29 Aprile 2025
BASSANO GABBA: IL SINDACO LICENZIATO SUI DUE PIEDI COME UNA SERVA
La Milano tra ‘800 e ‘900
29 Aprile 2025
La Milano tra ‘800 e ‘900

Si ricordano nella storia milanese i sindaci che hanno lasciato opere e istituzioni che hanno segnato la città, quelli dall’indubbia rilevanza politica (diretta o riflessa) ed in genere vi è una stretta correlazione tra la loro memoria e il tempo che hanno passato al governo della città anche se talvolta questo è ingiusto perché in qualche caso nel breve tempo si fecero cose di grande rilevanza.
È il caso di Bassano Gabba che ha il record della più veloce sindacatura, durata meno di un anno, dal 9 novembre 1909 al 21 giugno 1910 come sindaco effettivo, ma si fece anche qualche mese come facente funzione in quanto assessore anziano.
Gabba professore nell’Istituto tecnico di Milano avvocato fu a lungo nel Consiglio dell’ordine. Scrittore oltreché di studi giuridici, anche di studi storici e filosofici che gli valsero nel 1902, la nomina a membro del Reale istituto lombardo di scienze e lettere, pubblicò diversi scritti relativi alle sue esperienze amministrative: Manuale del cittadino italiano o Instituzioni di morale e di doveri e diritti, Lo scrutinio di lista, Dei monopolii sui beni comunali destinati a pubblico uso, Trenta anni di legislazione sociale, Del voto obbligatorio, L’ americanismo oltre che diversi libri storici su Lutero, Marco Aurelio, il conte di Gobinau.
Deputato oggi si direbbe per il centro moderato fu eletto nel collegio Milano IV alle elezioni del ’92 e del ’97, fu per un brevissimo periodo sottosegretario di Stato al Ministero dei lavori pubblici (7 giugno-26 giugno 1898).
Appartenente alla vecchia consorteria che aveva governato la città per decenni era divenuto giolittiano e sostenitore e assessore di Ponti, il suo predecessore, forse il moderato più illuminato che abbia mai retto il comune, il sindaco dell’EXPO, ma di questi non aveva né il prestigio, né la statura politica né la ricchezza.
Viene eletto dai consiglieri dopo che furibonde polemiche e divisioni nel centro destra avevano portato alle dimissioni di Ponti, feroce il commento del socialista Sarfatti: “eletto sindaco per dissenso generale” e in pratica per evitare il commissariamento.
V’era infatti bisogno di concludere i lavori del piano regolatore, mentre la situazione economica non era più quella del fastoso anno dell’EXPO del 1906: il prezzo dei generi alimentari aumentava improvvisamente, mentre le condizioni abitative degli operai in città erano disastrose, al limite dell’esplosione, se si pensa che alcuni operai dormivano anche in dieci in camere da venti metri quadrati. I socialisti proposero un calmiere sugli affitti, ma naturalmente la proposta fu rigettata dalla maggioranza.

Gabba era ostaggio di una minoranza entrò subito in fibrillazione di fronte alla continuità amministrativa con la giunta illuminata precedente che impose.
La rottura risultò evidente quando Gabba propose di aumentare le tasse sulle insegne considerata dai commercianti vessatoria, tant’è che mentre i radicali si dividevano dovette accettare i voti dei socialisti per non cadere. Turati motivò la decisione con queste parole “noi votiamo per la giunta Gabba Morpurgo contro la giunta Greppi Candiani Necchi (cioè gli oppositori interni di Gabba ndr) che per noi rappresentano un regresso”.
L’obbiettivo degli oppositori liberal conservatori non era tanto la questione delle insegne quanto la tassa di famiglia ed il suo proponente erano l’assessore Morpurgo, figura più significativa dello stesso sindaco. Girolamo Morpurgo, appartenente a una famiglia ebraica, nasce a Gorizia nel 1847, avvocato è esponente e talora presidente di numerose istituzioni cittadine: Consiglio di Disciplina dei Procuratori, Associazione Generale di M.S. degli Operai di Milano, Società contro l’accattonaggio e per l’assistenza ai poveri, Società Edificatrice di Case per operai, bagni e lavatoi pubblici etc.
