11 febbraio 2021

QUALE MILANO DOPO LA PANDEMIA?

Seconda puntata


Nella prima puntata ho fatto le mie considerazioni a proposito dei temi generali proposti alla discussione da Gianni Dapri e Paolo Tafuro a nome della lista Milano Unita del. 27 gennaio In questa seconda puntata risponderò dettagliatamente ai quesiti posti all’attenzione mia e di Giancarlo Consonni che ha già risposto su queste stesse pagine nel numero scorso.

Imm. Battisti

Bisogna innanzi tutto premettere che bisogna evitare di cercare di tornare alla situazione antecedente alla pandemia. Sarebbe un inqualificabile passo falso e sicuramente le scelte urbanistiche fatte nell’ultimo decennio sono del tutto incoerenti con l’inevitabile cambio di paradigma.

Ma tale cambio potrà derivare soltanto da un’Amministrazione che svolga una appropriata regìa pubblica e che si sostituisca a chi l’ha delegata ai privati e in particolare alla COIMA di Manfredi Catella che ha comandato e inevitabilmente comanderà a Milano anche per come è organizzato il recupero degli scali ferroviari. Questione di cui ho già trattato su queste stesse pagine

Ma è interessante considerare quale evoluzione ha avuto il pensiero di Manfredi Catella, esponente più autorevole dell’imprenditorialità immobiliare. In un suo intervento in occasione del ciclo di incontri intitolato Fare Milano, ha affermato che il capoluogo deve superare l’azione attrattiva delle risorse e deve assumere un ruolo di promozione territoriale.

Catella premette che siamo in un momento importantissimo e che si può finalmente far riferimento a una visione che è essenziale perché ogni progetto possa poi avere anche testa e gambe. Visione che, se non ho capito male, sarebbe quella della UIA (Urban Innovative Actions) europea.

Non gli sfugge sicuramente che ampliando lo scenario di riferimento ne potrà derivare una domanda abitativa completamente nuova e che la città, i suoi spazi e gli edifici dovranno non solo rigenerarsi ma mutare completamente nella forma e nelle prestazioni. Ha anche lamentato l’inadeguatezza dell’Amministrazione comunale e ha espresso una nuova posizione rispetto a quella Milano centripeta che gli ha offerto in passato grandi opportunità di profitto ma che ora evidentemente considera non più sfruttabile proponendo un nuovo scenario nel quale Milano si apre al territorio e all’edilizia sociale. Un grande mercato in grado di offrire nuove opportunità d’investimento e profitto.

Catella fa il suo mestiere ma sarebbe giusto mettergli di fronte una struttura comunale che abbia le competenze e soprattutto una giunta con la volontà politica di interpretare l’interesse pubblico e non agisca come già detto da semplice facilitatore degli interventi che propone l’imprenditore privato.

In un mio scritto ho evidenziato il pericolo che corre il Comune nel mettersi nelle mani di un solo promotore immobiliare perché, come Catella stesso ha segnalato, le sorti economico finanziarie degli investimenti dipendono da cicli economici di scala planetaria indipendenti dalle strategie locali.

Già Ligresti ha lasciato dei ruderi inutilizzabili che costellano il territorio comunale e non vorrei che altri ruderi, ancora più grandi, si aggiungano a seguito del tracollo post pandemico dei nuovi promotori immobiliari. Che ne potremo fare dei nuovi grattacieli per uffici di City Life quasi vuoti? Quali saranno le conseguenze, del resto già in atto, per quelle attività indotte che prosperavano sulla presenza degli addetti nei luoghi di lavoro? Una responsabilità della quale i candidati sindaci non potranno andare esenti

Passando a considerare i quesiti posti dagli organizzatori dell’incontro del 27 gennaio mi sento di suggerire:

