9 aprile 2024

DAL PD METROPOLITANO, IDEE PER IL NUOVO MODELLO MILANO

Ma Beppe Sala non ci sta, e non solo lui


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Mentre da Bari soffiano impetuosi venti di divisione, a Milano il  PD cerca nuove “idee per unire”, meglio ancora per “ricostruire una grande coalizione civica e sociale metropolitana”. Un nuovo inizio, che per il segretario Capelli prende le mosse dalla constatazione che non è “tempo di celebrare il modello Milano come fosse qualcosa di statico, ma è tempo di portarci dietro quella credibilità, quella serietà, quelle reti diffuse e lavorare per aggiornare un nuovo progetto Milano”. Parole importanti e nette, né gradite né inattese da Beppe Sala che prima ha declinato l’invito all’evento di sabato scorso, e poi ha risposto con durezza a mezzo stampa. Un’accelerazione dialettica che non stupisce, preceduta com’è da sordi ma eloquenti silenzi, e che ora diviene polemica aperta.

L’evento organizzato sabato scorso a Scalo Farini dal PD metropolitano milanese segna in effetti, pur nell’orgogliosa rivendicazione della Milano di oggi e degli ultimi 13 anni di amministrazione di centro sinistra, una notevole discontinuità politica.

Lasciamo pure da parte l’efficacia effettiva di kermesse strutturate attorno al moltiplicarsi di tavoli tematici (ben 9), dove ciascuno ha la possibilità di raccontare e raccontarsi agli altri volenterosi partecipanti. Un metodo questo forse più utile a soddisfare ansie partecipative, frustrazioni e protagonismi, che a presentare e condividere indirizzi programmatici adeguati.

Qui si tocca la necessità di ricostituire, anche a Milano come in tutto il PD, sedi meno occasionali ma strutturate di elaborazione e proposta, capaci di supplire ai pesanti limiti delle cosiddette “primarie”, dove la trasparenza nella scelta del dirigente si accompagna alla opacità delle proposte. Le risorse e le disponibilità non mancano, forse bisognerebbe innovare conservando qualcosa della tradizione: conferenze organizzative a tema, accompagnate da consultazioni e referendum anche on line su questioni specifiche.

Ma è la relazione, breve e succosa, del Segretario Metropolitano, a tenere  banco, ed a  meritare attento approfondimento, non solo da Beppe Sala.

Per Capelli i termini essenziali dell’analisi sono colti nella lettura che accoppia la necessità di un salto di qualità nel governo dei processi del territorio con la rivisitazione del Modello Milano. Le due questioni si tengono, come si tengono quelle dello sviluppo con quella del benessere sociale. Prevale la visione integrata del profilo metropolitano dei problemi, dei processi e delle risorse che si intrecciano nel presente e nel futuro di Milano e della sua area metropolitana.

Un intreccio così stretto, da portare il neo segretario a dire che “dobbiamo iniziare a pensare alla nostra metropoli come una grande e unica città di 3 milioni e 200 mila persone”. Una realtà che, nella vita delle persone e delle imprese, non prende corpo o termina al limitare dei tanti perimetri comunali che la compongono, ma è piuttosto da leggere e da governare come un sistema territoriale unitario e complesso.  Le implicazioni di questa visione sono molto rilevanti, se si pensa che ad oggi l’effettiva governance dell’area Metropolitana di Milano è stata considerata, come pratica del tutto minore, priva di rilevanza politica ed istituzionale, insomma una seccatura. Effetto certamente della legge Del Rio, una sorta di sventurata architettura istituzionale di cui semplicemente ridurre i danni.

Oggi invece, il PD Metropolitano dichiara apertis verbis che questo stato di cose è il più rilevante ostacolo al buon governo del territorio. Ed è certamente qualcosa. Come è più di qualcosa l’annuncio, gravido di conseguenze politiche, che “ci batteremo per … un sindaco o una sindaca metropolitana eletto direttamente da tutti i cittadini di tutti i Comuni, ma anche competenze istituzionali e risorse che permettano al nuovo ente di operare. E che proceda insieme al decentramento amministrativo per rafforzare le prerogative dei Municipi.” “Vaste programme”, diceva qualcuno, denso di rischi, implicazioni e potenziali contraccolpi politico istituzionali da ponderare con molta attenzione.