Il sindaco Emilio Caldara, nella seduta del Consiglio Comunale del 14 aprile 1920, commemora Girolamo Morpurgo ricordandolo come persona che “si occupò con grande amore delle principali questioni interessanti” la città, operando “per tanti anni e in molte pubbliche amministrazioni […] con profondità di cultura, con rara equanimità di giudizio e con assidua, diligente prestazione”. Nella stessa occasione Caldara ringrazia i famigliari del defunto, che assegnano al Comune 20.000 lire da erogare in beneficenza. Ma l’eredità Morpurgo arriva fino ai giorni nostri: nel 1999 la figlia Ernesta Morpurgo Tagliabue, priva di eredi, dona un miliardo di lire alla Biblioteca Trivulziana affinché il padre “riviva nel ricordo dei milanesi”, a Girolamo Morpurgo verrà poi intitolata la sala di consultazione della Biblioteca Trivulziana.
Le divisioni nella maggioranza moderata erano motivate più che da questioni di orientamento politico ideologico da prosaiche questioni di “danè”.
Come disse Turati: “Si è manifestato una screpolatura che attesta i profondi dissidi interni, non che la tendenza ad andare a colpire la tassa di famiglia e in una parola, tutto l’indirizzo democratico del sistema tributario dell’Amministrazione milanese. E codesto solo è il vero protagonista della discussione, e questa sola la ragione dell’accanita battaglia combattuta fuori di qua […] combattere la tassa famiglia significa far pagare agli altri le spese che avete fatto voi. Vuol dire tassa sui fabbricati rinforzata con le addizionali, conseguente reversibilità degli affitti, rincrudimento delle pigioni”.
Il voto in consiglio divise maggioranza e opposizione, ma poi la tassa sugli esercenti, tradizionalmente conservatori, passò con l’appoggio determinante dei socialisti, il che provocò le dimissioni dei più “destri” tra gli assessori.
Di fronte all’ennesima sconfitta, l’“altra giunta”, quella conservatrice, decise di passare all’attacco sul bilancio comunale che nel gennaio 1910 mostrava uno scoperto di 22 milioni. Il leader dei conservatori reazionari il futuro sindaco Greppi intervenne sostenendo: “L’era dei debiti è aperta in via assoluta, indefinita. Io non ho paura dei debiti, ma ho paura della mancanza di denaro per pagare gli interessi dei debiti. Sento in che mi è diminuita la fiducia nella giunta: e questo sentimento è legittimo. Se poi ci opponiamo alla Giunta è per il desidero che quando ci si trova in una poesia di questo genere il dovere è uno solo: si interpella il corpo elettorale”.
La politica della lesina è stata per decenni il vero discrimine tra conservatori e progressisti nelle politiche municipali, tanto più che Bassano Gabba insisteva su un’altra bestia nera dei conservatori: la municipalizzazione dell’impianto della Valtellina, costo previsto 30 milioni.
Ma la richiesta venne respinta da quasi tutti, visto che le elezioni per il rinnovo parziale del consiglio erano previste per il giugno di quell’anno, secondo la scadenza naturale.
Al povero Bassano Gabba, come capiterà a molti suoi successori, veniva ormai imputato di tutto: dal non funzionamento dei telefoni, alla mancanza di taxi (ne circolavano solo 6 o 7 su 50), alla scomparsa dei giardini, alle impopolari fermate fisse dei tram ( introdotte solo nel 1917), agli incidenti stradali: “in nessuna metropoli europea” sostengono Turati e Filippetti “si verificano gli eccessi di Milano un quotidiano massacramento dei galantuomini travolti da tramvie, motociclette e automobili”, al proliferare dei souteneurs.
