24 gennaio 2023

I PENDOLARI SFRUTTANO LA CITTÀ A GRATIS

Palazzo Marino deve reagire


Progetto senza titolo (4) (2)

“Gli abitanti del suburbio largamente approfittano della vicinanza della città, ad essa chiedono assistenza medica gratuita, istruzione di grado più elevato (un vistoso numero di ragazzi non residenti, frequenta le scuole cittadine) mentre il comune non può neanche uniformare il servizio delle pubbliche vetture (taxi)… vi è un accresciuto vivere parassitico dei comuni a spese della città … sorgono incessantemente nei sobborghi negozi e centri commerciali”, così diversi rapporti dell’assessore competente al consiglio comunale, interpretando un diffuso malumore della città rispetto ai suoi vicini. Del resto con riferimento al pendolarismo per motivi di lavoro, secondo il censimento, sono 368.000 le unità che entrano ogni giorno a Milano per lavoro, 282.000 in più rispetto a quanti escono quotidianamente dal capoluogo per lo stesso motivo.

Quasi 100.000 studenti, e cioè il 55% (per la precisione 96.000) sono classificati come pendolari, e cioè residenti in comuni posti a meno di 90 minuti di distanza dal capoluogo e 43.000, pari al 25%, sono i “fuori sede” (oltre 90 minuti di distanza). Per ridurre l’inquinamento provocato anche dai pendolari che viaggiano con mezzi propri palazzo Marino ha istituito l’area b  (l’ingresso in città non è più consentito alle vetture a benzina fino all’Euro 2 e a quelle a diesel fino all’Euro 5) provvedimento che riesce a mettere d’accordo la destra  “Questo provvedimento massacra gli studenti e i lavoratori” ha detto Stefano Maullu, il segretario milanese della CGIL Massimo Bonini che ha definito l’Area B “un provvedimento classista” e la maggioranza dei sindaci attorno a Milano  (cioè quasi tutta la Lombardia).

L’area b è di qualche mese fa, il censimento è del 2011, la polemica sull’hinterland è del 1871 (assessore Servolini) ma fin dal 1862 il sindaco Beretta denuncia che gli abitanti fuori le mura usufruiscono dei servizi cittadini senza pagare tasse; come si vede la relazione tra la città e i suoi vicini è sempre stata contrastata.

Per questo la pena ricordare due anniversari il 150° della prima grande trasformazione moderna della città: l’incorporazione dei comuni dei Corpi Santi e il 100° del successivo allargamento amministrativo della città.

La Milano odierna è infatti il frutto di un progressivo incorporamento di comuni e comunelli confinanti che dandogli una dimensione adeguata, sia pure lontana dalle grandi capitali europee, ha consentito alla città di diventare “la capitale morale”, termine che compare per la prima volta quando la città proprio perché ormai allargata organizza l’esposizione nazionale del 1881.

Allargamento che 150 anni cosi come 100 anni fa quando il regime fascista (che perseguiva un suo progetto di “Grande Milano” poi abbandonato anche per l’inadeguatezza dei podestà)  annesse altri 11 comuni e 110000 abitanti:  Affori (con Dergano e Bruzzano), Baggio (con Sellanuova e Muggiano), Chiaravalle Milanese, Crescenzago, Gorla-Precotto, Greco Milanese (con Prato Centenaro), Lambrate, Musocco, (con Boldinasco, Cassina Triulza, Garegnano, Roserio Villapizzone), Niguarda e Bicocca, Trenno, Vigentino avvenne d’imperio, per regio decreto, senza alcun consenso da parte degli annessi; e se nel 1873 almeno furono convocate nuove elezioni comunali, nel 1923 semplicemente vennero cooptati in consiglio comunale i sindaci dei comuni sciolti dandogli anche un posto in giunta (di lì a poco arriverà il podestà). Va ricordato tuttavia che i sindaci socialisti Caldara e Filippetti chiesero l’allargamento del comune.

