16 maggio 2017

sipario – DELUDE L’IDOLO … MA RISALTA IL TRITTICO ALLA SCALA


Teatro alla Scala, recita del 10 maggio 2017.

La Valse. Coreografia di Stefania Ballone, Matteo Gavazzi, Marco Messina. Musica di Maurice Ravel. Costumi di Irene Monti. Luci di Valerio Tiberi. Nuova produzione del Teatro alla Scala.

Emanuela Montanari (una donna), Antonino Sutera (un uomo). Coppia: Antonella Albano e Gioacchino Starace. Interpreti: Marta Gerani, Azzurra Esposito, Agnese Di Clemente, Denise Gazzo, Eugenio Lepera, Frack Lloyd Aduca, Walter Madau, Valerio Lunadei.

Symphony in C. Coreografia di George Balanchine © The School of American Ballet, ripresa da Colleen Neary. Musica di Georges Bizet. Costumi di Kariska. Luci di Andrea Giretti. Produzione del Teatro alla Scala.

Interpreti principali: Martina Arduino e Timofej Andrijašenko (primo movimento), Nicoletta Manni e Roberto Bolle (secondo movimento), Antonella Albano e Antonino Sutera (sostituto di Claudio Coviello) (terzo movimento), Vittoria Valerio e Marco Agostino (quarto movimento).

Shéhérazade. Coreografia di Eugenio Scigliano. Musica di Nikolaj Rimskij-Korsakov. Scene e luci di Carlo Cerri. Costumi di Kristopher Millar e Lois Swandale. Nuova produzione del Teatro alla Scala.

Alessandra Vassallo (Zobeide), Nicola Del Freo (Schiavo d’oro), Gioacchino Starace (Shahriyar), Marco Agostino (Zahman), Beatrice Carbone (Ombra di Shéhérazade).

Corpo di Ballo del Teatro alla Scala di Milano diretto da Frédéric Olivieri. Orchestra del Teatro alla Scala, direttore Paavo Järvi.

Il 10 maggio è stata una delle ultime recite del trittico La Valse / Symphony in C / Shéhérazade, su cui ho già scritto sulla drammaturgia e impressione coreografica, e la penultima dell’idolo ‘milanese’ che il pubblico preferisce – si sa – andare a vedere.

Tuttavia, l’apparizione di Roberto Bolle è stata abbastanza deludente. Sceglie per sé di eseguire solo il secondo movimento di Balanchine, l’Adagio in la minore ricco di sfumature e colori orientaleggianti e sensuali. Poco più di dieci minuti tra adagio e coda, e basta. Alla bella, altera e tecnicissima Nicoletta Manni – molto affezionata a questo balletto – ha fatto da ottimo porteur, ma senza conferire all’intero passo a due, come avrebbe dovuto, quel senso trasognante ed esotico che suggeriva la melodia.

Non è stato quell’«eroe positivo» di cui scrivevo tempo fa, quell’idolo pop legato ai suoi fan, ai quali non nega mai un autografo o un selfie. Infatti, il pubblico venuto per lui non ha potuto avere neanche la soddisfazione di incontrarlo all’uscita artisti, perché alla fine del primo tempo se n’è andato. Delusione.

sipario118FBIn generale, però, Symphony in C è stata una bella prova, maturata dal corpo di ballo. Stupendo il primo movimento con Martina Arduino. Sembra una diretta allieva di Balanchine per la capacità di isolazione del corpo: sotto velocissima, forte e brillante; sopra leggera, divertita, divertente, morbida e femminile. Il duetto con Timofej Andrijašenko risulta complice e bilanciato; solido ed elegante lui.

Il terzo movimento con Antonella Albano e Nino Sutera si è riconfermato un successo. E anche il breve quarto Allegro vivace è stato coinvolgente e balanchiniano con la coppia Vittoria Valerio e Marco Agostino, sostenuta dal lavoro ‘oltre la sala prove’ di ricerca su sé stessi dell’intenzione da esprimere con la tecnica e il movimento.

sipario218FBMarco Agostino, che per la prima volta ho visto nei panni del cattivo. Alto, nero dentro e fuori, dal passo e la tecnica sicuri incute credibile timore nella povera Zobeide, pronto allo scatto per braccare la donna, pretendendo spiegazioni del tradimento nei confronti del fratello. Shahriyar di Gioacchino Starace mostra tutta la sua natura legata alla terra, con una presenza solida e ben piantata.

Analoga presenza ‘terrena’ mostra Starace nella coppia della Valse, di cui spicca la fresca capacità tra la partner e i due protagonisti, tutti e tre di ricca esperienza scenica. Interessante in particolare il breve, ma intenso passaggio di passo a tre di Starace con Emanuela Montanari e Nino Sutera, per la delicatezza del disegno coreografico e per l’eleganza dell’interpretazione. L’uomo e la donna si specchiano l’uno dentro l’altra in una sospensione dei movimenti, che sembra estendersi anche a tutta la coreografia.

sipario318FBTre balletti diversi, la cui diversità emerge dalle calzature, soprattutto quelle femminili. Dallo stivaletto nella Valse che come una pattino ben si sposa con la pedana rialzata per scivolare come su uno skateboard nelle evoluzioni a tre tempi della coreografia; al piede nudo che mantiene il contatto corporeo con la terra, che mostra la forza e la fragilità al tempo stesso della natura umana.

Si ritorna infine alla più classica delle punte nel balletto di Balanchine che eleva a metà della serata lo spirito etereo e incorporeo dell’iperuranico “palazzo di cristallo”, che si stacca dai sentimenti più umani e ‘brutali’ degli altri due balletti, esaltandoli.

Domenico Giuseppe Muscianisi

Foto di Marco Brescia e Rudy Amisano (Teatro alla Scala): (1) Martina Arduino e Timofej Andrijašenko in «Symphony in C» di George Balanchine © The School of American Ballet; (2) Alessandra Vassallo in «Schéhérazade»; (3) Emanuela Montanari, Antonino Sutera e Gioacchino Starace ne «La Valse».

questa rubrica è a cura di Domenico G. Muscianisi e di Chiara Di Paola

rubriche@arcipelagomilano.org



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