21 giugno 2017
TUTTO QUELLO CHE VUOI
di Francesco Bruni [Italia, 2017, 106’]
con Giuliano Montaldo e Andrea Carpenzano
Alessandro è un giovane annoiato che trascorre le sue giornate al bar con tre amici: Riccardo, Leo e Tommi. Bevono, fumano, giocano a poker e aspettano non si sa cosa, con l’aria di chi è in guerra col mondo. Il padre un giorno gli comunica che deve guadagnarsi da vivere e che potrebbe cominciare accompagnando un signore anziano poche ore al giorno. Fare da “badante” è un mestiere che proprio non si confà all’immagine che Alessandro ha e vuol dare di sé.
Eppure, un giorno sale le scale che lo portano nella casa di Giorgio Gherarducci, insigne poeta che né Alessandro né i suoi amici hanno mai sentito nominare e di cui francamente sono disinteressati. L’uomo, uno splendido Giuliano Montaldo, scambia il giovane per Carlo, il fratello che ha perso in gioventù, oppure per altre persone. La sua mente non è più salda, affetto da Alzheimer, il poeta alterna momenti di lucidità ad assenze e fantasie che hanno il pregio di incuriosire, smuovere e affascinare Alessandro.
Le loro passeggiate cominciano con uno davanti e l’altro dietro, infastidito, per finire a braccetto. La relazione tra i due si allarga agli amici, che approfittano della casa libera del poeta, ma allo stesso tempo lo coinvolgono nel gioco della Play Station, facendogli credere che i giocatori in campo siano quelli del vecchio e glorioso Torino di Mazzola, lo fanno fumare e giocare a carte.
A modo loro gli allietano la vita; i ragazzi sono certi che l’uomo nasconda un segreto, anzi un tesoro sepolto in una valle toscana ai tempi della Seconda guerra mondiale. Se ne sono convinti leggendo versi e poesie incisi da Giorgio sulle pareti del suo studio, per superare il dolore della morte della moglie. Un accenno a una cosa preziosa, sepolta, diventa nella loro mente un forziere da isola del tesoro. I ragazzi organizzeranno una gita-spedizione alla ricerca delle ricchezze sepolte. Non raccontiamo di più.
Ciò che sembra interessante in questa commedia è la grazia con cui si mettono in relazione un uomo colto, raffinato e quasi privo di memoria e un ragazzo (o più ragazzi) sfaccendati, restii allo studio e privi di prospettive. Le falle nella mente di Giorgio, le sovrapposizioni tra il presente e il passato (quante volte guardando i ragazzi crede di vedere i soldati americani che lo hanno salvato) creano il terreno per una comunicazione inter-generazionale, per uno scambio di contenuti e affetto. Nel pieno della coscienza l’uno e gli altri non si sarebbero mai avvicinati.
Tutto questo è raccontato senza sdolcinature e senza cadere in facili gag. Il regista, famoso per Scialla, inanella le scene una dopo l’altra, con una certa naturalezza, senza mai alzare i toni, in una serie di scene sorelle in cui sia gli elementi drammatici sia quelli comici sono contenuti.
La storia di Giorgio ricorda quella del padre del regista, la perdita della memoria e allo stesso tempo tante storie da raccontare, un passato che può aiutare a comprendere il presente. Si sente che per il regista il tema non è astratto, certi passaggi sono pieni di esperienza di vita.
Un merito del regista è anche la sua abilità nello scegliere il cast; di Giuliano Montaldo si è già detto, ma anche i ragazzi alle loro prime armi, specie Andrea Carpenzano, sono altamente credibili. Un plauso speciale a Raffaella Lebboroni che riesce a dare a Laura, vicina di casa che si prende cura e mantiene il poeta Giorgio, una giusta misura fatta di ansie, abitudini e anche ironia senza diventare macchietta.
E per finire i versi del poeta Gherarducci, in realtà di Simone Lenzi dei Virginiana Miller, sono davvero belli e non resta che notare per la seconda volta, nel giro di pochi mesi, che un poeta è protagonista di un film. L’altro era Patterson.
Dorothy Parker
questa rubrica è a cura degli Anonimi Milanesi