Secondo Aniasi l’aggregazione dei comuni provocò: “la distruzione di un tessuto culturale, di una comunità che aveva un proprio originale modo di realizzarsi e di organizzarsi, mentre si offriva in cambio il conglobamento anonimo in una periferia sempre più caratterizzata come serbatoio di uomini al servizio della città, ma estranei alla sua vita. Le annessioni hanno mostrato di essere dannose…. La storia dei Corpi Santi e dei comuni aggregati ci dice chiaramente quali siano le alternative: erano comunità libere, avevano proprie tradizioni, esprimevano una cultura; con un decreto li hanno trasformati in milanesi e cosi sono diventati abitanti di una periferia…la perdita della autonomia comunale è stata la perdita della possibilità di interpretare le esigenze degli abitanti… è stata la manifestazione autoritaria e antidemocratica di uno stato accentratore e accentrato…”.

Aniasi proponeva (nel 1973) una possibile soluzione: “organizzare un area metropolitana alla quale partecipino tutti con uguali diritti su un piano di parità…”, cinquant’anni dopo stiamo ancora a discuterne.

Ma torniamo a 150 anni fa. La Milano post unità d’Italia era una città compresa entro le Mura Spagnole di circa 200000 abitanti, circondata ad anello dal comune dei Corpi Santi che nell’ultimo censimento utile, quello del 1871, aveva in 62.976 residenti.

Il termine Corpi Santi per alcuni rinvia all’uso di seppellire i primi martiri cristiani fuori dalle mura cittadine per altri richiama antiche processioni religiose per altri ancora è collegato ai fuochi fatui e alla legislazione sanitaria austriaca che impose di spostare i cimiteri fuori dalle mura spagnole.

Erano comunità povere dove si pagavano meno tasse che in città e come scriveva Carlo Cattaneo: “erano divenuti il porto franco della città: luogo privilegiato per il commercio e per l’industria ove l’attività imprenditoriale era favorita dall’assenza dei dazi su alcune merci importanti. Presso i caselli di ciascuna delle sei porte cittadine si trovavano le pese pubbliche ove i funzionari dello Stato stabilivano il dazio da applicare sui prodotti che entravano in città. Per questo motivo, il costo della vita in quello che è oggi il centro di Milano era più alto rispetto al suburbio. Il comune dei Corpi Santi era congiunto alla libera campagna come un porto franco è congiunto al libero mare.”

Molte polemiche erano indirizzate contro lo stato di degrado sanitario dei Corpi e in particolare sanitario contro le risaie: “il clima di Milano sarebbe migliore e cioè non saremmo investiti da sottilissime nebbie d’inverno né molestati da un afa opprimente nel mese d’agosto se le immense risaje venissero soppresse”; la soppressione fu oggetto di molteplici reclami presso la prefettura “che non ebbero mai esito soddisfacente” tant’è che Ferrario (assessore comunale) scriveva: “le risaie emanano esalazioni perniciosissime e di un carattere tanto maligno, da ridurre in poco tempo in fin di vita, non solamente donne e fanciulli, ma anche uomini di tempra robustissima.”

Come sempre nelle vicende cittadine il fulcro della questione erano i danè: nel territorio dei Corpi Santi si erano stabilite molte industrie, che avevano approfittato di una politica fiscale favorevole.

Leggiamo su il Monitoremilanese.com: “Negli anni immediatamente successivi all’Unità d’Italia la legge prevedeva due generi di dazi: quelli governativi e quelli applicati dagli enti comunali come sovraimposte. V’era però una differenza tra i comuni murati e i comuni aperti. A Milano, città murata, i dazi erano applicati alle merci che entravano e uscivano dalle sei porte cittadine: colpivano gli alimenti (pane, olio…), combustibili (cera, gas per l’illuminazione…), foraggi, materiali da costruzione (legnami, gesso, pietre, mattoni, marmi) e altri articoli (vernici, sughero, cristalli). Al dazio governativo, il cui gettito andava allo Stato, il Comune di Milano applicava sovraimposte che variavano dal 43% su vino al 30% sui buoi e sulla carne macellata. Perché la fiscalità vigente nei Corpi Santi era migliore?

