18 luglio 2017

TRA PERIFERIE E OLIMPIADI: LO SPORT COME STRUMENTO DI RILANCIO

Focali capacità progettuale e interesse della collettività


Tra le notizie degli ultimi giorni, a Milano tengono banco due argomenti che – al di là del mio interesse personale per entrambi – a prima vista appaiono decisamente scollegati tra loro. Il primo è il dibattito sulla questione delle periferie, con le dichiarazioni di Sala, Majorino e altri protagonisti del centrosinistra milanese. Il secondo è l’infrangersi del sogno olimpico, con il CIO che ha scelto Parigi per il 2024 e Los Angeles per il 2028.

04zacchetti27FBNella migliore delle ipotesi, Milano potrà ricandidarsi per l’edizione del 2032 e, fino ad allora, ci si dovrà accontentare delle Olimpiadi degli Oratori organizzate (peraltro ottimamente) da Massimo Achini e dal CSI nell’ex area Expo. D’accordo che lo sport mantiene giovani, ma comunque questa bocciatura e un’attesa di almeno altri 15 anni non sono certo buone notizie.

Qual è il punto di contatto tra queste due questioni? Chiunque conosca sufficientemente bene Milano rimane colpito dalla situazione dei suoi impianti sportivi, che oltretutto stride con le numerose eccellenze che negli ultimi anni hanno riportato la città al centro dell’interesse internazionale. E non solo per Expo 2015 o per la finale di Champions League 2016.

La recente tendenza del CIO incoraggia l’organizzazione “diffusa” degli eventi, per cui non sarebbe stato folle immaginare un’Olimpiade targata Milano, ma con vari eventi da svolgersi materialmente su territori limitrofi, come ad esempio sul Lago di Como per gli sport acquatici o anche in Piemonte, che sull’impiantistica sta molto meglio. Tuttavia, era evidente a tutti la debolezza della candidatura di una città con carenze spaventose come l’assenza di un palazzetto o di una piscina olimpionica.

In ogni caso, sarebbe stato ben poco lungimirante puntare ai Giochi solo attraverso accordi con altre città, senza invece sfruttarli come occasione di rilancio: può anche darsi che l’avremmo spuntata – con la proverbiale abilità italiana nell’arrangiarsi all’ultimo momento – ma certamente non avremmo risolto il problema dei milanesi, che di impianti sportivi all’altezza hanno bisogno tutti i giorni per usarli in prima persona e non solamente durante le Olimpiadi da spettatori.

Solo un grande evento di questa portata o un piano pluriennale da concertare con il Governo nazionale può rimettere in carreggiata una città che, su questo aspetto specifico, sta pagando il prezzo di lunghi anni di inerzia. Ne abbiamo parlato anche durante l’evento organizzato con l’Officina dello Sport di Campo Progressista e alcune eccellenze dello sport cittadino – personalmente mi pare un passaggio ineludibile per poter ragionare sul futuro. Siccome nessun assessore ha la bacchetta magica, cinque anni di mandato sono troppo pochi per sviluppare una strategia che vada oltre il piccolo cabotaggio, quindi bisogna avere la capacità di delineare un percorso diverso.

Altrettanto annosa è la questione delle periferie e ha perfettamente ragione il Sindaco nel ricordare quanto poco si sia fatto negli ultimi decenni. Con il suo predecessore Pisapia il tema è riemerso dalla rimozione collettiva ed è stato messo sul tavolo delle urgenze, ma ci sono ancora montagne da scalare. Mi fa piacere che Sala consideri il tema una sua “ossessione” e ribadisca il desiderio di metterci il proprio impegno personale, insieme a quello della sua Giunta del suo delegato Mirko Mazzali.

Proprio in ragione della fiducia nei confronti di chi è chiamato a occuparsi del tema, mi permetto di suggerire un’ottica leggermente diversa da quella solitamente usata per queste vicende. Il fatto che argomenti come la qualità della vita nelle periferie e l’immigrazione siano al centro del dibattito politico è ormai chiaro a tutti, ma chi conosce lo sport di base sa bene che in tutti questi quartieri, anche i più malconci, quello che non manca è il presidio sportivo. Che sia un campetto di calcio spelacchiato, un oratorio, una palestra dai vetri rotti, lo sport a Milano vive – tra infinite difficoltà – principalmente grazie al volontariato e alla passione di chi lo pratica e di chi lo organizza.

