22 febbraio 2021

PARTECIPAZIONE AD OSTACOLI

L’impegno dei cittadini è un vuoto a perdere


Dopo alcuni anni di attivismo civico che mi ha visto impegnato in diversi progetti per portare un contributo concreto a migliorare i nostri quartieri di Milano, prendo spunto dal dibattito scaturito sull’articolo dello scorso 13 febbraio pubblicato su Arcipelago Milano a firma di Giuseppe Longhi per raccontare con semplicità la mia esperienza diretta sul tema partecipativo, quale promotore (nominativamente parlando ma in una rete di associazioni) e vincitore del Bilancio Partecipativo 2017/2018 per il Municipio 6 con il progetto Fate Largo.

Businessman running jumping overcome obstacles

Il progetto prevedeva la riqualificazione del giardino di Largo Balestra, formulato sulle indicazioni del team dei soggetti coinvolti, abilmente trasferito nelle linee guida di presentazione progettuale del BP da un gruppo di giovani architetti specializzati in opere di rigenerazione urbana ed è approdato al voto finale, dopo la prima selezione, senza alcuna obiezione da parte dei tecnici comunali sui dettagli operativi e di arredo in esso presenti.

Dopo la proclamazione quale progetto vincitore, nonostante un primo percorso senza intoppi, ben presto ci siamo resi conto che il processo di avanzamento soffriva di alcune difficoltà, quantunque non fosse mai mancato il sostegno e collaborazione da parte dell’Assessore Lipparini e di tutto il suo Staff, certamente un qualificato sostenitore della Partecipazione e delle iniziative di rigenerazione urbana.

Pensando che avere un’entità definita quale interlocutore con il Comune di Milano semplificasse il lavoro operativo, abbiamo costituito un’apposita Associazione (Fate Largo ETS) che, in seguito, nel 2019, ha stipulato uno dei primi Patti di Collaborazione per la gestione di eventi ed animazione sociale dello spazio in attesa della riqualificazione, anche per tener viva l’attenzione degli abitanti limitrofi e dei frequentatori del Parco.

Qual è allora il punto critico del processo partecipativo che si vuole implementare con nuove piattaforme funzionali maggiormente fruibili dai cittadini milanesi? Perché si parla tanto di Partecipazione con senso critico, alla ricerca di formule nuove? Potremmo esemplificare il tutto in un iceberg, del quale la parte sommersa cela ben altre realtà che, con un processo di erosione costante, dissolvono la luccicante punta emersa.

Come è ovvio non si tratta di un unico nodo da sciogliere ma della somma di condizioni che compromettono l’esito della partecipazione attiva che, nel suo intento, non può limitarsi esclusivamente alla progettazione dei luoghi ma deve partire da questi per riconnettere i cittadini con i beni comuni.

Fermo restando che Milano è senza dubbio avanti sul tema della Partecipazione attiva della cittadinanza rispetto alle altre città italiane, a mio parere, uno dei problemi che la ostacolano nel suo sviluppo operativo è la pachidermica macchina comunale, fatta di Uffici che non dialogano, ognuno con un proprio “capo” che sovente non dimostra alcuna flessibilità nel dover gestire un processo partecipativo dove, per regole costituzionali (art.118) una Amministrazione, qualunque essa sia, deve FAVORIRE e non osteggiare la partecipazione della cittadinanza, al punto tale che la partecipazione viene ridotta ad un ascolto di facciata, ad un contentino e ad un coinvolgimento in puro stile volontaristico. Si assiste così al depauperamento delle idee innovative e delle proposte progettuali dei cittadini compresse in uno stile progettuale consolidato, spesso vecchio ed anonimo ma perfettamente certificato, quindi in regola con tutte le norme di sicurezza, la consuetudine gestionale e quant’altro.

Gli esempi di partecipazione virtuosi, già realizzati in altre metropoli europee prese ad esempio, ci mostrano come la partecipazione possa creare socialità e come il processo partecipativo non si limiti alla proposta di buone idee e buone pratiche da parte dei cittadini ma di un loro coinvolgimento costante attraverso una progettazione esecutiva che li renda anche materialmente partecipi nella “fabbricazione” del luogo identitario di cui hanno scelto di prendersi cura assieme alle istituzioni pubbliche.

Procedure per organizzare piccoli eventi in loco che devono seguire il medesimo iter di un concerto a S. Siro, richieste di arredi innovativi bocciate perché chi ha l’appalto in essere ha solo in listino i “soliti” utilizzati in tutti gli spazi pubblici, tempistiche di risposte lunghissime ed esecuzioni dei lavori a distanza siderale nel tempo per i dovuti attuali passaggi burocratici che paiono intoccabili.

La mia esperienza mi porta a dire che, come da metafora già citata, c’è un “sopra”, la punta dell’iceberg che realizza una grande forza feconda e generativa, che nutre aspettative alte; al contempo esiste un “sotto”, la base dell’iceberg fondata su una organizzazione burocratica che difficilmente riesce a cogliere e fare proprie le spinte innovative che sono insite nel processo partecipativo e che di fatto impedisce una reale applicazione del principio di sussidiarietà quindi dalla fiducia che si può e deve riporre nella cittadinanza attiva e partecipativa.

Ora, con buona pace di chi si sta impegnando con impegno e serietà come l’intero Assessorato di competenza ed i suoi partner esterni, è assolutamente necessario quantomeno affiancare con urgenza all’implementazione digitale una concreta formazione e informazione di tutti i soggetti interni alla “macchina comunale” che poi, all’atto pratico, devono tradurre il frutto della partecipazione nello sviluppo operativo di un progetto o di un’iniziativa di qualsiasi natura sia.

C’e’ bisogno di mettere al centro un processo evolutivo dell’intera società civile, quella crescita senza la quale sarà difficile compiere la Partecipazione, sia diretta che digitale, quest’ultima certamente penalizzante per una certa fascia d’età matura e per quella parte di cittadinanza che non ha accesso alle piattaforme e ai linguaggi digitali. C’è ancora tanta distanza da ridurre tra la Partecipazione ideale e la Partecipazione possibile di oggi.

Senza soluzioni concrete a quanto sopra segnalato per esperienza diretta rimarrà al cittadino solo frustrazione e mortificazione e, a chi s’impegna con piglio per promuovere forme partecipative, una vertigine di vuoto.

Luca Vinti



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