21 febbraio 2017

SCALI FERROVIARI: 5 QUESTIONI ALL’ATTENZIONE DELLA POLITICA MILANESE

Il dibattito continua e si articola


Sabato scorso, si è svolto il primo di una serie di incontri previsti con i Municipi sul tema degli Scali ferroviari. A valle di quanto emerso e sentito in quell’occasione e con la finalità di ragionare su alcune necessarie correzioni di rotta, ritengo opportune due considerazioni preliminari che servono a dare il senso agli interrogativi posti in seguito ai rappresentanti della politica milanese.

07monte07FBPrima considerazione: sottoscrivo pienamente e senza alcun distinguo il concetto espresso più volte dall’Assessore Maran nel delineare il profilo della fase attuale, quando egli dice che “oggi stiamo lavorando alle premesse dell’Accordo di Programma e che queste devono essere alimentate dalla costruzione di una visione. Non è quindi il momento dei Concorsi e dei progetti. È il momento in cui è la politica che deve farsi protagonista ed esprimersi”.

Seconda considerazione: il (poco noto e arduo) lavoro che stanno svolgendo le due commissioni Urbanistica e Ambiente con i presidenti Ceccarelli e Monguzzi è meritorio ed encomiabile soprattutto considerando le risorse a disposizione. È un segnale che, contrariamente al passato il Consiglio sta ritrovando una funzione proattiva e una sua centralità nell’elaborazione delle politiche dell’Amministrazione comunale, affrancandosi dalla subalternità “notarile” che ha caratterizzato le precedenti fasi (come ad esempio nell’occasione della ratifica della precedente versione dell’AdP). Questo lavoro andrebbe valorizzato con maggiori contributi (esterni e interni all’Amministrazione) sia in termini di contenuti tecnici che di peso politico, nonché da un’adeguata comunicazione estesa non solo agli addetti ai lavori.

Tornando all’incontro di sabato scorso possiamo dire che lo scenario, pur contraddistinto da una partecipazione numerosa, ha assunto forme un po’ rituali: introduzione ai lavori da parte dei referenti, presentazione del lavoro svolto dal Politecnico nel periodo 2013-2014, generico invito al pubblico alla presentazione di proposte e osservazioni e, a seguire, numerosi interventi contingentati in 3 minuti, intervento conclusivo dell’Assessore.

Facile immaginare che con questo schema, senza un’adeguata divulgazione dei contenuti e “istruzione” del processo, non si può pretendere di arricchire la discussione più di tanto. Risultato: un po’ di passerella da parte di qualche addetto ai lavori, qualche intemperanza, richieste di maggior informazione, diversi interventi fuori tema. Il tutto in un clima caratterizzato da una difficile comprensione del percorso intrapreso, rispetto al quale pesa il disorientamento portato da alcuni passaggi, a volte ambigui o a volte incoerenti con le dichiarazioni di intenti contenute nei documenti ufficiali a disposizione. Credo che l’opacità del discorso costituisca una zavorra che impedisce di liberare energie propositive che potrebbero farci uscire dal piano della retorica e finalmente “mordere” il merito dei temi in gioco.

Un po’ di “chiarezza” farebbe bene al processo, rendendolo più fertile ed efficace. Da qui nascono le “5 questioni” che hanno ambizioni e senso costruttivo e propositivo.

Per semplicità di esposizione e per disporre di riferimenti comuni, farò ricorso ad alcune dichiarazioni contenute nel Report di Sintesi del Workshop “Dagli scali, la nuova città” dello scorso dicembre 2016 promosso da Sistemi Urbani e che a oggi – purtroppo – costituisce l’unico documento disponibile dal punto di vista di contenuti di merito (!).

Premetto che condivido pienamente il senso delle citazioni riportate di seguito e che il loro utilizzo è strumentale a dare maggiore chiarezza al discorso. Veniamo alle questioni.

1) “Mettere mano a una porzione così consistente all’interno del tessuto urbano vuol dire ripensare Milano” (B. Ceccarelli).

Cittadini e lettori di ArcipelagoMilano condividono e sono consapevoli del senso di questa affermazione, tanto da aver partecipato numerosissimi al seminario promosso da questa testata lo scorso ottobre alla Sala del Grechetto. In quell’occasione hanno potuto ascoltare dai diretti interessati le vicende di una città come Torino che sulla questione della dismissione degli spazi ferroviari ha costruito gli scenari del proprio Piano urbanistico e innescato importanti processi di rigenerazione urbana.

Ma se siamo tutti consapevoli di questa dimensione, perché la vicenda degli Scali milanesi non “parla” con il PGT? Perché nella recente delibera di indirizzo per l’avvio dell’aggiornamento del Documento di Piano il tema degli scali è assente? (alla stessa stregua di altre importanti occasioni di rigenerazione urbana quali il Post Expo, i demani militari, l’ippodromo, città studi, ortomercato, ecc.).

Stiamo per mettere mano a un Documento di Piano che proprio sugli aspetti del rapporto con le reti della mobilità e con la dimensione metropolitana presenta le sue maggiori carenze e programmaticamente escludiamo l’interazione con la riqualificazione degli Scali?

