6 marzo 2021

IL RADDOPPIO DEL MUSEO DEL NOVECENTO

È lecito modificare piazza del Duomo?


A dicembre 2020 è uscito il bando di concorso “Novecentopiùcento” per il raddoppio del Museo del Novecento, che si estenderà nel padiglione destro dell’Arengario, attualmente sede di uffici comunali e del Consiglio del Municipio 1 – Centro Storico. La decisione di ampliare il museo appare logica: la sede attuale è insufficiente per ospitare una delle più importanti collezioni d’arte della nostra città. L’esito definitivo del concorso si dovrebbe sapere entro giugno 2021: sono previsti un primo e un secondo grado, con scadenza rispettivamente il 18 marzo e il 4 giugno (1).

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Gustavo Latis, proposta per piazza del Duomo, schizzo prospettico.

I padiglioni dell’Arengario sono gemelli solo in apparenza, soprattutto perché gli interni del padiglione destro – realizzati nel dopoguerra e ristrutturati successivamente – sono privi della qualità che avevano quelli dell’altro, completati prima della caduta del Regime. Il padiglione destro merita però attenzione per due aspetti: la facciata su via Marconi, che conserva la partitura originaria con le arcate del primo piano chiuse da muri con piccole aperture; e lo spazio pubblico a pianterreno, un grande salone aperto da fornici su tre lati, simile a quello che si trovava in origine nell’altro padiglione. C’è da augurarsi che questi due elementi rimangano invariati nel progetto vincitore.

La realizzazione del Museo del Novecento – esito di un concorso bandito dal Comune di Milano nel 2000 e vinto nel 2001 da un gruppo guidato da Italo Rota – ha comportato la radicale trasformazione interna dell’edificio voluto da Mussolini e progettato da quattro protagonisti dell’architettura milanese del XX secolo: Enrico Agostino Griffini, Pier Giulio Magistretti, Giovanni Muzio e Piero Portaluppi (2).

La demolizione quasi totale della volta e del pavimento del grande spazio a pianterreno – parzialmente chiuso a vetri già negli anni ‘50 su progetto di Melchiorre Bega per ospitare l’Ente Provinciale per il Turismo (EPT) – è dovuta alla realizzazione della rampa elicoidale, ispirata probabilmente al Guggenheim di New York ma inserita forzosamente nello scarso spazio disponibile e funestata dalla presenza del ristorante al primo piano, che ne interrompe il proseguimento verso l’alto. Altre modifiche molto estese hanno riguardato gli interni dell’ala posteriore verso piazza Diaz, con esiti piuttosto discutibili.

Vista recente di piazza del Duomo con i padiglioni dell’Arengario.

Vista recente di piazza del Duomo con i padiglioni dell’Arengario.

Arriviamo così al concorso attuale, bandito esattamente vent’anni dopo il precedente e dieci anni dopo l’inaugurazione del museo, avvenuta nel 2010. La questione più delicata è quella del collegamento aereo tra i due edifici, che il bando rende praticamente obbligatorio e comunque non alternativo a un collegamento sotterraneo, scartato per la presenza di “sottoservizi inamovibili” (3), che in base ai disegni allegati al bando di concorso appare tuttavia molto dubbia.

La presenza del ristorante rende impossibile un collegamento al primo piano, difficoltoso anche per la presenza del balcone perimetrale. Resta quindi come unica opzione quella di un collegamento alla quota del secondo piano, fatta salva la possibilità, comunque prevista dal bando di concorso, di rinunciare al collegamento diretto e costringere i visitatori a uscire e rientrare, attraversando via Marconi all’aperto (4).

Alcuni appassionati di architettura che collaborano al blog “Urbanfile” si sono sbizzarriti producendo numerosi rendering, pubblicati su “La Repubblica” online il 27 dicembre 2000; i rendering prospettano alcune ipotesi alternative per la passerella, in gran parte discutibili e del tutto teoriche perché slegate da un vero progetto per il museo (5).

Vista aerea dei padiglioni dell’Arengario e degli edifici circostanti dopo i bombardamenti della Seconda guerra mondiale.

Vista aerea dei padiglioni dell’Arengario e degli edifici circostanti dopo i bombardamenti della Seconda guerra mondiale.

A mio modesto avviso il nodo della questione non è tanto il dilemma “passerella sì, passerella no” (penso che un bravo progettista sarebbe capace di trovare una soluzione convincente), ma la legittimità di intervenire su piazza del Duomo, che appare cristallizzata in una forma “definitiva”. Ma è davvero così?

Risale al 1983 un progetto molto radicale di Enzo Mari, commissionato dal Comune di Milano, che propone di tagliare in diagonale il padiglione sinistro dell’Arengario per ripristinare la giacitura della preesistente “manica lunga”, risarcendo la ferita con una parete di vetro specchiante (6). Seguono, nel 1984, i progetti per la mostra al Centro San Fedele, tra cui quello visionario del trio De Pas – D’Urbino – Lomazzi in collaborazione con Roberto Sambonet, dove si propone di collocare nella piazza – riproducendo la loro reale collocazione – copie delle statue che ornano la cima delle guglie del Duomo.

