribili visite all’obitorio, non li cambia. La loro libertà è sottrarsi alla responsabilità, anche quella verso un figlio.

Così entrambi ricadono in situazioni fallimentari. Boris replica il copione della famiglia precedente in una casa troppo piccola con la nuova compagna, il nuovo figlio e la suocera; Zheyda nel lussuoso loft del ricco partner, dove la sua illusione di una nuova vita mostra presto le corde, come mostra la scena del tapis roulant in cui la donna corre, nel freddo (non si vede alcuna primavera, con una felpa della Russia.

Gli attori sono antipaticamente bravissimi, la sceneggiatura perfetta, la fotografia ha ricevuto il premio europeo (Efa). Il film, frutto di una notevole ricercatezza formale, è candidato agli Oscar ed ha ricevuto il Premio della Giuria a Cannes 2017. Il regista Andrey Zvyagintsev ha all’attivo film intriganti come Il ritorno e Leviathan.

Dorothy Parker

questa rubrica è a cura degli Anonimi Milanesi
rubriche@arcipelagomilano.org



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