19 settembre 2021

APATIE MILANESI

Un’emergenza democratica


corbani

C’è una emergenza democratica a Milano. Ho l’impressione che il trend di apatia dei cittadini milanesi continuerà: nel 2016 i voti di lista sono stati il 50% di quelli del 1985, mentre gli aventi diritto erano l’80%.

Senza partiti né circoli culturali. Vi è dunque una disaffezione al voto, che non possiamo considerare fisiologica od “europea”, tanto più che si è voluto contrastare i difetti della prima repubblica con l’elezione diretta del Sindaco e la personalizzazione della politica.

Nel 2016 il Sindaco è stato eletto da un quarto dei cittadini milanesi. Il risultato è che la famosa “gente” partecipa di meno all’esercizio di un diritto democratico, che una volta era considerato un dovere civico e costituzionale. Su questo stato di indifferenza e di passività della maggioranza della popolazione milanese influisce anche il fatto che, nei quartieri, sono spariti i presidi territoriali, dove si coinvolgevano le persone e si formava la coscienza civica collettiva: le sedi di partito, i circoli culturali, il sindacato e varie istituzioni che contribuivano al dibattito e davano un senso di appartenenza alla città.

Cesare senza Senato. Oggi, che anche il Consiglio comunale è una sede di pura ratifica delle decisioni del Sindaco – non della Giunta, che non è più eletta dal consiglio comunale, ma nominata dal Sindaco a sua immagine, somiglianza e dipendenza –  il dibattito sui temi della città e del suo sviluppo sono condensati in asfittici e rari momenti di “partecipazione” dettati dalla agenda del “Cesare”. E parlo a ragion veduta di un “cesarismo” strisciante, nei fatti e nella prassi: un sistema elettivo comunale in cui non ci sono i contrappesi di verifica e di controllo, tra l’esecutivo e l’assemblea e quest’ultima di fatto è esautorata delle sue funzioni, per le leggi degli anni novanta, per debolezza dei partiti, per l’inesperienza degli eletti e per il fatto che la maggioranza consiliare è di fatto dipendente dalla volontà di “Cesare”.

Un Consiglio inutile. E “Cesare” non si tocca, non si mette in discussione, pena lo scioglimento del Consiglio. Non mi pare che il Consiglio comunale abbia avuto la forza di chiedere misure per la sanità e per la salute dei cittadini milanesi durante la pandemia. O di contestare l’uscita infelice su “Milano non si ferma” e imporre qualche intervento al massimo responsabile della salute dei cittadini milanesi: il sindaco è tale per legge, ma dovrebbe esserlo per senso politico (nel senso filologico del termine), di uno che tutela la sua comunità, e promuove le esigenze primarie dei suoi concittadini. Con sommo sconforto, ho visto una inerzia totale del Sindaco, con una patetica diretta Facebook accanto alla Madonnina in cui invocava il suo aiuto. Per inciso, mi dicono – ma io stento a crederci – che la strategia politica e comunicativa sia in mano a una società di Comunione e Liberazione. Ma tant’è, domenica scorsa abbiamo avuto “Milano riparte”.

Rivedere la legge elettorale per il Comune. Bisognerebbe rivedere la legge elettorale per i consigli comunali per porre rimedio ad un vulnus alla democrazia rappresentativa: e non si dica la baggianata che ciò bloccherebbe le decisioni e l’operatività del Comune. Non c’è confronto tra quanto realizzato nei trent’anni prima del 1993 e dopo.

Oggi siamo nell’epoca in cui decidono i privati il destino delle aree pubbliche, senza un minimo disegno complessivo e organico di servizi per la comunità, da San Siro a Città studi, dal Macello alle aree ferroviarie. Non ho mai sentito il sindaco parlare di cultura, di nuovi fondi per la cultura o di nuove sedi, in particolare in periferia, per fare cinema, teatro, concerti, librerie, biblioteche, musei, oppure per creare servizi sociali, culturali e sportivi per le Università e attrarre ancora di più studenti dall’Africa, dall’Asia, dal Sud America. E il Consiglio comunale?

L’informazione al servizio di chi governa. Il problema non riguarda solo la funzione inesistente del Consiglio Comunale, ma anche i mezzi di informazione, “indipendenti”. I maggiori organi di informazione milanesi sono impegnati a servire i governanti, non quelli che sono governati.  Neanche un cenno di critica, neanche di fronte alla pantomima del “dilemma sulla ricandidatura” durata sei mesi e culminata a dicembre del 2020 con “il ritrovamento delle motivazioni, degli stimoli”, come fosse una faccenda personale del principe regnante. Cose che in un regime democratico rappresentativo e con una informazione vigile, sarebbero state stroncate nel giro di poche settimane.