2) “Milano si sta mettendo in gioco, c’è il potenziale per la più grande discussione pubblica della città da decenni” (P. Maran)

I milanesi, con grande partecipazione, stanno dimostrando di mettersi in gioco ma contestualmente si chiedono qual è il ruolo del Comune nella promozione e nel sostegno a questo dibattito. L’Amministrazione sembra invece giocare di rimessa e non si capisce perché ad esempio un’occasione come quella del Workshop sia stata completamente “subappaltata” al Gruppo FS, aprendo tra l’altro preoccupanti interrogativi sul perimetro delle competenze di ciascun attore in questa vicenda. Il Gruppo Ferrovie è un attore del negoziato che porterà alla definizione dell’Accordo di Programma o concorre alla formazione delle strategie urbanistiche che lo sostanzieranno? In sintesi, c’è confusione sui ruoli e contenuti del dibattito, in contraddizione con la diffusa richiesta di quella “regia pubblica dello scenario generale, perché le scelte siano consapevoli e chiare: anche sulla relazione pubblico e privato” (L. Freyre) emersa anche in uno dei Tavoli del WS.

Importante, dirimente per la stessa credibilità dell’Amministrazione, che questo nodo venga sciolto in modo chiaro e senza possibilità di fraintendimenti.

3) “Nel processo urbano esiste una metodologia inflessibile. Prima si discute il sistema, dopo si passa all’infrastruttura e infine all’architettura. Questo ritmo non si può cambiare (J. Acebillo).

A questa splendida sintesi del professor Acebillo, di cui si trovano numerose eco nei contributi ospitati da ArcipelagoMilano in questo anno, che ritroviamo negli atti del WS, ne aggiungo un’altra – della stessa efficacia – presente nel suo intervento: “All’architetto non bisogna chiedere “cosa” mettere negli scali ma “come” metterlo”.

Ma se questo assunto è patrimonio comune, qual è lo scopo di far progettare a ognuno dei cinque studi incaricati dal Gruppo FS la sistemazione dei singoli scali? Con quali input i progettisti stanno lavorando? Come si inserisce e che peso avranno gli esiti di questa progettazione sulla definizione dei contenuti dell’Accordo?

Qui la sequenza logica sembra essere completamente stata ribaltata e per di più produce un’asimmetria dal punto di vista delle proposte visto che non sembra che il soggetto pubblico stia procedendo nella medesima direzione. Anche qui valgono gli stessi auspici relativi al punto precedente.

4) “queste aree, essendo facilmente raggiungibili da grandi quantità di persone, sono il luogo dove meglio localizzare i grandi attrattori di traffico e in particolare le grandi funzioni pubbliche: sono quindi strategiche per dare concreta realizzazione alla Città Metropolitana di Milano” (R. Zucchetti).

Anche in questo caso si fa fatica a capire come si concretizza questo principio virtuoso. Dove sono la Città Metropolitana (e il suo PTC), la Regione e le principali strutture dello Stato e degli Enti Locali che governano questo tipo di funzioni? Come si può pensare di far atterrare sugli scali funzioni di questo tipo se non è stato attivato un tavolo permanente con questi soggetti con la finalità di valutare piani, programmi, eventuali sinergie nell’uso di spazi pubblici?

Quanto pesano, dal punto di vista della limitazione delle opportunità e della allocazione di grandi funzioni pubbliche, la compresenza e contemporaneità di operazioni incerte o in crisi come Post Expo e Città della Salute?

5) “dobbiamo pensare a Milano come Città Metropolitana da 10 milioni di abitanti, garantire un’infrastruttura di trasporto pubblico competitiva a livello europeo, fare in modo che le persone si muovano con i treni”. (R. Mazzoncini)

Se da una parte questa affermazione è completamente condivisibile, dall’altra non si concilia con le politiche di questi anni del Gruppo FS che sul trasporto regionale ha mostrato una generale tendenza al disimpegno.

Inspiegabilmente, si continua a parlare di Circle Line (nella sua versione urbana, di poca utilità e impatto in termini di connessioni e rimodulazione delle componenti di traffico). A questo punto sarebbe utile per tutti chiarire quali sono i principali ostacoli dal punto di vista degli attori istituzionali (Regione e FS in primis) che non consentono di dare avvio a verifiche di fattibilità del secondo passante: questa sì una vera occasione di ripensamento della rete del trasporto urbano e regionale e l’unica opzione in grado di garantire un disegno del trasporto pubblico su ferro di maglia regionale. Lo possiamo fare? Se la risposta è positiva allora trasformiamo questa opzione in ipotesi tecniche di fattibilità. In caso contrario è opportuno abbandonare questa retorica velleitaria.

Queste sottolineature non vogliono essere un mero esercizio polemico ma, se vogliamo veramente arricchire il percorso di partecipazione e apertura a proposte e contributi, il disegno e la sua cornice devono essere chiari e comprensibili.

Michele Monte

 

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