Per due motivi. Diversamente dalle città murate, i Corpi Santi erano anzitutto un comune aperto: qui le tasse erano riscosse solo alla vendita al minuto, colpivano gli articoli venduti. Questo spiega per quale motivo il Comune fosse divenuto in breve tempo un grande deposito di merci. A Milano si tassava invece ogni tipo di prodotti in entrata, anche quelli che non sarebbero stati venduti. In secondo luogo, le sovraimposte dei Corpi Santi erano largamente inferiori rispetto a quelle di Milano e in alcuni settori, come ad esempio i combustibili o i materiali da costruzione, la tassazione non esisteva.” Si trattava di condizioni eccezionalmente favorevoli quasi da paradiso fiscale e difatti l’opposizione degli industriali all’unificazione amministrativa fu totale tant’è che riuscirono a spostare di anni l’unificazione daziale.

Per difendere la loro posizione diedero vita ad un giornale trisettimanale “il giorno” diretto da Carlo Ajraghi per 17 anni consigliere comunale.

La tesi degli oppositori all’allargamento era semplice: “sarebbero aumentati i prezzi a danno dei più poveri e si sarebbero favoriti i ricchi milanesi”.

 Tra i difensori dei poveri spiccava l’ingegnere Giovan Battista Pirelli che sarà rappresentante proprio dei Corpi Santi in consiglio comunale. In prima fila nell’opposizione all’allargamento il futuro sindaco Mussi, per una volta tanto gli interessi degli industriali e degli operai, ben riassunti dal giornale “la plebe”, che temono l’aumento dei costi della vita coincidono e lo si vedrà in diversi appuntamenti elettorali. Ovviamente anche gli oppositori erano divisi infatti molti borghi rurali chiedevano a loro volta l’autonomia amministrativa perché “i sobborghi più vicini alle mura erano diventati quartieri cittadini” i cui interessi contrastano con quelli della campagna. Tra i più colpiti dalla progressiva unificazione della città i contrabbandieri.

Nei Corpi Santi oltretutto avevano sede molte infrastrutture e aziende cittadine. dalla vecchia Stazione Centrale in piazza della Repubblica, dal gasometro dell’illuminazione cittadina, alla stazione dei bus, al Cimitero Monumentale, sottraendo potere a Palazzo Marino.

Il Consiglio comunale presentò istanza al Re affinché aggregasse al Comune di Milano i Corpi Santi, il che avvenne l’8 giugno 1873. Il numero dei consiglieri comunali venne portato da 60 a 80 posti, di cui 61 riservati alla città di Milano, mentre i restanti 19 ai Corpi Santi (peraltro alle prime votazioni l’astensionismo di una platea già ridottissima fu del 70%)

Nel 1877 per risolvere le questioni di pari dignità dei vari quartieri cittadini verrà proposto un primo abbozzo di decentramento con l’istituzione dei vicesindaci di zona ma ci si arenò sulla questione delle competenze, questione a tutt’oggi non del tutto risolta.

L’unificazione del 1873 non risolse il problema economico, anche se con l’aggregazione la giunta milanese mira a rinsanguare il bilancio; scrive Tognoli: “Dopo l’unificazione, nel 1873, nei due comuni di Milano e dei Corpi Santi, che costituivano i sobborghi, si era creata una situazione anomala, per cui il capoluogo continuava ad essere diviso in due zone l’una all’interno della cinta murata, con il regime daziario del comune chiuso; l’altra, il circondario, che manteneva il regime di Comune aperto. Già la giunta Negri (1884-1889) aveva avuto in animo di unificare a tutti gli effetti parti della città, ma era riuscita solo a mandare in porto l’unificazione delle liste elettorali amministrative, che per effetto del decreto del 4 luglio 1873 della Deputazione provinciale erano separate in due zone.

La Giunta Vigoni aveva proposto nel 1895 l’unificazione tributaria del Comune, ma a causa di dissensi presenti nella stessa maggioranza sul problema del mantenimento del dazio murato, il delicato problema era stato affidato allo studio di una commissione, detta dei nove dal numero dei suoi componenti. Solo nel 1908 il Sindaco Ettore Ponti spostò ulteriormente il confine del Dazio, ponendolo sui confini comunali dell’epoca, rendendo ancor più difficile, se non impossibile, il controllo efficace delle vie di accesso alla città. Il nuovo confine daziario si trovava all’incirca lungo l’attuale Circonvallazione Esterna”.