Neanche di fronte a operazioni di puro trasformismo c’è stata una reazione: in piena pandemia, con grande senso del momento, il sindaco scrive un libro per spiegarci il “nuovo socialismo” del prossimo secolo, e sei mesi dopo diventa ecologista verde europeo (sic!). Peccato che il suo ecologismo sia immobiliarista, come dimostrano le licenze e le operazioni edilizie distribuite a piene mani; o che le vendite del patrimonio edilizio comunale non sono fatte per creare una nuova più efficace ed efficiente macchina comunale, o per creare nuovi parchi tematici, in accordo con l’area metropolitana o per impiegare per la sicurezza i tremila vigili urbani.

Certo, passare dal centrodestra al centro sinistra, dal socialismo all’ecologismo, è una cosa normale in questa epoca di rapidi mutamenti. Ma l’emergenza democratica sta anche nel fatto che non è esistita e non esiste una opposizione: basta vedere la squallida vicenda, che si arricchisce di nuovi ridicoli e imbarazzanti episodi di un candidato del centrodestra, improponibile. La pochezza della proposta e della coalizione è sancita dalla lapidaria affermazione di un autorevole candidato del centrodestra: “Bernardo non è all’altezza, e la coalizione è del cazzo” (testuali parole). La soap opera sul candidato è stata lunga e senza dignità, per finire in una manifestazione di incapacità, di superficialità, di stupidità politica, a meno che sia una scelta consapevole a perdere, dando per scontata una vittoria del sindaco uscente.

Sta di fatto che la partita sembra definitivamente chiusa per knock-out tecnico, per manifesta inferiorità dell’avversario. In realtà, bisognerebbe dichiarare il “no contest”, l’incontro non avvenuto perché l’avversario non è in grado di combattere o per evidente manomissione dell’incontro, per combine: a te Milano, a me la Regione.

Il sistema elettorale dal 1993 doveva garantire il confronto tra persone con programmi chiari. In realtà è sempre stato un confronto tra destra e sinistra, puramente “ideologico” senza politica.

Gli obiettivi del sindaco uscente dovrebbero essere la continuità o lo sviluppo innovativo di quanto realizzato nei cinque anni precedenti. Il grande progetto era l’apertura dei Navigli ed è sparito dall’orizzonte. Non c’è una cosa, di sinistra (direbbe Nanni Moretti), che caratterizzi l’attuale giunta. Almeno ci fosse stato un impegno serio e fattivo, concreto per la edilizia economica e popolare, utilizzando anche la legge 167, per i giovani, le giovani coppie, gli immigrati e il rifacimento ex novo di quartieri popolari degradati e irrecuperabili.

Milano contro l’area metropolitana e i pendolari. Ma l’emergenza democratica si esprime anche nella insensibilità nei confronti dell’area metropolitana e del suo Consiglio. Si dimentica che la fortuna di Milano non sta nei suoi confini amministrativi ma nei suo rapporti con l’hinterland milanese e lombardo, con le centinaia di migliaia di persone che ogni giorni vengono a lavorare, produrre, studiare a Milano. E invece di agevolare la mobilità con lo sviluppo di un nuovo passante e il rafforzamento su scala regionale del trasporto pubblico su ferro, anche ai fini dell’ambiente, si pensa di mantenere la tassa sull’inquinamento dell’area B e C.

Si perseguono fasulle piste ciclabili che, invece di decongestionare, aumentano la pressione dei mezzi inquinanti per intere zone della città.

Il voto inutile. In questa situazione, c’è tuttavia un vantaggio, come mi ha segnalato un amico: non avremo la litania del voto utile, per impedire che vinca uno piuttosto che l’altro candidato.

E alla faccia della semplificazione, teorizzata dai sostenitori del maggioritario, abbiamo 13 candidati sindaco e ben 28 liste.

L’augurio che almeno si formi un Consiglio comunale, capace di far sentire la sua voce, che poi sarebbe anche la nostra. Sono finiti i tempi in cui si cercava di fare coalizioni di governo, anche se avevi raggiunto il 55-60% dei voti validi, che erano quasi il 70% o l’80% degli aventi diritto. O, forse per dirla con Giuseppe Verdi, l’antico, riveduto e corretto, sarebbe un progresso rispetto alla situazione attuale.



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  1. Annalisa FerrarioTutto giustissimo. Propongo anche un'interpretazione sulla mancata opposizione del centrodestra: a loro Sala va benissimo. La sua politica E' di centrodestra, perché cambiarlo?
    22 settembre 2021 • 08:28Rispondi
  2. Fausto BagnatoLa combine Regione Lombardia - Comune di Milano Metropolitano messa in campo per fare fuori la scomoda Letizia Moratti regge ancora. Giuseppe Sala dalla Pirelli è stato sistemato in Regione Lombardia imperante Comunione e Liberazione. Dalla Regione l' hanno infiltrato per condizionare la Moratti. Il resto è storia.
    22 settembre 2021 • 11:35Rispondi
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