23 maggio 2017

SCALI FERROVIARI: NOTE A MARGINE DEI FUTURI SCENARI

Una occasione per far crescere una cultura urbana


Dopo l’incontro sulla qualità urbana dei futuri quartieri e i precedenti dedicati alle infrastrutture ferroviarie, al verde, mi sento di riaffermare che queste sono occasioni molto utili per far crescere una cultura urbana partecipata e condivisa, molto importante in questa fase di trasformazione della città. 09battisti19FBE questo è il motivo per cui ho accettato di parteciparvi. Ma anche perché dalla presentazione degli esempi stranieri, emerge la chiara dimostrazione delle carenze presenti nella conduzione della nostra esperienza di recupero degli scali ferroviari.

Prima di tutto per l’assenza di una reale regia pubblica; poi per la mancanza di dispositivi amministrativi che rendano vincolanti le richieste dei cittadini e infine per la sproporzione tra i vantaggi economici che l’operazione scali riserva a FS Sistemi Urbani rispetto al Comune. Questione, quest’ultima, di cui non si è potuto fino ad oggi discutere pubblicamente ma sulla quale ci si dovrà confrontare al più presto.

Venendo alla qualità degli scenari devo dire che quello di Ma Yangsong si risolve in un marcato effetto di straniamento rispetto alla città e ai suoi caratteri storici portando all’esasperazione la deriva avviata con gli interventi di Porta Nuova e City Life. I due grandi interventi che, per quanto da molti riconosciuti come la nuova immagine di Milano, hanno a mio avviso contribuito alla sua omologazione rispetto agli effetti della globalizzazione. Ma non era francamente difficile immaginare che con le sue torri sbilenche lo scenario proposto non avrebbe potuto essere molto coerente con la nostra cultura architettonica.

09battisti_fig1

La proposta di Benedetta Tagliabue più che uno scenario è un programma che rappresenta la Milano del futuro come uno spazio di eventi permanenti riferiti ai settori del design, della moda, del lusso, ormai anche del cibo e con meno successo dell’editoria. Settori nei quali abbiamo conquistato una notorietà internazionale. Una specie di Expo in pianta stabile da allestire e riallestire permanentemente più che fondare e costruire una vera città per i suoi abitanti.

09battisti_fig2

Francine Houben parte dal presupposto che con l’evoluzione tecnologica dei mezzi di trasporto, con la loro condivisione e drastica diminuzione si libereranno diffuse porzioni di spazio pubblico che potranno essere e restituite ai cittadini. Lo scenario presentato in modo sobrio s’impegna, più degli altri, a tentare di configurare un ambiente dotato di una qualità urbana domestica e meno enfatica anche senza riuscire a declinarla in termini riferibili alla storia dell’architettura milanese.

09battisti_fig3

Cino Zucchi tenta di declinare la sua proposta in termini glocali secondo un approccio che qui è stato coltivato da parte della fondazione Globus et Locus di Piero Bassetti. Ma ha anche, per così dire, esorcizzato con una certa dose di ironia la grande ambiguità dell’esperienza in cui è stato coinvolto. Se l’idea di brolo la si vuole riferire a quella di orto o frutteto per lo più cinto da muro e accostato a un edificio, quindi uno spazio verde a scala umana, molto urbano e integrato strettamente all’architettura, dei sette bellissimi broli nella sua proposta proprio non si vede traccia.

09battisti_fig4

Mentre per formazione culturale e per come aveva impostato, unico tra i cinque, il brainstorming del proprio tavolo all’interno del workshop di dicembre, proprio Zucchi avrebbe potuto interpretare il recupero degli scali come espressione evoluta della cultura urbana milanese.

Per uscire dall’obbligato e precostituito confronto con gli altri quattro colleghi – con Stefano Boeri in particolare – egli ha pensato di cooptare tre studi – Baukuh, Ifdesign e Onsitestudio – nel tentativo di offrire una gamma di soluzioni e la conseguente articolazione e complessità, dello scenario urbano almeno a livello architettonico.

