6 luglio 2020

LE PROSSIME AMMINISTRATIVE: ALLE LISTE ALLE LISTE!

É iniziata la campagna elettorale per Palazzo Marino


Di solito inizia con la telefonata di una vecchia conoscenza/amica/ex collega/ compagno di classe e così via che non sentivi da anni. Solito chiacchiericcio “come va? Tutto bene, a parte la prostata”; “la famiglia? Tutto bene e la tua? Mi sono separato. Ah vabbè”; “hai saputo di …? No che è successo? È venuto a mancare. Una prece”; “Magari ci si vede per un aperitivo con Tizio e Caio (altri che non senti da anni)? Perché no”; “Ciao ti richiamo tra qualche giorno”.

downlghjoad

Sei ancora a domandarti il perché della telefonata quando ti chiama un altro conoscente che ti chiede: “ti hanno chiamato per la riunione? Quale riunione? Quella per la lista!”. E lì ti è tutto chiaro: si avvicinano le elezioni e con le elezioni il magico circo delle LISTE.

Un tempo ormai lontano, la lista elettorale era un prodotto della selezione interna ai partiti, le liste civiche erano un modo per mascherare i simboli più “duri”, il candidato indipendente quasi sempre uno “specchietto per le allodole”. Dalla riforma che ha comportato l’elezione diretta del sindaco non è più così.

Oggi i partiti esistono solo in funzione delle campagne elettorali, “altre funzioni tipiche del passato: la formazione, l’informazione, sono state a tutti gli effetti rese ininfluenti dalla circolazione delle notizie. La legittimazione interna, la leadership è funzionale solo al posizionamento derivante dalla legittimazione elettorale, e ove questa è attribuita attraverso elezione diretta, preferenza, primarie, viene destituita di potere reale”.

Via-Eritrea-pl-125

Il sistema delle preferenze rende poi inutili le primarie interne fisiche o online per indicare i candidati, eccezzion fatta per le cariche monocratiche, come ben dimostrano le vicende pentastellate.

Alle comunali del 2011 si sono presentate 29 liste con circa 1.300 candidati, cioè uno ogni 500 votanti e 120 liste di candidati nelle zone per un totale di circa 2400 candidati. Almeno 8 liste hanno preso tanti voti quanti erano i sottoscrittori per presentarle, 15 liste non hanno superato lo 0,5%.

Nel 2016 le liste erano solo 17 e 5 non hanno superato il 1%.

download (1)

Nei 9 municipi, dove venivano eletti 30 consiglieri per ognuno, le liste erano 126 e il 75% non ha superato il 10% dei voti mentre dei 58 candidati a presidente di municipio il 64% non ha superato il 5% dei voti e il meno votato non ha superato lo 0,3%.

Se tutte le liste avessero presentato il numero massimo possibile di candidati questi sarebbero stati 3780, in realtà furono qualche centinaio in meno, con un affollamento diverso tra municipio e municipio. In zona 1 un candidato ogni 100 elettori.

Vi sono candidati che imperterriti, cambiando lista, colore e alleanze si candidano da oltre 20 anni e vi sono candidati che si sono presentati in altre regioni, in altri comuni più volte; entrambe le tipologie entrano nella categoria riempilista: fa brutto presentare liste troppo corte, con meno candidati di quelli possibili per legge.

Per i presentatori tuttavia è meglio avere in lista tanti signor nessuno piuttosto che tanti competitor, perché non è raro che presunti leader abbiano meno voti di presunti gregari, così dopo aver avviato una pesca a strascico chiedendo candidati a destra e a manca, man mano che ci si avvicina al giorno della presentazione i “disturbatori del manovratore” vengono accantonati in genere con mirabolanti promesse oppure retrocessi nei municipi.

