22 marzo 2017

la posta dei lettori_22.03.2017


Scrive Simona Merlonghi su Città Studi e area Expo – Ho letto l‘articolo che descrive quanto in programma per Città Studi. Sono in parte d’accordo con quanto espresso (vitalità del quartiere, recupero edifici storici, possibile degrado della zona). Purtroppo però credo sia inutile combattere contro quanto muove qualunque decisione in ogni ambito: il denaro, soprattutto ai piani alti. Se il rettore ha detto che ristrutturare ha lo stesso costo di spostare, possibile che non ci sia nessuno che abbia pensato di utilizzare l’area di Expo per farci altro? Altro che porti denaro? Pensare a un parco di divertimenti, per esempio? La sede europea degli Universal Studios?
Un parco della scienza e della tecnica, coinvolgendo la stessa università milanese? In questo modo si creerebbe qualcosa di diverso che non interferisce con gli interessi economici dei parchi del Garda, che creerebbe posti di lavoro e indotto correlato e porterebbe Milano ad avere qualcosa che gli manca.

Scrive Enrico Ferrazzi sul trasloco della Statale – Gentilissimo architetto Origlia, occorrerebbe ricordare nell’incipit del suo articolo la coraggiosa localizzazione delle strutture universitarie alla periferia estrema della città (così era Città Studi negli anni ’30). Quello che lei non vuole probabilmente vedere è la necessità per l’Università di crescere ai ritmi in cui credono gli atenei di ricerca europei, non i bar della città. Non è possibile immaginare uno sviluppo compresso dentro un’area urbana in cui ogni metro cubo si aggiunge ad altri già strutturalmente vecchi. Dagli anni trenta sono passati quasi novanta anni.
Vedo che anche lei si schiera tra coloro che finte risposte semplici a problemi complessi immaginando una Milano immobile con le giostre invece della torre Unicredit e bei muri in bugnato massiccio dell’istituto di anatomia a città studi invece del polo che unirà strutture di ricerca, campus, aree ospedaliere, start-up.
Un interessante articolo recente faceva osservare come negli anni venti e trenta le destre in Europa presero il potere, nell’ambito di una politica di restrizione di spesa dei governi, dando vita a parole e in parte nei fatti ai contenuti “sociali” delle sinistre massimaliste e sviluppando investimenti statali nelle infrastrutture e di sostegno alle aziende creando occupazione, ma portando per la loro natura ideologica poi il mondo nella peggiore guerra mia combattuta.
Con sinistre massimaliste e conservatrici dello status quo come espresso dal suo articolo, non contrariamoci poi se i soggetti socialmente deboli si schierano con chi demagogicamente promette occupazione, infrastrutture e sviluppo.

Replica Giorgio Origlia – Egregio professor Ferrazzi, devo dire che comprendo il dilemma tra costruire un nuovo campus universitario, moderno e ben attrezzato e ben più faticosamente rinnovare un parco di vecchi edifici esistenti. Però è un dilemma nel quale l’essere innovatori di destra o conservatori, come lei suppone, di sinistra non c’entra. Mi consenta una metafora. Non è di destra comprare l’ultimo modello di televisore al plasma e non è di sinistra continuare a riparare quello vecchio, la differenza dal punto di vista della civiltà è tra chi avendo bisogno di un nuovo televisore molla quello vecchio sul marciapiede tanto smaltirlo è un problema che non lo riguarda, e chi almeno si prende la briga di portarlo alla ricicleria.

Se rilegge bene ciò che ho scritto, la figura peggiore in questo evento non la fa l’Università Statale, che segue logiche discutibili ma comprensibili e legittime in assenza di alternative, la fa l’Amministrazione Pubblica, che non si è mossa e che ben di più dovrebbe avere a cuore il destino di un quartiere, evitandone abbandono e degrado. Riprendendo la metafora, se manca la “ricicleria” che ne faccio del televisore vecchio?

