30 luglio 2020

URBANISTICA, SANITÀ E ALIMENTAZIONE

Verso il 2050


Gli studi internazionali prevedono, anche sulla base delle stime delle Nazioni Unite, che da qui al 2050 la popolazione della Terra sarà di circa 9,5 miliardi. Ora siamo più o meno 7,5 miliardi. Il continente africano sarà quello con il maggior incremento e si prevede che l’India nel 2027 supererà la Cina. Al presente la metà della popolazione, circa 4 miliardi, vive in povertà. Nel 2050 il numero di persone che vive in povertà sarà di circa 5 miliardi.

lolla

Attualmente circa 200 mila persone lasciano le campagne per arrivare nelle città; avremo tendenzialmente in futuro delle megacities, megalopoli da 20/30milioni di abitanti. Per far fronte a tutto ciò sarà importante che queste megalopoli abbiano servizi considerevoli e integrati: aerei, treni ad alta velocità, metropolitane per l’ultimo miglio sino alle proprie case, integrate con biciclette, scooter, auto volanti e chissà quali altre diavolerie ci si dovrà inventare.

Saranno così le nostre aree metropolitane? 35 anni fa, più del 60% delle persone vivevano nelle campagne, oggi un po’ più della metà (54%) della popolazione mondiale vive nei centri urbani, per il 2050 è prevedibile che tale percentuale salirà al 68%. Il mondo sta sperimentando una crescita della popolazione senza precedenti. Basti pensare che per raggiungere il primo miliardo di individui ci sono voluti oltre due milioni e mezzo di anni, il che è accaduto circa duecento anni fa.

L’inquinamento dell’aria causato dalle attività agricole costa attualmente 0.2 trilioni di USD e comporta 3.3 milioni di morti premature ogni anno. È dovuto principalmente all’uso eccessivo dei fertilizzanti chimici e alla cattiva gestione del letame. Quest’ultimo rilascia ammoniaca nell’atmosfera che, combinandosi con altri gas a effetto serra, forma particolato fine (PM 2.5) estremamente dannoso per la salute umana; la contaminazione dell’acqua e le malattie di origine alimentare producono costi pari a quelli dell’inquinamento dell’aria. Una cattiva gestione delle acque reflue e un’irrigazione non sicura costituiscono una seria minaccia per la salute umana. Un report del 2017 delle Nazioni Unite afferma che l’80% dei rifiuti umani nel mondo non vengono trattati, contribuendo pesantemente a malattie diarroiche, tra le cause primarie di mortalità infantile in alcune regioni del mondo.

Detto questo, in sintesi, quale previsione nel futuro dei popoli? Il 2020 ha registrato un mondo impreparato a una crisi sanitaria. Una vera tragedia intercontinentale. E nulla m’impedisce nel pensare che possano succedere altre nuove tragedie umane. Basti pensare che dal 1918 (Spagnola) al 1958 (Asiatica) sono passati 40 anni. Dopo l’asiatica nel 1968 ci fu l’influenza di Hong Kong; nel 1980 l’AIDS, nel 2009 l’influenza suina, nel 2015 l’Ebola e infine nel 2020 il Coronavirus. Si deduce che negli ultimi 40anni si sono verificate pandemie più frequenti che non tra il periodo della spagnola (1918) e l’asiatica (1958). Aggiungiamo, per completezza, che ogni anno a fronte di 57 milioni di decessi, circa 15 milioni sono causati da malattie infettive.

Altro tema sono i cambiamenti atmosferici. L’aumento della temperatura sarà un dilemma per il nutrimento. L’alimentazione dovrà sostenere il doppio della popolazione, offrendo prodotti economici, nutritivi e sostenibili sia per la salute dei terreni, dell’acqua e delle risorse energetiche. Se la temperatura atmosferica influisce sull’alimentazione solamente con gradi inferiori al 2%, è ovvio che danneggia i raccolti e diminuisce la quantità di cibo prodotto.