Questo spiega perché alle ultime comunali il 15% dei candidati non ha superato i 10 voti di preferenza, perché taluni consiglieri di municipio ottengono più preferenze di quelle necessari per entrare a palazzo Marino, perché molti non ottengono neppure il voto dei propri cari, talvolta neanche il loro stesso voto.

maros2

maros1

Questo vale per tutte le liste, ma non per tutte in misura eguale: nel PD un solo candidato nel 2016 ha preso meno di 100 voti, in Forza Italia ben 26 e quindi il più votato di Forza Italia, Gelmini, ha fatto il pieno e preso l’11% di preferenza sui voti di lista mentre il più votato del Pd, Majorino, il 5%.

Non si creda che la preferenza sia uno strumento nelle mani dei partiti tradizionali o di gruppi “clientelari”, l’indice di preferenza più alto a Milano spetta all’ipercivica lista Milly Moratti con il 61% nel 2011.

Anche tra gli aspiranti sindaci l’effetto dilettanti allo sbaraglio non manca: nelle ultime tre tornate su 28 candidati 6 candidati hanno preso meno voti delle firme raccolte per la presentazione. I candidati furono 9 nel 2016 ma altri non erano stati ammessi: Marco Cozzi per l’Udc, Tiziano Tussi Partito comunista e Massimo Emanuelli Sosteniamo Milano. Due si erano già ritirati: Corrado Passera Civica, e Carlo Arrigo Pedretti Rivoluzione cristiana, 9 nel 2011, 10 nel 2006.

Dalle elezioni del 93 sono stati più di 60 i candidati a sindaco ma chi si ricorda di questi campioni “dell’importante è partecipare”? Tra questi: Ugo Frisoli, Colombo Valerio, Sante Gaiardoni, Cesare Fracca, Giovanni Bucci, Giorgio Schultze, Attilio Carelli.

Il meno votato Pietro Vangeli con 392 voti su 696.171, pari allo 0,05%, il più votato Albertini nel 2001.

Record, credo nazionale, la lista di continuità familiare: nel 1993 fu candidato a sindaco Carlo Fatuzzo, nel 2011 Elisabetta Fatuzzo la figlia, che aveva già sostituito il padre nelle liste per la Regione.

Perché questa mania a candidarsi?

Forse perché il sindaco e conseguentemente il consiglio milanese sono un unicum nel paese, se infatti nel dopoguerra ci sono stati 29 presidenti del consiglio, circa 66 governi, 20 presidenti del senato, qualche centinaio di ministri, i sindaci milanesi sono stati solo 13 (nello stesso periodo Roma ha avuto 17 sindaci, Napoli 22, Torino 20), e 4 per circa 10 anni (Tognoli, Aniasi, Albertini, Ferrari).

Forse perché il consiglio comunale gode di un prestigio derivante da chi ci si è seduto in passato: 4 presidenti del consiglio, ministri, scienziati, artisti e premi Nobel. Cito a caso e per tutti i gusti: Marco Praga, Mosè Bianchi, Luigi Bocconi, Camillo Boito, Carlo Erba, Gaetano Negri, Elio Vittorini, Cesare Musatti, Ludovico D’Aragona, Ugo Guido Mondolfo, Eugenio Scalfari, Giuseppe Lazzati, Giovanni Marcora, Giovanni Spadolini, Giovanni Pesce, Piero Bottoni, Ezio Vigorelli, Bettino Craxi, Giovanni Malagodi, Armando Cossutta, Piero Parini, Nicola Abbagnano, Lelio Basso, Raffaele De Grada, Luca Beltrami, Virgilio Brocchi, Eugenio Chiesa, Luigi Conconi, Malachia De Cristoforis, Giuseppe Forlanini, Enrico Gonzales, Francesco Ingegnoli, Stefan Jacini, Luigi Majno, Ernesto Teodoro Moneta, Mario Capanna, Benito Mussolini, Paolo Pini, Cesare Sarfatti, Claudio Treves, Filippo Turati, Carlo Valvassori Peroni, Rossana Rossanda, Luigi Granelli, Rinaldo Rigola, Alessandro Vaia, Lalla Romano, Mario Alberto Rollier, Sergio Turone, Antonio Baslini, Roberto Tremelloni, Giorgio Morpurgo, Andrea Borruso, Luigi Granelli, Umberto Dragone, Libero Mazza, Silvio Berlusconi, Antonio Banfi, Piero Bassetti, Giuseppe Missori, Alberto Cavaliere.

