2 maggio 2020

ECCELLENZA DELLA SANITÀ LOMBARDA?

Tutto deve cambiare


Impossibile non pensare, anche dopo due mesi, agli avvertimenti inascoltati del mondo scientifico e all’ottusità di chi non ha voluto ascoltare; impossibile dimenticare i camion militari che portano le salme fuori da Bergamo.

valassina

Questo è quanto mi sento di esprimere mentre ci troviamo in un punto, credo che nessuno ne abbia idea, di questo cammino che non prevedevamo di dover percorrere. Presi da altri problemi quotidiani o di ordinaria amministrazione nella gestione della nostra vita o di considerazioni sul sociale e politico non avevamo considerato che un piccolo microrganismo di un centinaio di nanometri di grandezza potesse sconvolgerci.

È da tempo che mi sento di non condividere l’idea dell’eccellenza (termine che non userei mai in qualsiasi campo) della sanità soprattutto in Lombardia, districandomi negli ultimi anni tra le difficoltà di prendere un appuntamento o di trovarmi ore in un pronto soccorso spesso accompagnando una persona chiamata “grande anziano“ e ora cercando di capire quando potrò sostenere esami e visite che sono stati rimandati a date indefinite per l’avvento del coronavirus.

Travolti dalle notizie, dalla nuova vita cui siamo obbligati, limitati dalle pareti della casa dove abitiamo, è evidente che siamo costretti a riflettere su ciò che accade. Ci siamo trovati impreparati ad affrontare un problema globale che ha mostrato tutte le carenze, la superficialità e la supponenza di amministrazioni che non sono state capaci di pianificare interventi efficaci.

Già nel 2019 tutto questo era stato previsto. Bill Gates, di cui non possiamo mettere in dubbio la lucidità dell’intelligenza, ne aveva fatto cenno in un suo discorso: il rapporto del “Global Preparedness Monitoring Board”, incaricato dall’OMS, conteneva l’indicazione di un rischio di pandemia causata da un agente patogeno che colpiva il sistema respiratorio. Soprattutto la recentissima esperienza della Cina doveva essere un monito per tutti e far predisporre un piano d’interventi e di considerazioni delle risorse necessarie per far fronte a un possibile espandersi della pandemia. Nulla, come se un virus potesse essere circoscritto da barriere e confini geografici.

L’Italia è stata sfortunata, è stata la prima nazione occidentale a soccombere e ha rivelato tutta la fragilità di un sistema sanitario che dal 2001 è stato smantellato poco alla volta. È mancata una gestione previdente, sono mancati posti letto, attrezzature, presidi e personale sanitario. Il risultato, soprattutto nella nostra regione, è stato un’ecatombe anche nelle RSA che è difficile giustificare. L’assoluta irrazionalità delle scelte ha portato a dimenticare i posti dei più fragili. E ora vediamo lo squallido rimpallo di responsabilità tra le diverse amministrazioni.

Che cosa deve cambiare? Il numero chiuso alla facoltà di Medicina, la sanità territoriale che è stata smantellata come presidi, come consultori, come punti di ascolto e di supporto, delegati spesso al volontariato, l’insufficiente numero di posti letto e di terapia intensiva pubblica, il rapporto tra sanità pubblica e privata, la competenza e preparazione della classe dirigente del sistema sanitario che non deve essere affidata alle scelte politiche e di partito, il sostegno e i finanziamenti alla ricerca scientifica e sanitaria, stupidamente e irresponsabilmente dimenticate e di cui oggi ci si accorge dell’assoluta importanza e necessità, l’insufficiente assunzione di personale sanitario. Troppi giovani, che sono andati all’estero, avrebbero dovuto trovare lavoro nel nostro paese. Deve essere assolutamente rivista l’organizzazione e, a mio parere, la struttura dei luoghi adibiti a pronto soccorso.

Con profonda tristezza ho seguito il corteo funebre dei camion dell’esercito con le bare dei morti per coronavirus nelle strade di Bergamo e ho provato dolore alla vista della figura dolente del Papa nell’immensa piazza deserta di San Pietro. Sono immagini che non si possono dimenticare.

Non mi pronuncio sulla parte economica di cui non mi sento esperta. È certo che senza uno screening della popolazione sarà difficile che possa iniziare una ripresa e per questo sono necessari, indispensabili l’uso dei tamponi e i test sierologici, che non sembrano ancora sufficienti.

Questa tragica esperienza credo dovrà portare a un cambio di rotta anche nella politica economica della nostra città, affidata quasi completamente al turismo di massa. È un tema su cui ritengo ci sia la necessità di riflettere e di rivedere in obiettivi e valori.

Un ringraziamento a tutto il personale sanitario che con coraggio, disponibilità, competenza ci ha aiutato e ci aiuterà a superare questo tragico momento. Nonostante tutte le debolezze e le eccezioni, i cittadini hanno mostrato consapevolezza, responsabilità e senso della comunità, e di questo le istituzioni dovranno tenere conto.

Gabriella Valassina



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