22 marzo 2020
CAPITALISMO “BUONO” PER UNA BUONA SOCIETÀ
Un invito a fermare le diseguaglianze sociali
22 marzo 2020
Un invito a fermare le diseguaglianze sociali
Gli ultimi 40 anni della nostra storia economia sono stati dominati da un pensiero economico, il neoliberismo, che ha consentito a pochissime persone e aziende di accumulare risorse straordinarie, mentre il resto della popolazione ha dovuto subire austerità e rigore, stagnazione dei salari e riduzione del Welfare pubblico creando enormi disuguaglianze.
Finanzieri, grandi mercati, enormi proprietari terrieri, mega-industriali hanno accumulato risorse straordinarie e riescono a costruire alleanze con i poteri politici che li mettono al riparo dalla giusta concorrenza del mercato, aprendo praterie dove scorazzare senza limiti creando a tutti i livelli internazionali e nazionali vaste sacche di povertà.
La finanza, che era considerata come uno strumento di supporto al mondo delle famiglie e delle imprese cui gli azionisti affidavano il proprio denaro, è oggi diventata autoreferenziale, cioè fine a se stessa, e ha poco a che fare con la concreta produzione di beni e servizi. Il dato clamoroso è che i profitti realizzati dai mercati finanziari sono ormai 12 volte superiori al PIL mondiale, sono denari che non creano posti di lavoro e benessere bensì altri denari da giocare nei tavoli del mercato in un grande gioco d’azzardo.
E ancora: dieci persone detengono metà della ricchezza mondiale con pratiche finanziarie disoneste e predatorie, facendo così sparire il bene comune, crescere conflittualità e disuguaglianze e distruggendo l’economia reale. Nel nostro piccolo in Italia il 20% della popolazione detiene il 66% della ricchezza nazionale e il 28,7% è a rischio povertà ed esclusione sociale.
Papa Francesco, continuando l’esperienza della Chiesa con le Encicliche Sociali, iniziata con la “Rerum Novarum” di Papa Leone XII del 1891 e proseguita da tutti i Papi successivi, nella “Laudato si’” afferma: “Non si fa una buona società senza una buona economia….La salvaguardia dell’ambiente non può essere disgiunta dalla giustizia verso i poveri e dalla soluzione dei problemi strutturali dell’economia mondiale….Occorre pertanto correggere i modelli di crescita incapaci di garantire il rispetto dell’ambiente, l’accoglienza della vita, la cura della famiglia, l’equità sociale, la dignità dei lavoratori e i diritti delle generazioni future…. E’ necessario ricercare un modello economico frutto di una cultura della comunione, basato sulla fraternità e l’equità….Un messaggio per tutti gli uomini di buona volontà”.
Per questo motivo il Papa ha convocato ben 3.300 economisti di 115 paesi, tra cui molti giovani, ad Assisi dal 26 al 28 marzo per ricercare un nuovo modello di sviluppo e il vero spirito di una buona economia. Non ci può essere sviluppo con la diseguaglianza sociale, che crea solo reazioni negative e divide le persone, accresce diffidenza, sfiducia, chiusura, toglie speranza e nella precarietà da origine a risentimento, rancore sviluppando orgoglio identitario, sovranismo, populismo e pericolose derive autoritarie.
In un’intervista il prof. Mauro Magatti, docente di Sociologia della Globalizzazione presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore, afferma: “Di fronte ad un modello di capitalismo cattivo l’alternativa è quella di un capitalismo buono che prende atto della natura relazionale della nostra condizione, che riconosce il fatto che l’aumento della produzione, l’aumento del profitto, devono stare in rapporto di ciò che lo circonda, dunque l’ambiente, le condizioni sociali, la diseguaglianza, le persone, cioè la formazione e il welfare. Una alternativa questa che in realtà apre al futuro alla possibilità di realizzare un nuovo equilibrio capitalistico capace di tenere insieme ciò che nell’epoca precedente invece è stato diviso. La strada futura è quella della relazionalità di tutto ciò che sta nel mondo, come indicato da Papa Francesco, altrimenti si cederebbe alla regressione della contrapposizione, dell’odio e della guerra.”.
Incertezza e insicurezza sono passioni tristi che si pagano a grave prezzo. A proposito della guerra non possiamo non constatare che il riposizionamento delle aree di influenza economica e politica mondiale, inevitabilmente sfocia in tante piccole guerre finanziate e comandate dagli interessi dei potentati di cui abbiamo sopra trattato.
Giovanni Agnesi
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