30 aprile 2020

LA SCUOLA E LE PERIFERIE DI TOLSTOJ

Usciamo dalla logica che solo nei licei del centro siano possibili eccellenti percorsi di formazione


Si parla molto della necessità di idee nuove, soprattutto nella scuola. A volte basterebbe guardare alle eccellenze già presenti, senza pregiudizi sulla loro provenienza, per trovare la chiave di volta di uno sviluppo più equo e sostenibile per tutti.

gennai

Ognuno di noi ha una propria periferia, ogni periferia è una periferia a sé, parafrasando Anna Karenina di Tolstoj.

Se ne parla a più riprese e in diversi frangenti. dalla politica. all’urbanistica alla sociologia. Sono discussioni che, per lo più, parlano di riqualificazione, gentrificazione, incubazione fino all’inclusione passando per il racconto di vite lontane dallo stereotipo di “homo urbanus”, conio recentemente proposto in letteratura e proiettato in un futuro vs una città perfetta dove la “razza urbana” ha un connotato ariano ben preciso e clichés comportamentali ben definiti. Si dirà che la scala sociale non è di per sé negativa, oltre ad essere del tutto naturale, o almeno è quello che si legge nei libri classici con cui molti di noi si sono formati.

Studiosi e Intellettuali provano a ipotizzare una città futura in cui la periferia sembra essere l’unico luogo di una possibile evoluzione urbana, per via degli enormi costi dell’abitare i centri, sempre più chiusi in sé, distanti dalla gente comune, poco fruibili e sostanzialmente irraggiungibili in termini di costi abitativi, soprattutto per le generazioni a venire.

Allora cos’è la periferia, vista da dentro? La periferia è oggi una parte della città in attesa di progetti concreti per un cambiamento radicale, intanto viva socialmente, attiva, pronta a continui cambiamenti, ricca di associazioni attente e formate, dunque fluida e tuttavia assoggettata alle regole sociali della città, ai clichés. Per certi versi fa ancora paura, quasi fosse in grado di generare una deriva sovversiva volta al cambiamento di un sistema collaudato, fino al compiersi del paradosso dove la periferia diventasse l’unico posto vivibile rispetto a una città chiusa e vassalla, arroccata sulle proprie tradizioni borghesi oggi straordinariamente progressiste, un binomio bizzarro e apparentemente schizofrenico di una classe agiata tuttavia sempre pronta a ricollocarsi per mantenere il proprio status.

Si contesterà questa visione con le solite pantomime della politica oggi priva di qualità, si dirà che Milano è inclusiva, aperta negando a oltranza che tutto sia funzionale e rispondente a un programma dettato non certo dal bisogno dei cittadini ma dal potere esercitato dai pochi, tuttavia misericordiosi, pronti a gesti eclatanti di solidarietà e, per questo, amati.

Di recente ho letto un interessante punto di vista sul ruolo della scuola e dell’insegnamento. Si parla candidamente dell’idea di una società che non può evolversi sulle mediocrità, dunque sembrano giuste le differenze nel concetto di una classe dirigente, adeguatamente formata per gestire una classe inferiore, un sottostrato sociale anch’esso funzionale allo sviluppo, ma entro i limiti del “rango” addestrato a non autorizzare una promiscuità di classe che sa di contaminazione negativa, d’indebolimento genetico.

Ecco che si giunge ai distinguo dei licei, una volta pensati solo per una classe dirigente del domani, a differenza delle scuole tecniche dove s’insegnava il lavoro manuale ma anche i valori dell’obbedienza, dunque a non pensare a favore del produrre. A ognuno un ruolo, conditio sine qua non di una prosperità economica e di una stabilità sociale finalizzate al benessere di tutti, sulla base delle regole di un sistema che funziona solo se riesce a mantenere questa stratificazione. L’idea di una classe dirigente preparata e capace è condivisibile, ma non lo è quando il ricambio della classe dirigente si basa sullo “ius sanguinis”, o peggio, su base aristocratica, capace anche di generare incapaci.

Il ruolo della scuola in periferia appare funzionale al cambiamento. In alcuni casi il programma formativo è eccellente e tiene conto delle realtà nuove di una società periferica che sempre più dovrà adattarsi alle diversità socio culturali che in centro non sembra siano presenti. La zona di Paolo Sarpi, oggi China Town, è un capitolo a sé: la comunità cinese ha di fatto occupato il quartiere, facendone un’enclave. Una condizione a mio parere da evitare, viste le esperienze di altre grandi città cosmopolite che hanno subito le conseguenze di un processo d’insediamento che ha visto intere zone delle città trasformate in veri e propri microcosmi a sé stanti, per anni ghettizzati. In questo le scuole di periferia eccellono e sembrano essere avanti rispetto a quelle delle zone più centrali.

Pochi giorni fa è stata attribuita un’Onorificenza a una classe di una scuola elementare milanese, un alto riconoscimento istituzionale attribuito ogni anno dal Presidente della Repubblica a chi si è distinto, nella Società Civile, nel divulgare il bene supremo di una nazione evoluta, la democrazia, e per l’Italia i valori della Resistenza. Il premio attribuisce a chi lo riceve il titolo di Alfiere della Repubblica Italiana. Si tratta della Scuola Primaria Gherardini della Vialba, periferia Nord di Milano, quasi Quarto Oggiaro.

La classe IV C del 2019, con l’impegno determinante delle maestre e della direzione scolastica, ha svolto un vero e proprio percorso di studio e riflessione sui valori della democrazia, attraverso dei giochi e lo studio della Resistenza Italiana. Grazie alla collaborazione con A.N.P.I , alla Biblioteca di Quarto Oggiaro e alla partecipazione diretta di due figure epiche, due protagonisti di quel periodo, il partigiano Giovanni detto Alfa e la Lena al fianco dei piccoli alunni, il gruppo di lavoro ha realizzato un libriccino dove ognuno ha potuto esprimere la propria riflessione sui valori della Resistenza e della democrazia.

In questa scuola di periferia il corpo docente svolge un lavoro d’eccellenza. Qui convivono e s’integrano la cultura araba con quella cinese e italiana e le diverse realtà sociali, si dà valore alle diversità integrandole in un contesto in continua evoluzione. I bambini più dotati aiutano direttamente in classe e a casa i loro compagni più svantaggiati, acquisendo i valori della solidarietà e della parità universale. Una scuola moderna pienamente proiettata nel futuro di una città sempre più chiamata a sviluppare nuovi modelli di cittadinanza, di consapevolezza e responsabilità civica, dove si possa pensare a un miglioramento che si distribuisca anche a tutte quelle zone periferiche oggi esuli e spesso denigrate, che non devono ghettizzarsi.

Questi bambini stanno svolgendo un lavoro determinate e illuminato, e sono un esempio in una Milano spesso distante e a volte ipocritamente inclusiva. Certo è che la nascita di “menti brillanti” per fortuna non dipende né dal nome del liceo né dalla zona in cui queste menti vivono, ma dall’ambiente educativo in cui crescono.

Questi bambini e le loro maestre ne sono la prova.

Gianluca Gennai



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