27 aprile 2020

PROVE DI RITORNO AL FUTURO

Anche la paura si evolve


Mentre si allenta la tensione da lockdown, si intensificano le riflessioni, tristi ma profonde, come questa di Eleonora Poli.

Foto di Elisa Tremolada

Foto di Elisa Tremolada

Più passano i giorni del confinamento più i dubbi, le domande e il pensiero critico prendono il posto della tensione; e del convincimento che non si possa procedere in modo diverso da così. Con il trascorrere delle settimane, meno virologi al centro della scena e più politici, filosofi, pensatori, visionari di nuovi scenari: sta per tornare il loro momento. Anche quello dei diritti dei cittadini, accantonati dall’emergenza, non è ancora ora, sembra, eppure ci si riflette con sempre maggiore attenzione. “Noi italiani stiamo disciplinati a casa per rispetto dell’altro o per paura dell’altro? È una domanda cui nessun sondaggio sembra rispondere”.

Non sono io a porre l’interrogativo, è Paolo Rumiz sull’ultimo numero di Robinson; e aggiunge che dalla risposta, per l’una o l’altra delle due opzioni, dipenderà il nostro futuro. “Con un Paese recluso – scrive Rumiz – come capire se il disastro ci ha cambiati in meglio o in peggio?”. Lo sapremo presto. Intanto a Milano e in Lombardia i cittadini non si accontentano più di spiegazioni sommarie, chiedono ormai con insistenza dove i nuovi ammalati quotidianamente conteggiati si contagino, in queste città chiuse in casa.

Quali realtà ci sono dietro i numeri? Vogliono sapere dalle istituzioni come e dove, quali sono le fonti e i veicoli del virus, oggi: non dovrebbe a questo punto essere troppo difficile tracciare i contagiati recenti, cosa hanno fatto, dove sono stati. Nessuna risposta concreta arriva e intanto, nel silenzio della pausa forzata, si pensa al dopo un po’ meno passivi di venti giorni fa.
25 aprile 2020.

Nel cielo azzurrissimo gli elicotteri volteggiano su via Palmanova, poi sopra il Casoretto e via Leoncavallo; sorvolano anche due o tre volte di seguito le strade vuote e i soprattutto giardinetti. E’ una di quelle giornate top in cui rafforzare i controlli: scampato il pericolo che i milanesi vadano al mare per i ponti primavera, sia mai che prendano qualche altra strana iniziativa. In effetti qualcuno più del solito esce dalla propria tana, quasi abbagliato dal sole di aprile dopo settimane trascorse in stanze chiuse, percorse in lungo e in largo fino ad averne la nausea.

Non è la fine del lockdown, eppure c’è chi va a sedersi sulle rare panchine libere da cancellate, assicurandosi bene prima che siano pulite. E chi mai avrebbe il coraggio di dire che è ancora vietato? A tutto c’è un limite, persino le urla dai balconi si sono arrestate da tempo. Auto della polizia e carabinieri sfilano a distanza, a passo d’uomo, e lasciano scorrere a lato quello scorcio di mondo dimezzato.

Una vecchietta magra, con la mascherina più grande del viso si lamenta di dover andare in giro da un mese senza calze perché il “suo” negozio è chiuso e non sa dove trovare un paio di collant; un’altra signora con il cane si avvicina quanto basta e le suggerisce Tigotà di Corso Buenos Aires. “Grazie. Io ho 86 anni, ma nell’ultimo periodo sono invecchiata di dieci, quindi ne ho 96”. Viene il dubbio che forse più che il negozio le manchino i soldi per comprarle, le calze …

La polizia locale osserva, da lontano, intanto l’elicottero attraversa di nuovo il cielo sopra la zona.
No, non è una serena festa della Liberazione. C’è la pandemia, Milano è chiusa dentro. Iniziative virtuali e visite alle lapidi a 200 metri dalla propria abitazione hanno preso il posto della bella manifestazione in piazza, degli striscioni e del corteo affollato. La giornata riporterà anche alcuni brutti fatti di cronaca, in diversi quartieri, uno proprio da queste parti.

Una decina di ragazzi italiani fermati dalle forze dell’ordine mentre “sfilavano” per festeggiare il 25 aprile in modo alternativo e appendere drappi rossi alle lapidi dei partigiani a Crescenzago, in una traversa di via Padova. Manifestazione non autorizzata? Si fa davvero fatica a definirla così. Si legge invece di accerchiamento, spintonamenti, una donna finita a terra, attimi di tensione. Viale Padova, e dove se no?

In tempi “normali” episodi come questo non fanno nemmeno notizia, non arrivano neppure sui quotidiani, soprattutto se i fermati sono stranieri. Ma nelle strade deserte del “restiamo a casa”, il 25 aprile in cui si festeggia la libertà, l’abuso stride e fa più male che mai, offre un’ulteriore occasione per riflettere.

Torniamo allora alla domanda di Rumiz: ne usciremo migliori o peggiori? Le forze dell’ordine che un ruolo così centrale hanno avuto, negli ultimi mesi, nelle vite bloccate delle nostre città, sapranno capire quando il loro compito di vigilanza e controllo volgerà al termine e fare per tempo un passo indietro?

Sorge il timore che ci chiederanno i documenti e a quale supermercato ci stiamo recando ancora per molto, troppo tempo. Il passo tra garantire il rispetto delle regole a vantaggio di tutti e militarizzare un territorio non è poi così grande e a chi abita in Viale Padova i pensieri cupi sorgono legittimi. In particolare ora, che dopo una quarantena di oltre quaranta giorni, la paura comincia ad attenuarsi, se non altro per sfinimento.

Del resto non è nella natura degli esseri umani prolungare troppo un’emozione intensa e dirompente, sia essa gioia o dolore, paura o terrore. Prima o poi ci si abitua a tutto, torna la voglia di ricominciare a vivere, anche il silenzio è un po’ meno silenzio. Mentre presunti esperti sui media farneticano di spiagge di plexiglass, hotel sterili e uffici bunker post atomici con postazioni blindate, c’è anche chi, per logica, incomincia invece a ipotizzare che prima o poi tutto ritornerà normale, senza che il virus riesca a renderci schiavi; come non ci sono riusciti del resto le catastrofi naturali e il terrorismo.

Questa normalità tanto disprezzata in quanto banale e migliorabile potrebbe essere invece adesso la nostra salvezza: io mi auguro che la ritroveremo, prima di tutto nella testa.

Eleonora Poli

 



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