Il destino di Gabba era ormai segnato, il sindaco fu sorteggiato tra quei consiglieri che dovevano essere rieletti alle elezioni parziali del giugno 1910 ma con uno strappo raro nella storia cittadina i suoi decisero di non ricandidarlo così come gli altri assessori decaduti. Non è la prima volta e nemmeno l’ultima che un sindaco non viene ricandidato ma è la prima volta che la sconfessione avviane così brutalmente, secondo Majno, Gabba e Morpurgo furono “licenziati sui due piedi, come si licenzia la serva colta in flagrante infedeltà”
Di fronte allo sgarbo anche il predecessore Ponti, leader indiscusso dei moderati decise di non ricandidarsi e fece sapere che di fronte al trattamento riservato a “antichi e benemeriti collaboratori”, egli non avrebbe fatto che “prendere piena libertà d’azione”, lo stesso Corriere della Sera, che appoggiava l’ex-sindaco industriale, stigmatizzò la linea oltranzista dei liberali milanesi: “l’entusiasmo degli elementi più moderati milanesi per l’alleanza con i cattolici. Nel loro orrore per le imprese municipalizzate v’è anche un po’ dello stesso sentimento dal quale nasce ‘l’orrore per la tassa di famiglia: sentimento di classe, diciamolo che ripugna i tributi diretti e preferisca quelli indiretti”. Ed era l’opinione di Luigi Albertini mica dei socialisti.
I sostenitori di Gabba si dimisero in massa e scelsero di non presentare una lista propria dopo non pochi tentativi di dare vita a un terzo partito che diremmo oggi centrista, al tempo vigeva un sistema maggioritario che penalizzava i partiti minori.
Tra astensionismo e polemiche le elezioni parziali furono vinte dai socialisti che si aggiudicarono 25 seggi contro i sei della maggioranza che decise di sciogliere il consiglio e di andare a nuove elezioni generali. Si trovò comunque il tempo pur tra queste feroci divisioni della maggioranza di far approvare il piano regolatore
Intervenne il governo che nominò un commissario regio dando tempo affinché le divisioni del fronte moderato si ricomponessero spostando le elezioni al gennaio 1911.
Con la sconfitta dei sostenitori di Bassano Gabba vengono accantonati, con grave danno per la città una serie di progetti che i conservatori aborrivano per il loro costo e il temuto aumento della pressione tributaria: la costruzione della metropolitana (il 1° febbraio 1910 erano stati stanziati i fondi per i primi studi), l’ampliamento delle linee tramviarie, la ricostruzione di piazza Vetra, la nuova stazione ferroviaria, il canale Milano Venezia, la nuova darsena alla Gamboloita (oggi Corvetto).

Le elezioni vengono vinte dalla lista moderata con 16953 voti e 64 eletti (di cui 8 cattolici), gli aventi diritto erano 71160 i votanti furono 36632; i socialisti con 10629 voti ebbero 16 eletti mentre radicali e repubblicani con 9565 voti non ebbero eletti.
Emarginato dalla vita politica milanese anche se per breve tempo fu ancora consigliere comunale, nel 1924 fu nominato senatore. Morì a Bergamo il 4 novembre 1928, mentre era a teatro, alla sua commemorazione in senato intervenne Mussolini, proprio in questa città fece edificare una splendida casa in stile liberty chiamata “la Bassiana”. La vedova fece un importante lascito al Museo Poldi e Pezzoli con cui furono acquistati tra gli altri un Tiepolo e un Guardi. Il podestà annuncio che gli sarebbe stata una via Fiori Oscuri ma non se ne fece nulla vi è invece una via Fratelli Gabba pigliando due piccioni, un fratello fu senatore, un altro generale, un terzo professore universitario, con una fava.

Perché ricordarlo? perché approvò la costituzione dell’Azienda elettrica municipale (l’atto ufficiale di costituzione è dell’8 dicembre 1919), perché inaugurò la nuova sede del Pio Albergo Trivulzio sulla strada per Baggio dove i ricoverati vennero traslocati dalla sede originaria di via della Signora, la “Baggina”, perché tra molte polemiche istituì la Biblioteca civica. Non poco in pochi mesi.
Walter Marossi