Oltre alla geografia amministrativa e urbanistica la questione dei dazi è profondamente legata alla politica: non va dimenticato che la protesta di piazza e le cannonate del 1898 originano da una questione daziaria. Tutto era nato dalla decisione della Giunta di applicare regolarmente le norme sul dazio sul pane in guisa che gli operai provenienti dalla periferia che venivano a lavorare in centro potessero potevano portare con sé, per il pasto, solo mezzo chilo di pane, il resto sarebbe stato sottoposto a dazio, in pratica dovevano pagare dazio per il pasto portato da casa. Solo dopo gli 83 morti della furia repressiva di Bava Beccaris la giunta milanese ritirò il provvedimento.

Il 2 gennaio 1924 il dazio venne ulteriormente spostato e per “controllare la nuova cinta vennero costruiti oltre 20 chilometri di sentieri pavimentati, 60 nuove postazioni di riscossione, nuove pese pubbliche per camion e carri, e innalzate alcune decine di chilometri di reti metalliche poste a circondare l’intera città e a segnalare il confine daziario.” Il comune nel 1924, riscuotevano dazi per circa 100 milioni di lire all’incirca 94 milioni di euro odierni. La storia cambia con il regio decreto 30 aprile 1930, n. 432, che abolì le cinte daziarie, pur lasciando immutato il fondamento economico e giuridico delle imposte comunali sul consumo, il duce che di propaganda ci capiva spiegò: “Si ebbe così un solo comune chiuso: l’Italia”.

Ricordare il 150 anniversario dell’aggregazione dei Corpi Santi significa ricordare la nascita della grande città come la conosciamo oggi e anche del Milano-centrismo e serve anche a ricordare la complessa continuità della politica amministrativa milanese.

Walter Marossi

 

 



Condividi

Iscriviti alla newsletter!

Per ricevere in anteprima sulla tua e-mail gli articoli di ArcipelagoMilano





Confermo di aver letto la Privacy Policy e acconsento al trattamento dei miei dati personali


  1. Luca Bergoil titolo fa un po' male a chi abita nella città metropolitana che, troppo spesso, è costretto a usare l'auto per l'inefficienza e, talora, inesistenza di un tpl adeguato. Se il sindaco di Milano, che governa anche la Città Metropolitana - volesse veramente ridurre il numero degli ingressi in auto, dovrebbe adottare una politica inversa a quella che sta seguendo: migliorare il trasporto pubblico ESTERNO al Comune di Milano e abbassare il costo di biglietti e abbonamenti. Ho l'impressione che il semplice inasprire dei costi (3 euro per un'ora di parcheggio, 2,2 per un biglietto serva solo a inasprire le già difficili condizioni di noi cittadini metropolitani, favorendo l'espulsione dia altri milanesi dalla città e il conseguente incremento del numero di chi poi dovrà tornarci in auto ogni giorno per lavoro o accedere a servizi sempre meno efficienti in provincia.
    25 gennaio 2023 • 11:18Rispondi
  2. Andrea VitaliCredo che il titolo (che richiama un intervento del 1871) sia ironico...
    27 gennaio 2023 • 14:04Rispondi
Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. Tutti i campi sono obbligatori.

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.


Sullo stesso tema


19 marzo 2024

MILANO CAPITALE

Walter Marossi



5 marzo 2024

PALAZZO MARINO E IL PANE

Walter Marossi



20 febbraio 2024

LA FOLLA DELINQUENTE

Walter Marossi



6 febbraio 2024

ISRAELE E PALAZZO MARINO

Walter Marossi



23 gennaio 2024

UN ASSASSINO A PALAZZO MARINO

Walter Marossi



9 gennaio 2024

SEMPRE MENO ELETTORI?

Walter Marossi


Ultimi commenti