5 ottobre 2016
SOLE ALTO
di Dalibor Matanic [Croazia Serbia Slovenia, 2015, 123′]
con Tihana Lazovic, Goran Markovic, Nives Ivankovic, Mira Banjac, Slavko Sobin
A poco più vent’anni da ‘Underground’ di Emir Kusturica, Palma d’oro al Festival di Cannes nel 1995, sulla disintegrazione della Jugoslavia, ci prova Dalibor Matanič, regista di ‘Sole alto’, a riaprire la porta del dialogo e della comprensione, del riconoscimento dei sentimenti e delle prospettive di una vita in comune fra i due giovani protagonisti nel tentativo di lasciare dietro di sé odi, incomprensioni e macerie, fisiche e morali.
Intanto questo film nasce come produzione di tre paesi coinvolti nel conflitto, Croazia, Slovenia e Serbia. Ed è già un fatto positivo questo desiderio di guardare indietro nel tempo, in tre atti articolati in decenni, 1991-2001-2011, che segnano la lotta difficile, quasi impossibile, dell’amore contro la guerra, che funesta il rapporto fra due giovani di diverse etnie, Jelena e Ivan, lui croato e lei serba, divisi dall’odio interetnico che produce morte e dissoluzione. Ogni decennio una tappa diversa di questa storia tragica.
Stessi tentativi di giovani diversi alle prese con il desiderio e l’amore, che trovano inevitabilmente ostacoli per raggiungere il loro scopo, fuori e ormai dentro di sé, man mano che la situazione ha incrudelito gli animi. I loro rapporti dapprima spontanei diventano nell’episodio successivo guardinghi e riservati, quasi ostili. Tuttavia il desiderio d’amore è irrefrenabile e si esprime in un rapporto primitivo, essenziale, attraverso il rapimento erotico istintivo. Nel terzo episodio, sempre rappresentato dagli stessi bravissimi giovani attori, Tihana Lazovič e Goran Markovič, la guerra superata negli atti lascia il gelo dentro i protagonisti, sciolto se non a fatica e dopo visioni lustrali.
La narrazione è lenta e si affida alla visione dei paesaggi balcanici, dolci e impervi, quasi selvaggi, mentre la funzione simbolica è affidata all’acqua, che rigenera e rafforza nelle visioni d’amore. Ogni occasione è buona per correre all’acqua del fiume o del lago. L’attrazione è richiamo alla necessità della rinascita di una nuova vita, mentre i bagni salutari di immersione totale alludono alle condizioni prenatali di vita felice e ignara nel liquido amniotico materno.
Il sole alto sembra indugiare prima di eclissarsi come per confortare con la sua ultima luce dalle tragedie e dalle incomprensioni. Un cane, guardingo e silenzioso, accompagna fedele lo svolgersi delle scene, quasi compartecipe. Infine la festa dei giovani, inconsapevoli del passato, persi dietro il pulsare della musica scatenata e le visioni artificiali degli allucinogeni.
Attratto dall’odio interetnico che ha percorso i Balcani e dagli altri fronti di guerra, con questo film il regista ha voluto rimarcare la necessità di accettare l’altro, il diverso da noi, contro l’intolleranza, e gettare semi di speranza e di perdono contro l’odio. ‘Sole alto celebra l’altruismo!’ – parole che Dalibor Matanič esprime con questa magnifica pellicola rivolta ai fatti di ieri ma ancor più a quelli sotto i nostri occhi di oggi. ‘Sole alto’, è stato insignito del premio della Giuria nella sezione Un Certain Regard a Cannes nel 2015.
Paolo Rausa
questa rubrica è a cura degli Anonimi Milanesi