5 marzo 2024

TRE REGOLE PER LA RIGENERAZIONE DELL’ACCADEMIA AMBROSIANA

Non dobbiamo restare indietro


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Credo che la programmata rilocalizzazione dell’Università Statale (o di gran parte) nelle aree intercluse dell’Expo 2015, senza alcuna profonda discussione della possibile evoluzione  sistemica del mosaico di Facoltà che compone l’Ateneo, la cui origine risale al 1923, sia un sintomo rilevante della crisi della cultura ambrosiana.

Infatti, il dibattito e le scelte recenti della ‘Statale’ sembrano guidate prevalentemente dalla meccanica dell’espansione fisica o della sostituzione lineare  di edifici vetusti ormai obsoleti; ma il problema dell’evoluzione dell’intelligenza collettiva di quel sistema Ateneo, centrale per lo sviluppo  non solo metropolitano, ma nazionale,  non sembra essere un argomento  prioritario.

La questione è importante e pone tre quesiti sostanziali: 1. come il sistema accademico ambrosiano si dovrebbe attrezzare per affrontare la sfida dell’intelligenza artificiale; 2. come lo stesso rinnoverà il suo ‘frasario’ per offrire nuovi mix disciplinari coerenti con il carattere dirompente delle innovazioni scientifiche ; 3. come si  ‘ristrutturerà’ l’organizzazione accademica per la sua sopravvivenza , o meglio, per un suo sviluppo socialmente agente.

  1. Come si attrezza il sistema accademico ambrosiano per affrontare la sfida dell’intelligenza artificiale? Nell’articolo “ Una intelligenza artificiale per competere con Dio o per aumentare le capacità della comunità?” ricordavo succintamente il pensiero del filosofo Yuval Noah Harari “l’AI ci sta sottraendo il nostro sistema operativo, ossia la capacità esclusivamente umana di manipolare e generare parole, immagini o suoni. A un livello che supera l’abilità umana media e grazie a tale padronanza è in grado di aprire le porte di tutte le istituzioni, dalle banche ai templi, perché la lingua è lo strumento che usiamo per dare istruzioni alla nostra banca e anche per ispirare visioni celesti nelle nostre menti”.
  2. È una sfida importante e difficile quella che pone l’IA al nostro sistema accademico, più propenso a difendere rendite che ad affrontare sfide. L’accademia ambrosiana, nel suo complesso, presa in contropiede dai sistemi di ricerca e didattici ‘ubiqui’, ossia funzionanti per reti internazionali attrezzate per dialogare 24/24 a scala internazionale, e in grado di offrire servizi in rete per l’intero ciclo di vita dei cittadini, e poco abituata ad affrontare grandi investimenti dirompenti, come pensa di dialogare (e magari in alcuni punti competere) con le 7 sorelle dell’intelligenza artificiale? La società dovrà pagare il caro prezzo di un deficit educativo in un settore strategico, con la conseguente crisi delle capacità collettive?
  3. Il sistema accademico ambrosiano sarà in grado di proporre nuovi mix disciplinari coerenti con il carattere dirompente delle innovazioni scientifiche ? La questione viene posta dal filosofo Luciano Floridi e dalla psicologa Anna Nobre, i quali nell’articolo “Anthropomorphising machines and computerising minds: the crosswiring of languages between Artificial Intelligence and Brain & Cognitive Sciences” introducono il concetto  di “prestito concettuale”, secondo cui, quando emerge una nuova disciplina, essa sviluppa il proprio vocabolario tecnico appropriandosi anche di termini da altre discipline vicine. Questo processo è complesso perché implica la considerazione sia delle evoluzioni scientifiche di lungo momento che delle asimmetrie fra discipline diverse.

Riguardo alle evoluzioni scientifiche di lungo momento  gli autori citano la contaminazione  fra teologia e scienza  (è il caso  del rapporto religione-diritto: il teologico “Dio onnipotente” diventato l’”onnipotente legislatore”). Riguardo alle asimmetrie fra discipline diverse, assistiamo ad un processo di adattamento apparente, ma anche improprio, di  termini  biologici e psicologici.

