13 dicembre 2017
SMETTO QUANDO VOGLIO AD HONOREM
Regia di Sidney Sibillia, con Edoardo Leo, Stefano Fresi, Neri Marcorè, Luigi Lo Cascio, Valeria Solarino, Italia 2017, durata 96’.
Smetto quando voglio Ad honorem conclude la saga di Sidney Sibillia su una banda di ricercatori (Smetto quando voglio e Smetto quando voglio Masterclass).
I componenti della banda esperti in varie discipline sono tra le “migliori menti del nostro paese”, ma a causa del familismo, della corruzione e della mediocrità che dominano nel sistema universitario, anziché in cattedra o nei laboratori di ricerca si trovano nelle patrie galere. Siccome sono troppo intelligenti per stare insieme, sono dispersi in vari penitenziari. Un’urgenza li indurrà a tentare di riunirsi: un pazzo, ex ricercatore universitario, vessato dai baroni e dall’ingiustizia (in una esplosione nel laboratorio in cui lavorava ha perso le sue ragioni di vita), ha deciso di vendicarsi e, per farlo, ha utilizzato il suo sapere. Ha sintetizzato del gas nervino con cui vuole compiere un attentato eclatante ai danni dell’istituzione universitaria.
L’unico che ha capito il pericolo è il neurobiologo Pietro Zinni, un po’ il capo della banda. Pietro lo dice a tutti, scrive persino al Presidente della Repubblica, ma nessuno gli crede. Viene preso per maniaco. Scopre che a Rebibbia è incarcerato Er Murena, anch’egli ex docente universitario e l’unico che può saper qualcosa sul gas nervino prodotto dal suo collega di un tempo: Walter Mercurio. Grazie alla sua intelligenza Pietro trova il modo di riunire la banda e tentare di bloccare l’attentatore.
L’insieme delle menti, la capacità di trovare soluzioni creative (ed esilaranti per gli spettatori), faranno dei carcerati dei novelli eroi.
I ricercatori di Smetto quando voglio sanno e ci mostrano in che paese siamo, come la meritocrazia resti, spesso, un discorso vuoto sia nelle università sia nei luoghi di lavoro. Eppure l’Università, nonostante le disavventure derivate dalla loro esclusione dalla ricerca accademica, per i membri della banda continua ad essere il sacro luogo del sapere. L’invito allo studio e alla valorizzazione delle conoscenze non viene meno, così come la certezza che il futuro del paese dipende dalla sua capacità di trattenere e valorizzare i suoi cervelli, impedendo loro di metterli al servizio della produzione di smartdrugs.
Il regista conferma nell’intera trilogia la sua originalità di mescolare la tradizione della commedia italiana al cinema di genere. La regia è agile con un montaggio veloce, i colori flou e acidi e la musica adeguata. I dialoghi sono divertenti sebbene nascano da uno sfondo amaro. La speranza sembra non venire meno in questi giovani che si sentono liberi di mettersi in gioco (evadere dal carcere) e decidere cosa salvare (l’Università) anche se è proprio il tradimento di questa istituzione ad averli ridotti allo stato di malavitosi.
Inutile sottolineare che il cast (la banda) recita in totale affiatamento e, pare, divertendosi.
Dorothy Parker
questa rubrica è a cura degli Anonimi Milanesi
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