In questi quattro scenari francamente di qualità urbana per abitare i quartieri di domani ne vedo proprio poca. Un po’ nel progetto di Mecanoo che tuttavia, per la difficoltà del tema e per la limitata conoscenza del contesto non perviene a risultati di particolare qualità architettonica. Qualche spunto lo si può individuare anche nelle proposte di Zucchi ma senza ottenere quell’effetto di continuità urbana del tessuto che, ricorrendo soltanto al verde quale prevalente connettivo, non si riesce generare.

Passando a considerare la proposta di Stefano Boeri devo premettere che lo ammiro moltissimo. È una persona di grande competenza, uno straordinario comunicatore che sta ottenendo un enorme successo internazionale e che rappresenta per Milano un brand del quale possiamo andare fieri.

È quello, tra i cinque, che si è maggiormente impegnato proponendo interventi ispirati a una radicale innovazione a scala ambientale, insediativa e tipologica assumendo il verde, in tutte le possibili declinazioni, come fondamentale elemento del suo scenario di trasformazione della città.

09battisti_fig5

Ma la sua idea del fiume verde nota da tempo per la grande diffusione mediatica di cui ha goduto anche prima del workshop di dicembre ha condizionato, più o meno coscientemente, gli altri quattro colleghi influenzando i risultati della consultazione nel suo complesso.

Una proposta estremamente ambiziosa, la sua, che sembra prescindere dalla storia e dall’attuale condizione della città lanciando la sfida a un livello estremamente alto per quanto riguarda gli investimenti, le risorse, i tempi e i risultati ipotizzati.

La conseguenza di aver posto l’asticella così in alto è che il suo superamento non può risolversi in altro modo che passandoci sotto invece che sopra, dando concreta dimostrazione dell’eterogenesi dei fini. Concetto di Giambattista Vico che, già richiamato da Giancarlo Consonni nel suo intervento, per l’idea di bellezza civile, ci dimostra quanto sia opportuno riflettere sulla natura dei nostri propositi affinché non si risolvano nel loro contrario.

09battisti_fig6

Di ciò abbiamo avuto una precedente dimostrazione con il caso di Expo e, anche per gli scali, il copione è praticamente identico. Voi tutti vi ricorderete dei quattro architetti coinvolti da Boeri per progettare l’orto planetario. La bella proposta che servì a tirare fuori Expo dalla paralisi generata dal conflitto tra Moratti e Formigoni. Ma poi si è avuta l’Expo dei padiglioni. Proprio ciò che tutti noi speravamo di evitare.

Per il recupero degli scali gli scenari prodotti dai cinque colleghi incaricati stanno giocando un ruolo analogo per superare l’impasse causata dalla mancata approvazione del precedente accordo di programma e per ricomporre il rapporto tra FS Sistemi Urbani e Comune di Milano. Ossia rimettere in moto la trattativa e condurla a esito positivo con la ratifica da parte del Consiglio comunale.

E siamo quasi certi che invece di servire a realizzare la Milano del fiume verde, dei broli, della mobilità sostenibile, degli eventi smart e dei grattacieli sbilenchi, alla fine anche i loro scenari finiranno in un cassetto.

Emilio Battisti*

* membro del Tavolo Tecnico sugli Scali ferroviari a supporto delle Commissioni Consiliari Urbanistica e Mobilità (n.d.R)

[correlati tag=”scali-ferroviari” titolo= “Il dibattito sugli Scali Ferroviari” max=”-1″ col=”2″ battute=”0″]



Condividi

Iscriviti alla newsletter!

Per ricevere in anteprima sulla tua e-mail gli articoli di ArcipelagoMilano





Confermo di aver letto la Privacy Policy e acconsento al trattamento dei miei dati personali



Sullo stesso tema


24 gennaio 2020

SCALI FERROVIARI: TRE NUOVI MASTERPLAN

Emilio Battisti



10 gennaio 2020

SCALI FERROVIARI: TRE NUOVI MASTERPLAN

Emilio Battisti



17 dicembre 2019

SENTENZA SUGLI SCALI E FISCALITÀ PUBBLICA

Roberto Camagni



15 dicembre 2019

SCALI FERROVIARI: TRE NUOVI MASTERPLAN

Emilio Battisti








Ultimi commenti