Comunque attenzione a continuare a credere che il progresso, che possiamo solo sperare sia illimitato, presupponga un’espansione urbana altrettanto illimitata. Pensando alla storia della Statale, potremmo partire dal fatto che la sua sede storica prima era un ospedale: da sempre si riutilizza l’esistente. Ma quando la Statale insediò le sue facoltà in periferia quasi un secolo fa, non c’erano in città edifici sufficienti da riutilizzare, se no lo avrebbe probabilmente fatto: semplicemente non aveva alternative al muoversi verso la campagna.

Oggi qualcosa è cambiato: lo sviluppo edilizio e l’espansione insediativa degli ultimi decenni ha lasciato sul campo una quantità enorme di spazi già urbanizzati, abbandonati o sottoutilizzati, e il vero problema oggi è come recuperarli a nuovo uso perché l’abbandono non degradi l’esistente.

Scrive Roberto Biscardini sulla riapertura dei Navigli – Caro Luca (Beltrami Gadola) uno come te non dovrebbe essere così superficiale. I tuoi riferimenti alla riapertura dei Navigli dimostrano che non conosci il progetto, e quindi usi argomenti seri per fare della semplice ironia. Che squallore.

Replica Luca Beltrami Gadola – Caro Roberto, conosco bene i/il progetto. Da anni seguo questo surreale dibattito sulla riapertura dei Navigli alla quale non sono affatto contrario, farei solo carte false per riaprire un canale sotto Melchiorre Gioia, un schifo postbellico dove, curiosamente, nessuno pensa nemmeno di mettere un po’ di verde. Il progetto di riapertura lo ritengo un “elegante” esercizio di amarcord rispetto ai problemi ben più reali che Milano dovrebbe affrontare. L’allocazione delle risorse sia intellettuali che economiche sono un problema per questo Paese e dunque che tanta intelligenza e denari vengano dedicati alla riapertura dei Navigli mi sembra contradittorio soprattutto da parte di chi come te ha militato e milita in un partito che dovrebbe avere in cima alle sue priorità i problemi sociali e di giustizia distributiva. Certo i problemi del paesaggio urbano sono importanti ma forse la difesa del suolo e la riabilitazione del “manufatto urbano” con una attenta opera di rammendo delle smagliature che connotano le nostre periferie lo sono di più. Per concludere esiste un problema di bilancio comunale e di costi di manutenzione che nessuno affronta mai salvo non trovare poi i denari per sistemare le porte dei gabinetti nelle scuole del Comune dando così una messaggio di trascuratezza e abbandono dei beni comuni alle nuove generazioni. Se verrà lanciato un referendum mi animerò per lanciare un contro referendum magari con argomenti populsticodemagogici altrettanto validi quanto quelli per una élite borghese romantico naviglista.

Scrive Carla Brizzolari sulla visita del Papa – Ho letto l’articolo di Marco Garzonio e sono per la verità depressa …. Ma perché Bergoglio viene a Milano? Davvero … perché? L’articolo chiude con: “In quel momento conosceremo il sogni di Bergoglio per Milano e se la città sa ancora sognare“. Non viene quindi come un padre ad abbracciare tutti i figli …. ma viene ad abbracciarne solo “alcuni scelti “…. e far sentire gli altri colpevoli di non fare abbastanza …. e questo sarebbe il suo venire in “perfetto spirito evangelico”?

Scrive Marco Brizzolara sulla visita del Papa – Ho letto l’articolo di Marco Garzonio e sono perplesso su come il Papa considera i Milanesi e la loro Diocesi. In ogni caso la Chiesa per non arretrare continuamente in occidente deve considerare il suo gregge come pecore che vogliono Capire e Partecipare in modo coerente alla risoluzione dei problemi che si presentano. Siamo nel XXI secolo e non nel Medioevo e le figure sullo scacchiere mondiale sono piegate alla globalizzazione. Il comportamento che attualmente la Chiesa fa tra “Primi e Ultimi” viene percepito come discriminatorio dal  gregge.



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