Perché se molti, a Milano e nei comuni metropolitani, potrebbero ergersi a campioni delle autonomie municipali, altri potrebbero segnalare il concreto rischio politico elettorale derivante dall’elezione diretta del sindaco metropolitano. Se oggi a Milano prevale il centrosinistra, in tanta parte del territorio metropolitano prevale la destra, ed un’elezione del Sindaco non più ristretta al corpo cittadino milanese potrebbe portare ad evoluzioni indesiderabili.

Resta un sentimento complesso, dove il timore della Milano “bella e progressiva” circondata dai “barbari” convive con la consapevolezza che proprio questi concorrono alla sua ricchezza. La parola “fortino” evoca antiche paure, meglio allora includere. Un’opzione  necessaria non solo perché eticamente giusta (“Non possiamo accettare l’idea di un territorio dove al centro stanno le opportunità e fuori i costi”), ma anche per la percezione delle linee di faglia che si manifestano crescenti nel tessuto sociale, economico, civile, della stessa Milano.

Le enumera Capelli quando segnala l’impoverimento economico, sociale, culturale, delle classi medie e popolari, evidenziando il contesto sistemico che concorre a generarle, quando dice è “necessario riportare l’asse della crescita nuovamente dalla rendita alla produzione. Perché uno sviluppo appoggiato sulla rendita espelle e non fa parte della storia di questa metropoli”.

Meno rendita, più produzione, parole pesanti che segnano una forte discontinuità con l’attuale Modello Milano, con le linee strategiche di governo del territorio fin qui seguite dal Sindaco Sala e dalle sue Giunte, centrate sugli investimenti immobiliari che a raggiera portano con sé diffusi fenomeni di rendita attivati a diverso livello (grandi operazioni immobiliari, acquisti speculativi, affitti turistici..) e altrettanto diffusi criticità sociali (crescita dei valori, degli affitti, espulsione delle classi medie e dei giovani..).

Il neo Segretario accompagna queste parole con generosi riconoscimenti alle esperienze di governo degli ultimi 13 anni, ma non bastano a Beppe Sala, che ammonisce “Attenti a smontare il modello Milano, basta un anno di lavoro sbagliato e torniamo a come eravamo vent’anni fa”. Segnali di crisi di un rapporto da tempo in sofferenza, rimasto finora contenuto nelle segrete stanze, ma che infine, complice anche il silenzio del PD sulle inchieste urbanistico – giudiziarie, si mostra pubblicamente.

Due visioni di Milano e del suo futuro si fronteggiamo e se non ci si vuole fare male davvero, una sintesi andrà pure trovata. Il punto è dove trovare la mediazione e come.

Se alla sua prima ed importante uscita pubblica il Segretario Capelli ha dato il segno di una visione ispirata al cambiamento radicale, non si può ridurre quella di Beppe Sala a nuda espressione di appetiti speculativi, trovando consensi trasversali di cui il futuro sindaco non potrà fare a meno. In ogni caso se Capelli intendeva far sentire la sua voce, ha colto il segno, ma il gioco è solo all’inizio, denso di appuntamenti e di sfide, ciascuna delle quali incidenti sui rapporti di forza, tra il PD ed il Sindaco, tra il PD e le altre forze di centro sinistra, e nello stesso PD.

I prossimi passaggi elettorali ne saranno parte essenziale e se la probabile candidatura Maran alle Europee apre il fianco ad un ulteriore possibile contenzioso PD – Beppe Sala sul nuovo assessore cui affidare la delicatissima questione della casa, i risultati elettorali nei 68 comuni dell’area metropolitana milanese tasteranno il polso agli equilibri tra i partiti e la forza delle leadership, vecchie e nuove.

Le “Idee per unire” di Capelli per la loro radicalità potranno riavvicinare strati sociali scontenti, ma portano anche a qualche contrapposizione da tenere sotto controllo per non trasformarle in divisioni. Occorre tanta politica.

Giuseppe Ucciero



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  1. Andrea VitaliSala è forse l' unico a non aver capito che il cosiddetto "modello Milano" (lanciato a suo tempo dall' assessore Lupi della giunta Albertini) è in realtà un modello di destra, attento agli interessi dei costruttori edili e della rendita fondiaria, e non a quello dei cittadini. Finora si è fatto un blando (blandissimo!) greenwashing di questo modello. Ma chi ha votato Sala (e soprattutto prima Pisapia) si aspettava ben altro!
    9 aprile 2024 • 21:50Rispondi
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