Partecipa alla stessa mostra un progetto di Vito e Gustavo Latis, che ipotizzano varie modifiche della piazza e dei suoi edifici, tra cui il collegamento dei padiglioni dell’Arengario tramite un nuovo volume, che anticipa le indicazioni del concorso attuale. In una proposta successiva del solo Gustavo questo volume diventa una piccola torre gradonata – tra gotico e déco – che richiama il geniale progetto di Luciano Baldessari per un grande edificio polifunzionale in piazza San Babila (1936-1937). I Latis conservano il passaggio a quota strada, creando una sorta di nuovo broletto, ma mettono in discussione il collegamento visivo consolidato tra la Galleria, piazza Diaz e la torre della Terrazza Martini (7).

Un altro progetto di grande qualità è quello del 1988 di Ignazio e Jacopo Gardella (con Fabio Nonis e Giampiero Peia), che propone un edificio-fontana al posto delle attuali aiuole, evocando il Palazzo dell’Indipendenza previsto da Mengoni (8).

Di questi progetti non si è fatto nulla, e le uniche (modeste) modifiche degli ultimi decenni hanno riguardato la rimozione delle pubblicità luminose dal Carminati – con la compianta “signorina Kores” – e la collocazione delle aiuole piantumate.

Penso che questa breve carrellata – campione minimo della sterminata quantità di proposte per piazza del Duomo dall’Ottocento a oggi – dimostri come la piazza centrale di Milano sia ancora, nella sua evidente imperfezione, disponibile ad accogliere progetti che possono modificarla o migliorarla, facendone un simbolo di quel febbrile processo di trasformazione che caratterizza – nel bene e nel male – il capoluogo lombardo da almeno due secoli a questa parte.

Pierfrancesco Sacerdoti

 

2 Cfr. Massimiliano Savorra, Un monumentalismo differenziato, in Id., Enrico Agostino Griffini, Electa Napoli, Napoli, 2000, pp. 115-138.

4 La questione del collegamento è al centro delle polemiche che hanno coinvolto la Soprintendenza, il Comune e l’Ordine degli Architetti di Milano, causando il rinvio della scadenza del primo grado al 18 marzo: https://www.artribune.com/progettazione/architettura/2021/03/raddoppio-museo-novecento-passerella-milano.

6 Cfr. Fulvio Irace, Gabriele Neri, MilanoMaiVista, Editoriale Domus, Milano, 2015, pp. 27-28, 30.

7 Sui progetti di De Pas – D’Urbino – Lomazzi con Roberto Sambonet, e di Vito e Gustavo Latis, cfr. Per una Piazza del Duomo diversa, Centro Culturale San Fedele, Milano, s.d. (1984), s.n.p.

Sulle proposte successive del solo Gustavo, cfr. Maria Vittoria Capitanucci, Vito e Gustavo Latis. Frammenti di città, Skira, Milano, 2007. Uno schizzo prospettico è pubblicato sul primo risvolto di copertina, mentre a p. 182 si trova un fotomontaggio relativo alla modifica della facciata del Duomo.

8 Cfr. Maria Cristina Loi, 9. Progetto per la sistemazione di piazza del Duomo, Milano. 1988-1989, in Ignazio Gardella architetture, a cura di Maria Cristina Loi et al., Electa, Milano, 1998, pp. 121-131.



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  1. Giovanna Franco Repellinisono i servizi del sottosuolo inamovibili che mi lasciano dubbiosa
    17 marzo 2021 • 11:15Rispondi
  2. Annalisa FerrarioCredo che il progetto migliore per piazza del Duomo sia quello di Gardella del 1988, che peraltro riprende il progetto originario di Mengoni (e le acute osservazioni di Cattaneo sulla piazza del Duomo "troppo grande"). Spero che prima o poi venga ripreso. Sulla questione dell'Arengario è indubitabile che il lato sud di piazza Duomo (complessivamente intesa, piazza Missori e palazzo Martini/Mattioni compreso) sia di qualità ben inferiore del lato Nord (Galleria). Non troverei scandaloso quindi un intervento che reinterpreti la sciagurata prospettiva. Una parola infine sui bandi di concorso. Qui, come in altri casi (vedi l'infelice bando per piazza Castello, di cui non si è parlato abbastanza) l'errore sta nel manico, ovvero nell'avere male impostato il bando. Mi chiedo se non sia il caso, quando si interviene in contesti così delicati e simbolicamente complessi, fare precedere il concorso di architettura con un concorso di idee. Così si perde tempo, si dirà. Ma che il museo del Novecento fosse troppo piccolo lo si era già capito venti anni fa. E in questi venti anni tempo per impostare bene un bando ce n'è stato.
    17 marzo 2021 • 15:22Rispondi
    • Pierfrancesco SacerdotiGentile Annalisa Ferrario, concordo, grazie per il suo bel messaggio.
      26 marzo 2021 • 00:49
  3. Annalisa FerrarioScusate il lapsus: piazza Diaz
    17 marzo 2021 • 18:19Rispondi
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