L’uomo nel suo futuro dovrà affrontare diversi temi importanti che si integrano tra di loro: la sanità (alimentazione), l’economia, la cultura, il clima, la natura (paesaggio) e il territorio (urbanistica). E sarà opportuno ponderare, meditare e pensare con saggezza a cosa prevedere, affinché la nostra esistenza attuale e futura abbia un percorso esistenziale e salutare al meglio. Una delle principali esigenze è legata alla disponibilità di cibo.

Se in agricoltura fino alla fine dell’Ottocento le tecniche utilizzate erano rimaste inalterate rispetto ai secoli precedenti, in armonia con l’ecosistema, la moderna produzione alimentare è oggi annoverabile tra le cause maggiori del cambiamento climatico e della malnutrizione. Infatti la progressiva meccanizzazione agricola e l’allungamento della filiera alimentare sono causa di perdita di biodiversità, per le ingenti risorse naturali con crescenti emissioni di gas naturali a effetto serra, poiché abbandonando le pratiche di coltivazioni e allevamento tradizionali, vengono sostituite dagli input dell’industria chimica, la quale incrementa la produttività e disponibilità di cibo.

Le stime della World Health Organization affermano che nel mondo vi sono circa 1,9 miliardi di persone in sovrappeso e 500 milioni in sottopeso. Simili cifre derivano da processi scientifici e tecnologici che in breve tempo hanno stabilito enormi modifiche nei metodi e modi in cui il cibo viene prodotto, distribuito e consumato in tutto il mondo. Riguardo il consumo di carne, con allevamenti intensivi si avranno problemi di gas serra, pertanto o si trovano alternative o dovremo per forza di cose ridurre. A questo punto si preferiranno i prodotti vegetali i quali necessitano di acqua: altro elemento che scarseggerà e che dovremo preservare. Mangeremo cavallette, alghe, carne artificiale? Probabilmente ci si dovrà abituare.

L’alimentazione alternativa sarà il nostro cibo futuro, al quale si dovranno accompagnare gli aggettivi “sicuro” e “nutriente”. Nei paesi ad alto reddito la gente vive più a lungo grazie a una migliore alimentazione, ai servizi di sanità pubblica e ai progressi della medicina che hanno accompagnato una crescita costante delle aspettative di vita. La prevenzione nella sanità è prioritaria e deve esser rafforzata se è legata a malattie con fattori di rischio quali il peso e l’alimentazione, per mitigare anche gli effetti dei cambiamenti climatici sulla salute. Con l’invecchiamento il potenziale di crescita economica rallenta, i sistemi di assistenza sociale diventano insostenibili e gli oneri sanitari aumentano.

Oggi la società è votata quasi totalmente al culto dell’Io, tra successo e potere, ove l’avidità e l’ignoranza la fanno da padroni. Bisogna combattere queste negatività e pensare a un’inversione di tendenza, si dovranno usare tutta la fantasia, l’intelligenza, la previsione per il bene e il futuro degli abitanti. Nel divenire entra in gioco il contesto urbano e le sue caratteristiche, che sono: la città, l’agglomerato urbano e l’area metropolitana. Tra queste possiamo identificare aree che sono comprese in una città e altre che sono al di fuori di essa.

Le città divengono quindi le protagoniste di quest’analisi: sono le aree più densamente popolate del pianeta e hanno costante bisogno di cibo, acqua e risorse energetiche per la sopravvivenza dei loro abitanti. Nonostante la loro elevata dipendenza dalle risorse esterne, le aree urbane sono centri di promozione dell’innovazione, della ricerca e del benessere che assicurano risorse economiche e strumenti utili a studiare e affrontare le sfide derivanti dal clima, dalle carenze di risorse naturali dall’espansione della povertà, dell’insicurezza alimentare e dall’instabilità sociale.

