23 novembre 2021

SALA, IL MEAZZA E LA DEMOCRAZIA

Ovvero perché il Sindaco non è il CEO della Comune di Milano S.p.A.


uccero

Se non vi stanno bene gli accordi sul Meazza, compratevelo”. Così Beppe Sala risponde a muso duro a Massimo Moratti ed a quanti credono in un futuro diverso per lo stadio cittadino, un tempo di San Siro. E lo dice, sapendo bene che dire a Massimo Moratti “compratelo” non è solo una provocazione ma anche una possibilità concreta, quindi una sfida.

Della vicenda si scrive molto e si agitano in molti, anche perché tocca altrettanti interessi, corposi economicamente e delicati socialmente. Della questione e dell’opinabilità dell’accordo sostenuto da Sala si è già scritto e si scrive su ArcipelagoMilano. 

Ancora più opinabile e politicamente preoccupante è la piega politica che la cosa sta prendendo, nelle istituzioni e nel rapporto con la città. Che di un intervento urbanistico, ma anche sociale e culturale, di questa rilevanza si debba discutere ampiamente dovrebbe apparire del tutto evidente, oltre che legittimo. E lasciamo stare pure la questione della procedura di “debat public”, della cui sparizione, nel bric a brac delle normative “a la carte” tanto cara al nostro ordinamento, non ci si dovrebbe sentire orfani: contava nulla prima (vedasi navigli) e non avrebbe contato nulla ora.

No, quando si parla di dibattito pubblico si deve prima di tutto indicare nel Consiglio Comunale la prima e più importante sede istituzionale del suo svolgimento. Qui siedono i consiglieri comunali, scelti e legittimati dal popolo almeno quanto il Sindaco, e ad essi toccherebbe quanto meno di essere chiamati (o di chiamarsi) a discutere e ad esprimersi in merito nella sede istituzionale e non per estemporanee dichiarazioni, come insiste il capogruppo PD Barberis.

Ma il Consiglio tace. Certo, non lo convoca il Sindaco, che non ne sente la necessità. Ma che Beppe Sala non avverta l’obbligo politico e civile di chiamare il Consiglio e le forze politiche ad esprimersi ed ad assumersi responsabilità, non stupisce. Eppure dovrebbe. La città, per ora, resta come inerte di fronte ad una prassi che appare una lesione profonda dei propri diritti. E se l’architettura istituzionale della Bassanini legittima giuridicamente uno schema che vede il sindaco decidere in solitudine, è anche lecito chiedersi se non si stia passando il segno su questa strada e se il nostro Sindaco non ci sia mettendo del suo, e quanto.

Come tutti sanno, Beppe Sala, prima di giungere a Palazzo Marino, è stato manager di successo, mestiere di prestigio certamente, ma non la migliore palestra per formare una sensibilità democratica.

Il manager apicale (CEO, o amministratore delegato) è scelto dall’azionista per raggiungere gli obiettivi stabiliti e solo all’azionista risponde. Nel rispetto della legge, dispone dei più ampi poteri nell’esercizio del suo mandato: decide, anche se la pluralità degli azionisti e dei loro interessi, la competizione con altri manager, la presenza delle organizzazioni sindacali, possono spingerlo ad una qualche mediazione e quindi ad una parvenza di politica.

Beppe Sala sembra aver trasferito di peso lo schema aziendale nella conduzione della sua sindacatura, essendo il popolo il suo azionista, ma un azionista strano o distratto che, avendolo scelto per cinque anni, poi si dimentica dei suoi interessi e lascia tutto nelle mani del suo manager.

E questa trasposizione ha assunto in lui e nella sua azione tanta più forza e convinzione non solo per effetto dei successi nei cinque anni passati (bilancio in parte opinabile) ma anche per il “plebiscito” popolare che lo ha confermato, un consenso che in realtà, come abbiamo già scritto, contiene ampie zone di nebbia sotto il sole di Austerlitz.

Sono stato scelto per governare la città nel prossimo quinquennio, e tanto basta.

Ma davvero basta?

E’ davvero sufficiente, politicamente, essere eletti per sottrarsi a qualsiasi successivo confronto con la città e con gli altri rappresentanti del popolo? Dice che, siccome lui ha deciso, non ritiene opportuna una qualsiasi forma di consultazione popolare in merito.

Ma davvero? Ma davvero la città, il suo ampio tessuto civico, il campo democratico e la rappresentanza politico istituzionale tutta, possono rimanere silenti di fronte ad una affermazione di questo tenore?

Bene ha fatto Basilio Rizzo a rispondere per le rime, fissando nero su bianco che la presentazione di una proposta referendaria non è questione disponibile, non è nelle mani del sindaco, e di chicchessia. Il suo istituto, alternativo al meccanismo della rappresentanza, è stato previsto esattamente per dare, con “juicio” s’intende, spazio ad una qualche voce alternativa e popolare. Negarla è atto grave e fa pensare. Cosa teme Beppe Sala veramente?

E bene ha fatto Monguzzi a tirare dritto per la sua strada oltre la chance negata del cosiddetto dibattito partecipativo, un procedimento che, per la sua effettiva valenza, ricorda tanto le brioches di Maria Antonietta. Volete il dibattito? Volete partecipare? Vi diamo il “debat public”, quando, come e quanto lo decidiamo noi, sia chiaro, tanto poi non se ne fa nulla.

Si dice Rizzo, si dice Monguzzi, ma del PD ancora nessuna traccia, anche se “giungono” voci contrarie” (absit injuria verbis….). Eppure, per Statuto basterebbe un quinto del totale dei consiglieri (10 su 48) per portare la questione tra i banchi del Consiglio, ma non ci si muove. Eppure la minoranza di centrodestra, che approfitta di ogni occasione per contestare il sindaco di centrosinistra, non si muove.

Eppure, eppure …. ci sarà pure un giudice a Berlino, ci sarà un luogo, una voce, un movimento, un’aggregazione che trovi la forza e la tenacia per fare capire a Beppe Sala che il Sindaco di Milano non è l’amministratore delegato della Comune di Milano SPA, e neppure è il dictator romano eletto per sei mesi in caso di estremo pericolo dal Senato, non è il salvatore della patria, anche se ha salvato EXPO 2015, ma è un rappresentante del popolo e come tale non deve essere infastidito dalle manifestazioni pubbliche, istituzionali e non, previste dalla forma democratica del nostro ordinamento.

Ponga orecchio attento, non per apparenza, alle diverse voci della città, le solleciti, ne tenga conto.

Milano non ha bisogno di uomini soli al comando, e se qualcuno glielo fa credere, dia retta, non si fidi dei cerchi magici, e neppure dei gigli fiorentini….

Giuseppe Ucciero

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