2 maggio 2023

INTELLIGENZA ARTIFICIALE, OCCUPAZIONE E POLITICA

Ci sarà un nuovo "luddismo"?


Copia di rification (2)

Oggi proviamo a parlare di intelligenza artificiale, AI per gli amici, e di ChatGpt il robot basato appunto sull’intelligenza artificiale in grado di rispondere alle nostre domande, scrivere articoli di qualsivoglia natura e metterci a disposizione in pochissimo tempo tutto il suo sconfinato sapere, bot che in via precauzionale era stato bloccato a fine marzo in Italia,: l’Autorità garante per la protezione dei dati personali chiedeva di vederci chiaro nella raccolta e diffusione dei dati personali, nell’accessibilità dei minori e in una serie di altri settori di sua competenza. Ne parliamo perché c’è un tema legato all’attualità e ce n’è soprattutto un altro legato alla reale comprensione di questa nuova dimensione tecnologica da parte dei decisori politici, non solo italiani. 

Partiamo dall’attualità, più semplice: da venerdì scorso, 28 aprile, ChatGpt è stato sbloccato in Italia. OpenAI, la società californiana che lo gestisce, nell’annunciare di aver ripristinato la possibilità di accesso per chi si collega dall’Italia, spiega di aver dato una risposta esauriente a tutti o quasi i dubbi sollevati dal Garante. Bene, dunque, per tutti gli utenti italiani, che hanno così ricominciato a fare domande fondamentali per il futuro dell’umanità alcune, altre meno, del tipo “dove abita Dio?”, oppure “chi sono io?” seguito da nome e cognome, o ancora “chi vincerà il derby di Champions?”. 

Ovviamente il nostro Garante si è premurato di farci sapere che l’attività di verifica e controllo proseguirà, così come proseguirà il lavoro della task force istituita dal Comitato che riunisce le Autorità per la privacy istituite nei vari Paesi dell’Unione Europea, preoccupato da una rivoluzione finora appena accennata che toccherà tutti i settori della società: dall’ambiente alla comunicazione, dall’economia al mercato del lavoro. Secondo alcuni studiosi, ad esempio, utilizzando l’AI il Pil globale potrebbe aumentare del 7 per cento in dieci anni. Quindi, tutto bene? Non proprio, perché questo aumento, legato all’automazione, potrebbe mettere a rischio qualcosa come trecento milioni di posti di lavoro: per capirci, come se tutti gli abitanti degli Stati Uniti restassero disoccupati. 

E qui passiamo al secondo punto, un po’ più complesso, legato alla comprensione e alla conoscenza delle possibilità dell’intelligenza artificiale da parte dei decisori, delle sue applicazioni nella nostra vita di tutti i giorni, nelle scelte importanti della società. Comprensione e conoscenza che non ci sono e, se ci sono, stanno bene nascoste. 

Colpa dell’anagrafe? Forse ma non basta a spiegare tutto: l’età media dei nostri parlamentari è di poco superiore ai 50 anni, quella dei loro colleghi europei è di poco inferiore: tranne poche eccezioni, siamo lì. La colpa, semmai, va ricercata nel fatto che l’AI non viene percepita come problema o come possibilità di sviluppo perché non porta consensi elettorali, la gente non ne parla, non è percepita come strategica per il futuro, una tecnologia di cui occuparsi per imparare a utilizzarla al meglio ed evitare che altri la utilizzino al peggio, magari a nostro detrimento.

Quindi perché occuparsene? Il problema è culturale e sta tutto nell’incapacità della nostra politica di individuare i fenomeni nuovi e governarli prima che diventino ingovernabili, prima che altre parti del mondo, diverse dall’Europa, si “impadroniscano” di questi nuovi territori tecnologici e li colonizzino. Per farlo bisognerebbe sostituire l’attuale classe politica con una nuova leva, in grado davvero di guardare avanti in tutte le direzioni. E che non pensi, magari, che il principale problema di questo Paese siano la sostituzione etnica o il sovranismo alimentare. Ce ne sono altri, basta aver voglia di capirli e avere gli strumenti culturali per affrontarli.

Ugo Savoia



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