La tradizione della lista locale e/o civica, quindi non legata alla sigla di un partito, è antica: la prima lista civica nel 1946 fu la Lista Madonnina 7,4% contro gli immigrati che allora si chiamavano sfollati, ma vi sono state negli ultimi decenni svariate liste “personali” cioè con il nome del candidato nel simbolo, svariate liste federaliste ma non sono mancate quelle dai nomi più diversi: Con le donne per ricostruire Milano; Lavoratori Padani più soldi in busta paga meno allo Stato; Milano Italia fuori dalla menzogna; Non chiudiamo per tasse Artigianato Commercio Industria; Città Civile; Lega d’azione meridionale; No ICI; Codacons Lista Consumatori; Lista rock; lista fuxia people; lista Scelli SOS Italia Ambientalisti; giovani per l’expo (forse degli aspiranti standisti).

Tradizionalmente un certo successo lo ottengono le liste degli ex sindaci, ex assessori, ex consiglieri, ex qualchecosa, che alle ultime elezioni hanno dato lezioni di preferenza: Albertini e Palmieri prendono 2.000 preferenze su 15.000 voti di lista; Tajani, D’Alfonso, Strada sono di gran lunga i primi nella civica per Sala; Del Corno e Limonta vengono votati dal 18% degli elettori della lista; ma anche questa non è una regola assoluta: nel 1980 la lista civica dell’ex sindaco Bucalossi non supero lo 0,3%.

Record negativo negli ultimi 40 anni per la lista Europa federale che alle elezioni del 2006 ottenne 128 voti su 1030616 aventi diritto al voto e il cui popolarissimo capolista ottenne ben 3 preferenze riuscendo comunque a essere il migliore dei suoi.

Apparentemente le liste civiche non sembrano rappresentare un fattore determinante nelle elezioni a sindaco, apparentemente.

Innanzitutto vi è una questione di partecipazione al voto: più sono le liste e più i candidati più sono gli elettori, non a caso nell’ultima tornata il numero di votanti è il più basso della storia milanese compreso le elezioni europee.

downloadOvviamente la competizione dipende anche dalle caratteristiche dei candidati a sindaco. Più sono alternativi e contrapposti più una parte degli elettori vota solo per i candidati a sindaco e non per le liste. Furono 60.663 ai tempi di Moratti Pisapia, 70.900 ai tempi di Moratti Ferrante, 204000 ai tempi di Antoniazzi Albertini (che fu eletto al primo turno), 133.000 ai tempi di Albertini Fumagalli, 139.000 ai tempi di Formentini Dalla Chiesa.

Nell’ultima consultazione tra due figure relativamente simili e relativamente sciape (dal punto di vista delle tifoserie politiche) solo 33.665 elettori hanno votato solo il sindaco. Sala ottiene 92.000 voti in meno di Pisapia e Parisi 54.772 in meno della Moratti.

Competizione, quella del 2016, meno combattuta tant’è che se nel 2011 gli elettori tra il primo e il secondo turno furono quasi gli stessi nel 2016 sono calati di 29.000.

La differenza al primo turno tra Sala e Parisi, al primo turno, è di soli 5000 voti mentre i candidati minori raccolgono tutti assieme 40.000 voti e il candidato 5 stelle 54.000. La politica delle alleanze diventa quindi fondamentale per vincere.

La domanda è: Sala senza l’endorsement di Cappato (10.081) voti avrebbe vinto? E senza Rizzo (19.145)? e se questi elettori non fossero stati aggregati come si sarebbero comportati?

Ma ancor più rilevante la domanda che nasce constatando che le liste civiche a sostegno dei 2 candidati principali al primo turno ottennero, considerando entrambi gli schieramenti oltre 70.000 voti quasi il 15% del totale: questi elettori avrebbero votato una lista di partito o avrebbero aumentato l’esercito degli astenuti?

