3 maggio 2017

GLI SCALI: UN RAGIONAMENTO A FREDDO

Delusione di un milanese per una partecipazione (di fatto) impedita


Qualche tempo fa, il 6 aprile scorso nel tardo pomeriggio, i cittadini sono stati inviati a vedere le tavole e ascoltare le spiegazioni dei progetti commissionati dalla Ferrovie dello Stato a cinque architetti italiani e stranieri scelti per provata fama.

06gardella16FBL’incontro tra pubblico da una parte e progettisti, Assessore Comunale, Rappresentante delle Ferrovie dall’altra è stato deludente. L’impressione avuta dall’esame dei cinque progetti, del tutto negativa: tavole grafiche presentate in forma superficiale e incompleta; didascalie di difficile lettura e poco comprensibili; indicazioni scarse e di interpretazione faticosa; insufficienza di rappresentazioni ortodosse composte da piante con relativi segni di sezione; da sezioni con relativi riferimenti alle piante; da prospettive con relativi punti di vista indicati sulle planimetrie.

A ciò va aggiunto il tono goliardico scelto da alcuni progettisti convinti di dimostrarsi brillanti e spiritosi riempiendo i loro disegni con figure adatte a un giornale da fumetti e non ad una seria rappresentazione scientifica.

Si intuisce da queste promesse tanto poco promettenti la inconscia (o conscia) volontà di tenere disinformato il pubblico; la involontaria (o volontaria) intenzione di non mettere i cittadini al corrente dei fatti reali.

Si parla continuamente di “partecipazione”: il Comune se ne fa vanto; se ne attribuisce il merito; la annuncia come punto prioritario e irrinunciabile della sua compagna elettorale. Eppure, dimentica (o finge di dimenticare) che la premessa imprescindibile per una vera “partecipazione” esige una precedente buona “informazione”. Non è leale promettere al pubblico di farlo partecipare alle decisioni che lo guardano da vicino se prima non gli si forniscono tutte le nozioni, conoscenze, informazioni indispensabili e necessarie per permettergli di prendere quelle specifiche decisioni.

Agli organizzatori dell’incontro vanno fatti parecchi rimproveri: non avere comunicato alcuni dati generali; non avere riassunto lo svolgimento dei precedenti accordi; in particolare non avere fatto cenno alla passata bocciatura dell’Accordo di Programma relativo alla sistemazione di tutti gli Scali Ferroviari; e non aver illustrato i motivi per i quali quella bocciatura era stata deliberata del passato Consiglio Comunale.

La stessa posizione assunta dai cinque progettisti appare confusa ed equivoca. Che tipo di incarico è stato dato a ciascuno di loro? È stato richiesto un progetto di idee? Un progetto di massima? Una esposizione di soluzioni possibili, ma solo indicative e non ancora vincolanti? Di nuovo nessuna risposta a queste più che legittime domande.

Così come non è stato mai spiegato come l’incarico ai progettisti abbia potuto essere conferito dalle Ferrovie dello Stato in forza del nuovo statuto che le equipara a Ente parzialmente privato. In caso contrario, il Comune non avrebbe potuto rivolgersi direttamente a liberi professionisti, ma sarebbe stato obbligato a indire un concorso pubblico. Il Comune crede di giustificare la sua condotta dicendo che le proposte dei cinque progettisti saranno utilizzate come base di riferimento per un futuro concorso pubblico da bandire ed estendere ad una base più allargata.

A questo punto ci si domanda stupefatti: qualora venga effettivamente bandito un concorso ufficiale e aperto a tutti perché aver incaricato e pagato i cinque progettisti? E perché mettere entrambi, sia i cinque progettisti sia i nuovi concorrenti, in una posizione imbarazzante ed umiliante? Se i cinque architetti interpellati non vedranno recepite le proprie idee si sentiranno umiliati e risentiti per aver lavorato inutilmente.