In ognuna di queste realtà è possibile osservare un fenomeno tanto naturale quanto straordinario: lo sport supera ogni differenza e quando scendiamo in campo non c’è fede religiosa, colore della pelle o condizione sociale che tenga. Se questo miracolo dell’integrazione fosse replicato anche fuori dallo sport, sarebbe un cambiamento rivoluzionario. E la cosa più sorprendente è che tutto questo accade appunto attraverso il volontariato, ovvero senza che a sorreggere la buona volontà vi siano conoscenze socio-pedagogiche.

È impressionante pensare a quali risultati potremmo arrivare se ragionassimo sulla formazione diffusa degli istruttori che, oltre a conoscere la propria disciplina, dovrebbero anche possedere strumenti per interagire al meglio con i ragazzi che seguono. Alcune esperienze sperimentali, come il progetto #allenareducare che abbiamo organizzato nel Municipio 7, confermano in pieno questa tesi.

Lo sport è lo strumento principale grazie al quale possiamo integrare gli immigrati – si veda l’esperienza dei Black Panthers – o re-integrare chi vive l’esperienza del carcere, come dimostrato dal Free Opera Brera del collega Alessandro Aleotti e da tante altre progettualità analoghe.

Un’idea più evoluta di politiche mirata allo sviluppo della qualità della vita e del tempo libero viene sollecitata anche dal felice esito di numerose esperienze legate alla pratica di disciplina come lo yoga e la capoeira nei quartieri più difficili della città, così come meriterebbe maggiore attenzione l’attività dei C.A.M. che, tra attività sportive, ludiche e culturali, rappresentano un patrimonio preziosissimo per la vita di tanti nostri concittadini, specialmente anziani.

Tra la necessità di “rammendare” la qualità della vita nei quartieri periferici (per usare l’espressione lanciata da Renzo Piano) e quella di “rattoppare” gli impianti sportivi c’è un filo rosso che, oltretutto, viene stimolato anche dal quadro normativo. Il nuovo Codice degli Appalti e le direttive europee ci impongono di rivedere il sistema di concessione degli impianti pubblici a gestori privati, ovvero associazioni senza finalità di lucro.

Mentre da un lato emerge la necessità di seguire procedure più articolate per gli impianti che producono redditività, dall’altra bisogna necessariamente stimolare l’intervento di investitori privati, essendo notoriamente gli enti locali privi dei mezzi economici necessari. Nemmeno l’amministrazione di una grande città come Milano, purtroppo, fa eccezione.

Dall’altro, vi sono impianti sportivi la cui funzione è meramente sociale e aggregativa. In questi casi, spesso i costi di gestione sono troppo gravosi, anche in funzione delle ridotte entrate e della difficoltà che finora c’è stata nel sostenere i concessionari attraverso provvedimenti di buon senso come la stipula di contratti di fornitura energetica a tariffe agevolata. Un altro provvedimento urgente consisterebbe nella gestione polifunzionale di impianti particolari come le palestre, che solo attraverso un uso intensivo potrebbero ammortizzare i costi: integrare le attività sportive con quelle sociali, in stretta relazione con C.A.M. e C.A.G., sarebbe l’uovo di Colombo.

Per arrivarci, però, serve una regia da parte dell’ente pubblico, che deve dimostrare una visione sufficientemente prospettica da dare il calcio d’inizio a una partita che, necessariamente, sarà conclusa da altri. Bisogna avere capacità progettuale e porre l’interesse della collettività al di sopra di quelle delle parti politiche.

Nelson Mandela diceva che “lo sport può cambiare il mondo” e che non fosse solamente uno slogan ce lo insegna la storia: il processo di riunificazione del Sudafrica nel post-apartheid è stato molto favorito dalla lungimirante politica svolta nei confronti del rugby come elemento di unità nazionale. Le periferie di Milano non saranno lacerate come il Sudafrica di quel periodo così difficile, ma sicuramente necessitano di un intervento efficace. Lo sport, anche in questo, può fare miracoli.

Lorenzo Zacchetti

[correlati tag=”sport-e-citta” titolo= “Sport e città” max=”-1″ col=”2″ battute=”0″]



Condividi

Iscriviti alla newsletter!

Per ricevere in anteprima sulla tua e-mail gli articoli di ArcipelagoMilano





Confermo di aver letto la Privacy Policy e acconsento al trattamento dei miei dati personali



Ultimi commenti