21 febbraio 2017
IL MEDICO DI CAMPAGNA
di Thomas Lilti [Francia, 2016, 102′]
Con François Cluzet, Marianne Denicourt, Christophe Odent, Patrick Descamps, Guy Faucher
Il medico di campagna racconta le vicende di Jean-Pierre che alla vita d’ospedale ha preferito la cura dei pazienti in campagna, nelle loro case e nell’ambulatorio. Jean-Pierre conosce i suoi assistiti a fondo, ne frequenta le case, li incontra nella vita di paese. È una colonna della comunità, un’autorità al pari del sindaco. Così quando si ammala, quando scopre di avere un cancro inoperabile al cervello, non è disposto ad abbandonare il suo impegno perché si ritiene insostituibile.
Il suo è un lavoro basato sulla fiducia, che si è conquistata con anni di esercizio e con una disponibilità totale sette giorni su sette e a ogni ora del giorno e della notte. Non è neppure disponibile a condividere il suo impegno con una dottoressa che l’amico oncologo gli invia pensando alle lunghe cure che lo aspettano.
La dottoressa Nathalie, ex infermiera laureatasi in medicina, è una tosta e non si fa scoraggiare dalle trappole che il collega le tende (i pazienti più rognosi, la palta di una fattoria e persino un gruppo di oche inferocite che la assalgono in un altro caso). Anche Nathalie è sempre disponibile, come quando, a sera fonda, si inoltra nella campagna più buia alla ricerca di un campo rom dove un’anziana sta male. Pian piano la dottoressa conquista la fiducia dei pazienti e, durante un incidente che coinvolge il sindaco, si rivela preziosissima anche agli occhi di Jean-Pierre.
Non temete: sebbene il finale si riveli felice tra i due colleghi non scoppierà alcuna storia d’amore. Il film si occupa di raccontare con mezzi toni una professione che il regista Thomas Lilti ha amato e esercitato (era medico prima di diventare uomo di cinema) e che riveste un ruolo delicato nella vita e nelle relazioni di noi tutti. C’è una delicatezza e una sensibilità nella narrazione delle vicende dei pazienti e delle loro malattie che tiene lontane lacrime e retorica.
La sofferenza c’è ma non deborda in dramma, non la fa da padrona, è un elemento della vita che va affrontato con empatia e competenza, soprattutto da parte dei medici. C’è un sentimento di rispetto nei confronti della vita e dei pazienti che resiste anche quando il rapporto tra i due medici si fa più teso. Entrambi amano il proprio lavoro e ne fanno una missione, non si limitano al mero esercizio professionale, ma diventano testimoni ed esperti del mondo sempre più in affanno dei loro pazienti, a causa anche dell’abbandono delle campagne, della solitudine degli anziani e delle apparentemente invisibili sacche di povertà e ignoranza.
Il film è gradevole, il regista ha una totale padronanza della storia e della narrazione, gli attori sono all’altezza del compito, soprattutto François Cluzet (Jean-Pierre) e Marianne Denicourt (Nathalie). Gli spettatori lasciano la sala soddisfatti, coscienti che il film non è travolgente, ma appagante e che lascia un retrogusto di dignità.
Dorothy Parker
questa rubrica è a cura degli Anonimi Milanesi