Se i futuri concorrenti saranno invitati a seguire le indicazioni dei cinque architetti precedentemente interpellati si sentiranno mortificati e delusi per non poter far valere i propri progetti. Se infine il concorso verrà aperto congiuntamente sia a nuovi concorrenti sia ai cinque progettisti si creerebbe una palese situazione di ingiustizia, giacché questi ultimi godrebbero l’illegittimo vantaggio di conoscere meglio degli altri i nodi problematici dei vari scali. Si rende conto il Comune della trappola in cui ha voluto mettersi? Esiste da parte dell’Assessore Comunale una palese scorrettezza nei confronti del pubblico: a che scopo lo si è invitato all’incontro di giovedì sera?

L’incontro era stato annunciato con l’obiettivo non tanto di far conoscere i cinque progetti, per ognuno dei quali era già stata annunciata una specifica successiva serata di esposizione, quanto per permettere al pubblico – visibilmente attento, interessato, partecipe – di rivolgere domande e di ottenere spiegazioni. Quanti sono rimasti coraggiosamente presenti alla riunione erano preparati a fare domande precise e concrete e si aspettavano risposte chiarificatrici, documentate, ragionevoli.

Michele Sacerdoti ha messo in difficoltà l’assessore comunale e alcuni progettisti facendo notare una madornale svista riscontrabile nel progetto dello Scalo di Lambrate. Nel suo resoconto dello scorso numero di ArcipelagoMilano, egli dà un’eloquente spiegazione delle lacune imputabili a un incarico mal congeniato, poco preciso, assai difettoso.

Esiste anche da parte degli stessi progettisti una palese arroganza a danno del pubblico: nessuno di loro si è assunto il compito di spiegare la ragioni delle proprie scelte progettuali e di elencare le modalità con cui queste scelte sono poi state trasferite in forme architettoniche. Del resto, ci si domanda: come avrebbero potuto farlo?

Il capannone sotto il quale essi parlavano era alquanto distante dal piazzale all’aperto in cui erano esposti i pannelli con le tavole dei sette Scali Ferroviari. Dall’interno del capannone era materialmente impossibile commentare i disegni affissi sui pannelli esterni. Nessuno schermo per proiezioni era stato installati alle spalle dei relatori; a questi ultimi non restava che enunciare principi generici, concetti ovvi, constatazioni superflue.

In mancanza di una descrizione dettagliata delle architetture visibili nelle tavole, ci si sarebbe aspettati un’esposizione argomentata delle destinazioni d’uso previste nei sette Scali Ferroviari. Anche questo aspetto, che pure è fondamentale per il futuro destino dei terreni in questione, non è stato minimamente analizzato. Eppure, si tratta di un aspetto di importanza non secondaria: a seconda della destinazione cambia la conformazione, si modifica la forma, si differenzia l’aspetto dell’intero quartiere che occuperà i terreni in procinto di essere liberati.

Ai cittadini accorsi giovedì 6 sera, per conoscere che cosa succederà degli Scali Ferroviari, non è stato chiarito se e dove fossero previste costruzioni a destinazione residenziale o terziaria, di lusso o economica, commerciale o artigianale: e non è stato indicato se e dove fosse necessario collocare Servizi Pubblici e se Servizi di uso locale o metropolitano. Le interminabili esposizioni dei relatori sono durate così a lungo da scoraggiare e quasi impedire l’inizio delle domande concesse al pubblico.

A questo punto non hanno tardato a farsi strada molti sospetti: si è supposto che il Comune, le Ferrovie dello Stato, i cinque progettisti avessero deliberatamente prolungato il loro vuoto e fumoso eloquio per paura delle difficoltà in cui molte domande li avrebbero messi obbligandoli a tacere sulle manovre non sempre comprensibili di questa spinosa vicenda. Alla fine della serata fra il pubblico si è alzata la voce di una scettica ascoltatrice la quale si è permessa di mettere in dubbio la validità e la utilità della intera riunione.

Jacopo Gardella

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