200503548-0af5fce6-7f00-4fe9-8e09-3652bb1fb557Al secondo turno Sala aumenta il suo vantaggio su Parisi portandolo a 17.238 voti aumentando il suo totale rispetto al primo turno di 40.000 voti, mentre Parisi aumenta di 28.000 voti.

Vale la pena rammentare l’analisi dei flussi che fece Terlizzi nel 2016: “il 77% di quanti avevano votato Beppe Sala hanno effettivamente confermato il loro voto, Parisi l’84%. Sala è riuscito a catalizzare in quota maggiore i voti di quanti si erano espressi in precedenza per gli altri candidati. Dagli elettori di Corrado al primo turno è giunto il 12% dei consensi per Sala e il 24% per Parisi. Da Rizzo il 47% per Sala e il 3% per Parisi; da Cappato rispettivamente il 37% e il 7%, da altri il 57% e il 10%. Tra quanti non avevano votato, Sala ha ottenuto il 14%, Parisi il 10%. Il 23% di chi aveva votato Sala, stavolta non ha votato. Il 16% nel caso di Parisi, il 64% Corrado, il 50% Rizzo, il 56% Cappato, il 33% altri. Il 76% di quanti non avevano votato al primo turno, non l’hanno fatto nemmeno in occasione del ballottaggio”.

Al ballottaggio votarono 521.428 elettori contro i 550.206 del primo turno, meno 4,8% (si consideri che a Napoli la contrazione è stata del 31%), insomma i candidati e le liste minori in un sistema a doppio turno fanno la differenza.

L’anno prossimo, per tagliare la testa al toro (pare che l’espressione origini dalla tauromachia ma altri la fanno risalire alla disputa tra Venezia e Aquilea) e fare a meno di alleanze, sui dati 2016, basterebbe che Sala, riproponendo la civica a suo sostegno includesse nella sua coalizione i pentastellati. In fondo è quello che hanno cercato di fare alle regionali che però sono a turno unico. Ci vorrebbe però una capacità politico decisionale che al nostro sembra difettare e sopratutto ci vorrebbe che tra 10 mesi i pentastellati esistessero ancora.

In conclusione, se vi chiama qualcuno parlando oggi di liste non deridetelo, potrebbe fare la differenza ed essere determinante.

Walter Marossi



Condividi

Iscriviti alla newsletter!

Per ricevere in anteprima sulla tua e-mail gli articoli di ArcipelagoMilano





Confermo di aver letto la Privacy Policy e acconsento al trattamento dei miei dati personali


  1. Detto ANGELOVista situazione CHIEDO ai REGAZI se vogliono partecipare # ABIAMO UNA BELLA LISTA CIVICA # ITALIA TRADIZIONE E FUTURO #
    8 luglio 2020 • 07:44Rispondi
  2. Luciana B.Se i 5stelle dovessero sostenere Sala......credo che il loro suicidio sarebbe definitivo!!!
    8 luglio 2020 • 09:57Rispondi
  3. luigi caroliSi stanno già suicidando approvando TAV, GRONDA, TERZO VALICO e molti altri lavori, cosiddetti pubblici ma sicuramente inutili. Servono solo ad arricchire i soliti e a far lavorare le ditte protette o possedute dalla 'ndrangheta. Torino esige ciò che Lione non vuole?
    8 luglio 2020 • 16:20Rispondi
Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. Tutti i campi sono obbligatori.

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.


Sullo stesso tema


23 aprile 2024

MILANO E LE MANIFESTAZIONI PER IL 25 APRILE

Walter Marossi



9 aprile 2024

BANDIERE ROSSE A PALAZZO MARINO

Walter Marossi



19 marzo 2024

MILANO CAPITALE

Walter Marossi



5 marzo 2024

PALAZZO MARINO E IL PANE

Walter Marossi



20 febbraio 2024

LA FOLLA DELINQUENTE

Walter Marossi



6 febbraio 2024

ISRAELE E PALAZZO MARINO

Walter Marossi


Ultimi commenti