Infatti, seguendo il modello biologico del cervello e del pensiero umano, si continua a descrivere l’intelligenza artificiale come un cervello artificiale, in grado di codificare, memorizzare, recuperare, elaborare e decodificare segnali attraverso meccanismi di input-output. Grazie a questi attributi ‘mentali’, l’IA sarebbe in grado di apprendere, memorizzare, ragionare e comprendere le informazioni.

Siamo di fronte ad una grande mistificazione e confusione, a causa di una falsa simmetria tra le logiche ed il  funzionamento degli organismi naturali (o biologici) e quelli artificiali (macchine e algoritmi). Cosa aspetta l’Accademia lombarda ad esprimente un adeguato parere su tale complessità, da cui dipende il rinnovo dell’impianto scientifico ambrosiano? In sostanza il problema centrale della ‘Statale’, in sinergia con il sistema accademico lombardo, non sembra essere quello del trasferimento di m3 di materia, ma quello di una raffinata strategia di ‘prestiti concettuali’, che rinnovi  l’obsoleto palinsesto nato nel 1923.

  1. Come si ‘ristrutturerà’ l’organizzazione accademica lombarda per un suo sviluppo socialmente agente? I nuovi processi di apprendimento profondo che potrebbero un giorno portare all’intelligenza artificiale sono una questione ineludibile per l’evoluzione del nostro sistema accademico. E’ una evoluzione difficile, anche per il suo costo, per il suo livello di consumo energetico e di inquinamento (un impianto di IA richiede energia e produce esternalità negative paragonabili a quelle di una città di 30.000 abitanti), elementi che difficilmente sono sopportabili dal sistema di finanziamento del nostro sistema universitario e difficilmente controllabili dalla nostra pubblica amministrazione.

Ma d’altro canto, come ha recentemente scritto Shitij Kapur, preside e vicerettore del King’s College di Londra: “Gli approcci digitali e l’intelligenza artificiale potrebbero benissimo rappresentare la ‘Spinning Jenny’ dell’impresa universitaria, creando un vantaggio per le università del Regno Unito, proprio come la Jenny catapultò Manchester in prima linea nella rivoluzione industriale”.

Detto questo, secondo le recenti esperienze, specie negli USA, l’uso creativo di strumenti digitali, online e di intelligenza artificiale ha dimostrato come possano essere combinate l’istruzione nel campus, l’istruzione online e una ricerca di alto livello, l’aumento degli accessi e la diminuzione dei costi.

Inoltre, diversi atenei hanno iniziato ad utilizzare l’intelligenza artificiale, per lo sviluppo di nuove competenze, con valutazione dei risultati in tempo reale, allo scopo di allineare l’offerta accademica sia alle richieste dei datori di lavoro che agli interessi degli studenti. Gli studenti godrebbero di sistemi di apprendimento personalizzati, supportati da tutoraggio individuale, basato sull’IA.

Ma in questi processi è fondamentale il rinnovo delle capacità dei docenti, per offrire una guida di alta qualità su come utilizzare le nuove tecnologie.

Come d’altronde è indispensabile un radicale rinnovo delle infrastrutture; una ricerca del MIT ribadisce che è fondamentale che le istituzioni adottino la gestione dei dati in cloud, sviluppino strategie e investano nella scalabilità dell’intelligenza artificiale e dell’apprendimento automatico.

Se la ‘Statale’ e ovviamente l’intero sistema accademico ambrosiano vogliono dare un contributo veramente ‘agente’ allo sviluppo, non solo locale, è indispensabile che affrontino un percorso  ‘intelligente’ innovativo, in grado di affrontare il nodo delle capacità collettive ‘aumentate’ grazie alle opportunità, ai problemi e alle contraddizioni delle nuove tecnologie. Sarà un percorso accidentato, sicuramente caratterizzato da errori, in quanto complesso, ma finalizzato ad offrire alla nostra comunità un ‘frasario’ scientifico adeguato per affrontare le terribilità del momento.

Giuseppe Longhi

 



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