13 maggio 2020

LA MUSICA AI TEMPI DEL COVID-19

Vani tentativi di fruire la musica dal vivo tramite uno schermo


Nell’ultimo mio intervento su queste pagine, a proposito del confinamento domestico, scrivevo: “Potrebbe venirci in aiuto la televisione, tanto più se abbiamo la fortuna di poterla ascoltare in un ambiente dedicato, senza i rumori della cucina o dell’aspirapolvere, senza figli o nipoti che cercano a buon diritto la nostra attenzione distogliendola dall’ascolto”, ma mi ero anche soffermato su quanto ci si debba arrabattare, in assenza di musica dal vivo, fra televisione e computer, per godere di una buona musica senza limitarci al mero ascolto.

viola

Mi sono cimentato ed ho provato sia ad ascoltare concerti ed opere in televisione che a smanettare sul computer per recuperare da Youtube qualche esecuzione interessante da proporre ai lettori di questa rubrica. Ho trovato e provato di tutto ma ne sono rimasto molto sconcertato (è proprio il caso di dirlo!). Ho rivisto e riascoltato in televisione il Don Carlo verdiano diretto da Chailly alla Scala nel 2018, con la discussa regia di Stéphane Braunschweig e soprattutto con le sue ascetiche e lugubri scene. Su Youtube, invece, ho provato a mettere a confronto più esecuzioni della Messa da Requiem di Verdi, sia dello stesso interprete in epoche diverse (Carlo Maria Giulini nel 1964 a Londra e nel 1998 a Torino), sia di diversi interpreti in epoca recente (Claudio Abbado nel 2002 a Berlino, Daniel Barenboim a Milano nel 2013 e Theodor Currentzis a Berlino nel 2019).

Sono rimasto sconcertato perché ascoltare la musica così, sugli schermi di casa, è un vero tormento, e proverò a spiegarmi, cominciando dall’opera lirica. L’assenza dell’atmosfera del teatro – e soprattutto del teatro all’italiana, con i palchi che formano un salotto o una piazza, come si preferisce, comunque uno spazio concluso e raccolto – rende insignificante ed incomprensibile la scena; non ci si entra, non vi si partecipa, non si riesce a fonderla nel contesto drammaturgico e musicale, rimane una immagine piatta che fa da sfondo alle performance dei cantanti. Ed anche questi meravigliosi artisti, spesso ripresi in primo piano (è proprio necessario contare i loro denti e osservarne le smorfie nello sforzo di un acuto?), privati del contesto in cui si muovono e della profondità di campo con cui li si guarda a teatro, perdono gran parte delle loro qualità di attori e di interpreti, ed assumono un ruolo che chiamerei piuttosto atletico o mimico.

Osservare il palcoscenico non con i nostri occhi, che muoviamo in base a personali sensazioni ed emozioni, ma con gli occhi di un regista che esplora il campo visivo secondo una logica del tutto diversa, non è fuorviante? Non lo percepiamo come una violenza? Abbiamo anche la sgradevole sensazione che la musica diventi un accessorio, come quella che accompagna i film, che non si trovi più al centro della nostra attenzione.

Si accentua il protagonismo del cantante rispetto alla complessità dell’opera e, grazie alla provvidenziale ma prepotente visibilità dei sottotitoli, i versi dei libretti – spesso scritti in un linguaggio arcaico – rischiano di apparire ingenui o addirittura ridicoli. Per non dire del direttore, che in teatro emerge dalla buca dell’orchestra quanto basta perché i suoi gesti possano “raccontare” la musica al pubblico, e che nelle riprese televisive diventa invisibile. Quando poi passiamo dalla televisione al piccolo schermo del computer, le cose ovviamente peggiorano. Insomma, un gran brutto vedere ed ascoltare!

Pensavo che le cose andassero meglio passando dall’opera al concerto sinfonico, ma purtroppo ho scoperto che non è vero. Anche in questo caso i registi, sostituendosi necessariamente all’ascoltatore, scelgono le inquadrature secondo una logica non sempre condivisibile: mettono cioè in primo piano gli strumenti che di volta in volta ritengono essere centrali rispetto alla partitura, con il risultato che ascoltiamo la musica così come l’ascolta il regista anziché come ce la propone il direttore o come ci piacerebbe ascoltarla.

Sappiamo, per esempio, quanto è importante osservare il gesto del direttore d’orchestra in certi passaggi in cui esprime particolari intenzioni interpretative, e come ci irrita che in quei precisi momenti ci venga invece proposto il primo piano del corno o del timpano! Ed anche nei concerti sinfonici vengono proposti continuamente primi piani di strumenti e professori dell’orchestra, di immagini cioè a dir poco distraenti e spesso, quando non hanno a che vedere con il tessuto musicale e con il fraseggio proposto dal direttore, decisamente fuorvianti.

Non molto diversamente accade con i concerti di solisti o di ensemble di musica da camera: la cinepresa che passa in continuazione, senza una logica riconoscibile ed accettabile, dal volto alle mani dei musicisti e viceversa, non permette di ascoltare la musica come si vorrebbe. Si chiudono gli occhi per non essere disturbati dalle immagini, ma allora tanto vale ascoltare un CD!

Non posso chiudere queste considerazioni senza esprimere il cordoglio per la scomparsa di un uomo che ha dato molto alla grande musica e che le ha avvicinato un vastissimo pubblico. Mi piace ricordare di Ezio Bosso il discorso che tenne due anni fa al Parlamento Europeo. Un discorso straordinario in cui definisce la musica classica come parte essenziale dell’identità europea. Potete ascoltarlo cliccando su questo link.

Paolo Viola



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  1. Andrea silipocapisco che ad una "certa età" sia difficile cambiare abitudine, ma ti assicuro che la fruizione mediata della musica - ovviamente ben suonata e con una regia televisiva intelligente - può essere altrettanto interessante, sopratutto se paragonata con...l'impossibilità di partecipare ad una serata alla Scala. Ah, lo snobismo !
    20 maggio 2020 • 09:17Rispondi
  2. Livia RossiGrazie Paolo Viola, per aver descritto così bene la differenza tra l’esserci , a teatro, e la intermediazione dello schermo televisivo! Aggiungo che in un teatro l’attenzione degli altri rinforza la tua. È una questione di fisiologia umana. Cordiali saluti Livia R.
    20 maggio 2020 • 12:51Rispondi
  3. Paolo ViolaGrazie Livia Rossi, per avermi difeso dall'accusa di snobismo! Credo che solo la scarsa frequentazione della musica dal vivo possa far dire che "la fruizione mediata della musica può essere altrettanto interessante". Non capisco cosa c'entri lo snobismo con il bisogno di concentrazione e di fisicità che la musica riprodotta non riuscirà mai a consentire e a dare. Ovviamente bisogna essere ascoltatori molto attenti e forse anche un po' esigenti. Poi è ovvio che in mancanza di meglio.... ma questo mi sembra essere un altro discorso. Grazie ancora, di cuore, e carissimi saluti. P. V.
    21 maggio 2020 • 23:44Rispondi
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