  1. Quale verifica di fattibilità, propongo di affiancare alla rendita economico finanziaria la “rendita ambientale” valutata in base all’indice di abbattimento delle emissioni di CO2 non solo per ciascun intervento ma per tutta la filiera che contribuisce alla sua produzione e realizzazione, per la durata della sua vita in termini di funzionamento, manutenzione fino al riciclo e smaltimento;
  2. Quale citta sia più adeguata a questo nuovo paradigma non sono in grado di dire. Ma nel prossimo futuro non potrà che essere quella che erediteremo, da proiettare su un nuovo orizzonte emendandone i difetti per quanto possibile, evitando di aumentare la sua insostenibilità ambientale e sociale. Un’idea di città a scala metropolitana non può essere il parto di una mente per quanto dotata ma deve derivare da una consuetudine di dibattito partecipato in cui tutte le componenti sociali si possano esprimere per armonizzare reciprocamente la risposta ai propri bisogni e interessi anche attraverso una riallocazione e ridistribuzione delle risorse
  3. La città dei quindici minuti dovrebbe già esistere se solo si rispettassero gli standard dei servizi ma a mio parere potrebbe avere effetti non auspicabili di chiusura e marginalizzazione all’interno dei quartieri periferici. La libera circolazione oltre ad essere un diritto è una fonte insostituibile di conoscenza.
  4. Ma la mobilità deve essere sostenibile e ATM sembra abbia un programma molto ambizioso di elettrificazione del trasporto pubblico. Ma quella grande opportunità che con l’intervento coordinato sugli scali e sulla cerchia ferroviaria si sarebbe potuta perseguire mettendo a registro l’intero sistema dei trasporti regionali è stata abbandonata a causa dell’approccio privatistico messo in atto fa FS Sistemi Urbani con il consenso del Comune.
  5. È necessario passare da una Milano della crescita a una Città metropolitana dello sviluppo a crescita controllata cercando di compensare il decremento demografico e l’invecchiamento della popolazione, proporzionando gli interventi e gli investimenti in funzione del miglioramento della qualità della vita per tutti, impegnandosi alla manutenzione del territorio, dell’edilizia e delle vecchie infrastrutture che stanno andando in rovina. Instaurando un sistema di formazione permanente per tutti i cittadini perché possano utilizzare al meglio l’evoluzione delle reti e delle tecnologie e qualificarsi per una economia e una produzione 4.0.
  1. Le scelte urbanistiche dello scorso decennio sono incoerenti con un cambio di paradigma sociale e ambientale. Sul piano sociale perché hanno contribuito ad aumentare la forbice delle disuguaglianze in vece che attenuarle, marginalizzando una quota sempre più ampia della popolazione rispetto a diritti fondamentali quali casa, welfare, salute, istruzione e cultura. Sul piano ambientale perché gli interventi non sono stati valutati rispetto all’impatto generato, né rispetto alla qualità urbana ed ai bisogni dei cittadini, ma in funzione della fattibilità tecnico economica e del profitto. Il Comune invece di rappresentare l’interesse pubblico ha svolto il ruolo di facilitatore e promotore dell’interesse privato. E ciò è andato a scapito della qualità urbana e ambientale.
  2. La prima scelta adeguata sul piano urbanistico è innanzitutto di mettere di fronte ai promotori immobiliari dei funzionari adeguatamente preparati sul piano tecnico amministrativo e degli amministratori dotati di volontà politica nella difesa dell’interesse pubblico. Catella fa il suo mestiere ma sarebbe giusto metterlo a confronto con una struttura comunale che abbia le competenze e soprattutto una Amministrazione che abbia la volontà politica di interpretare l’interesse pubblico e non agisca come già detto da semplice facilitatore degli interventi che propone il privato.
  3. Rispetto alle scelte ad oggi compiute sul piano urbanistico gli unici provvedimenti possibili sono quelli finalizzati a limitare i danni. Se i grandi interventi si svuoteranno per via del lavoro a domicilio come si potrà rimediare? Anche questi interventi che secondo l’Amministrazione in scadenza, avrebbero dovuto avere un effetto trainante necessiteranno di operazioni di recupero. Ma i danni ambientali saranno inevitabili e destinati a durare nel tempo.
  4. Uno degli strumenti – ma non l’unico naturalmente – che mi sembra più idoneo a fronteggiare complessivamente questa situazione di squilibrio urbanistico, ambientale, economico e sociale ritengo sia di istaurare una Amministrazione a centralità metropolitana in vece che milanocentrica. Considerato che il sindaco di Milano è anche sindaco della Città metropolitana, il prossimo eletto dovrebbe avviare effettivamente il processo di superamento dalla gestione esclusivamente a scala comunale promuovendo l’elezione di primo grado del sindaco metropolitano. Ciò avrebbe anche l’effetto non trascurabile di favorite un allargamento della partecipazione democratica per fronteggiare le difficoltà della transizione ecologica. Perché è evidente che ci si salva tutti insieme o non si salverà proprio nessuno.
  5. Inoltre mi doterei di un comitato scientifico in grado di consigliare l’Amministrazione comunale e metropolitana in merito alle decisioni da assumere politicamente. Non è possibile che si agisca in assenza di conoscenze scientifiche elaborate dalle numerose università milanesi, che sono invece sempre chiamate a convalidare le scelte politiche piuttosto che verificarle scientificamente. Come è avvenuto per il trasferimento a MIND dei dipartimenti della Statale e come sta avvenendo per lo stadio di San Siro e per gli scali ferroviari: per citare solo i casi più eclatanti.