È, infatti, principalmente dalle città e dalle aree immediatamente limitrofe che nascono i cosiddetti “Alternative Food Movements”, movimenti sociali nati dal basso inerenti principalmente alla produzione e al consumo del cibo e alla gestione degli sprechi. Attraverso i progetti di pianificazione urbana è opportuno formulare politiche inerenti all’approvvigionamento e ad un consumo alimentare urbano che sia equo, accessibile, sano e sostenibile.

Il Food Policy Council opera in termini di politiche e governance legate al cibo, affinché tutta la filiera agroalimentare abbia una visione comune e multisettoriale per affrontare al meglio le sfide a livello locale. Affrontare questa tematica, come altre risorse fondamentali, sta diventando l’anello debole della società e rischia di divenire un fattore d’instabilità politica. L’urbanizzazione è un complicato processo sociale ed economico che prende forma tanto dalla pianificazione spaziale e urbana, quanto dagli investimenti pubblici e privati in edifici e infrastrutture.

L’urbanizzazione è generalmente una forza positiva per la crescita economica, la riduzione della povertà e lo sviluppo umano. L’inurbamento è quindi principalmente legato alla variabile demografica. Il futuro della popolazione mondiale è urbano. Perciò si dovrà soddisfare i bisogni basilari degli abitanti garantendo al contempo l’integrità di ecosistemi critici, affrontare i cambiamenti climatici, promuovere la produttività economica e l’inclusione sociale: queste sono e saranno tra le maggiori sfide che bisognerà affrontare ogni giorno. Le città a economia circolare possono minimizzare gli input, massimizzare le fonti rinnovabili e ridurre la propria impronta ambientale.

Gli studi per favorire un’urbanizzazione sostenibile partirono già dall’anno 1976 nella Conferenza sugli insediamenti umani a Vancouver in Canada, sostenuta dalle Nazioni Unite. La prevedibile massiccia crescita urbana tra le città dei PVS (paesi in via di sviluppo), fece proseguire gli incontri (vedi Istanbul 1996) e il documento politico che è noto come Habitat Agenda è stato adottato da 171 paesi e affermato nel 2016 nella conferenza di Quito (Ecuador). L’elemento centrale della Nuova Agenda Urbana è la necessità di integrare l’azione pubblica a livello nazionale, regionale e locale, con il rafforzamento dei governi locali e dei processi di decentramento.

Negli ultimi tempi gli urbanisti non si sono occupati o hanno fallito nel gestire un’adeguata pianificazione del cibo, sapendo che tra gli elementi essenziali alla vita abbiamo: l’aria, l’acqua, il cibo e un rifugio. L’assenza del cibo nella pianificazione degli urbanisti ha portato l’American Planning Association a emettere delle linee guida per orientare le politiche a riguardo, le cosiddette Policy Guide on Community and Regional Food Planning.

A partire da queste osservazioni pare che ora alcuni urbanisti stiano pensando di integrare le politiche alimentari all’interno della pianificazione cittadina, cercando di agevolare le amministrazioni cittadine nel modellare comunità più sostenibili. Ed è su questi percorsi che tra gli urbanisti e la collettività è possibile creare un ambiente sano al meglio, contrastando comportamenti di vita scorretti, coinvolgendo gli abitanti nel processo decisionale che dà forma alla metropoli. Tali legami rappresentano il fulcro dell’azione politica che mira in primis ai punti nodali del sistema alimentare (il Food system), ossia le infrastrutture (digitalizzate), e le aree politiche, dove il cibo interseca altri settori.

La novità maggiore, in termini di politiche e governance legate al cibo, è riscontrabile nell’avvento dei Food Policy Councils (FPCs). Sarà utile prendere in considerazione delle reti alternative del cibo: è il concetto di resilienza urbana, concetto riferito a una situazione ideale ambita dalle comunità, nella quale esse sono in grado di assorbire gli shock e di evolvere nel tempo senza subire sconvolgimenti strutturali, funzionali e identitari. La resilienza può giocare un ruolo importante in un sistema agroalimentare alternativo, fornendo alla città benefici di natura ambientale e sociale.

I benefici vanno dall’espansione degli spazi verdi e riqualificazione aree e edifici dismessi al miglioramento del tessuto sociale, al ricollegamento delle persone alla produzione alimentare con profitto (orti), all’aumento dell’assorbimento del carbonio, garantendo più aria pulita e una mitigazione dell’effetto “isola di calore”; alla maggiore capacità di ritenzione idrica del suolo e riduzione dei rischi di alluvione. Nonostante ciò, l’agricoltura urbana singolarmente considerata non ha la possibilità di soddisfare le necessità alimentari di tutti gli abitanti, poiché le città sono in continua espansione demografica.

Infatti, anche se s’implementassero, i metodi altamente produttivi, che vanno dalle Vertical farm alle colture acquaponiche e aeroponiche, non sono sufficienti al consumo urbano all’interno della città. In questo caso diventano essenziali le aree periurbane che possono fornire maggiori quantità di cibo salutare, cosiddetto “dal campo alla tavola”. La “strategia del sistema urbano del cibo” ogni città deve farla nel rispetto delle proprie esclusive peculiarità di carattere geografico, storico, politico, culturale e sociale, ma adottando un approccio integrato di prospettive in senso orizzontale, circolare e verticale.

Per orizzontale s’intendono vari aspetti delle politiche legate al cibo (l’ambiente, il turismo, la salute ecc.); con circolare s’intende l’intera catena agroalimentare (produzione, trasformazione, distribuzione, consumo e gestione dei rifiuti). In fine la prospettiva verticale include diverse aree territoriali e i relativi livelli amministrativi, a partire dal quartiere cittadino fino alle aree extraurbane e nazionali. Nel rapporto “Our Common Future” la nozione sullo sviluppo sostenibile afferma che “lo sviluppo che è in grado di soddisfare i bisogni della generazione presente senza compromettere la possibilità che le generazioni future riescano a soddisfare i propri”.

L’elemento centrale in tutta l’agenda è quello della pianificazione urbana e territoriale, compresa quella del sistema alimentare, quale strumento imprescindibile per la tutela del paesaggio e la garanzia dei bisogni essenziali degli individui. L’obbiettivo finale del sistema agroalimentare deve essere quello di supportare la rigenerazione dell’ambiente e la salute umana. Per la salute e l’alimentazione, con l’aumento della popolazione urbana e quella che si trasferisce in città dalle zone rurali, entrerà in gioco il contesto urbano e le sue caratteristiche.

L’Italia non ha solamente le città, ma ha borghi, paesini e quindi è necessario che lo studio per il futuro sia un disegno univoco di concetti, regole e indirizzi, affinché l’urbanizzazione sostenibile sia il giusto equilibrio tra aree verdi e aree urbane, altrimenti si entra nella fase di “insostenibilità” urbanistica. Le trasformazioni urbane particolarmente contorte non sempre sono economicamente sostenibili. Si devono rendere porose le città, i borghi, i paesi per un paesaggio in divenire. Il futuro è legato all’ambiente, alla sanità, all’alimentazione e per ultimo ma molto più importante: alla cultura.

Carlo Lolla



Condividi

Iscriviti alla newsletter!

Per ricevere in anteprima sulla tua e-mail gli articoli di ArcipelagoMilano





Confermo di aver letto la Privacy Policy e acconsento al trattamento dei miei dati personali


Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. Tutti i campi sono obbligatori.

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.


Sullo stesso tema








16 maggio 2023

UN RICORDO DI LUIGI MAZZA

Gabriele Pasqui



2 maggio 2023

IL RISK MANAGEMENT IN SANITÀ

Francesco Bizzotto



21 marzo 2023

NOTTE FONDA SUI SERVIZI A MILANO

L'Osservatore Attento



9 novembre 2021

QUANTO TRAFFICO C’E’ A MILANO?

Giorgio Goggi


Ultimi commenti