Mi aspetto che i candidati della “sinistra” sappiano farsi carico di questi problemi e rinegoziarli in funzione dei nuovi paradigmi.

Emilio Battisti

NOTA BENE

Per chi fosse interessato c’è la registrazione della discussione tra Emilio Battisti, Giancarlo Consonni, Roberto Camagni, Maria Cristina Gibelli, Graziella Tonon, Sandra Bonfiglioli, Luca Beltrami Gadola ed altri su Milano dopo la pandemia”, tenutasi mercoledì 10 febbraio. Video al seguente link

https://drive.google.com/file/d/12w4-



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  1. OmarBuonasera Dr. Battisti, l’approfondimento è molto interessante ma non mi trovo completamente d’accordo su alcuni punti. Vorrei esprimere il mio punto di vista su alcune riflessioni, la prima è sui grattacieli e sul lavoro da casa. Trovo irrealizzabile il lavoro da casa in quanto gli esseri umani hanno bisogno di relazione, inoltre il rischio di compromettere la crescita del lavoro femminile è tangibile, esistono già situazione di squilibrio in questo senso. Il COVID è una influenza che per incapacità politiche di controllo e sviluppo della ricerca sanitaria l’ha trasformata in pandemia. Ecco questo è il primo paradigma necessario RICERCA SCIENTIFICA, che si può fare tranquillamente nei grattacieli. Il consumo del suolo nel nostro territorio è una conseguenza delle scelte milanesi a partire dagli anni ‘70; la città che nel 1973 raggiunse il massimo di residenti (1.744.000 ab) ne espulse in 30 anni ben 550.000 lasciando enormi spazi industriali abbandonati per decenni con degrado nel core cittadino e consumo di suolo in provincia. Tantissimi appartamenti condominiali, poi negli anni ‘80 furono presi d’assalto per impiantare uffici sparsi in città senza senso facendo aumentare il traffico automobilistico dall’hinterland verso il centro città’. Il comune di Milano ha molte responsabilità negative nei riguardi dell’hinterland ha sempre scelto di rinchiudersi nel proprio piccolo territorio come se fosse un feudo medioevale quando avrebbe dovuto allargare i propri confini urbani ben oltre il contenitore comunale. Il prossimo paradigma potrebbe essere anche questo; MILANO VUOLE DIVENTARE UNA VERA METROPOLI DIGITALE , INNOVATIVA, ECOLOGICA, INCLUSIVA oppure restare una grande città di provincia? Mi scuso se mi sono dilungato troppo.
    20 febbraio 2021 • 18:56Rispondi
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