27 febbraio 2020
IL LINGUAGGIO DEI GRATTACIELI
Passato, presente, futuro
Fin da bambino sono sempre stato affascinato dal Grattacielo Pirelli che cresceva rapidamente avvolto nelle impalcature e, ancora di più, dalla grande guglia della Madonnina, specialmente ammirandola dal tetto del Duomo dove i miei genitori più volte mi avevano portato a vederla.
Altrettanto negli anni del ventennio grigio ’75-’95, culminati nel buio pesto tra il ’90 e il ’95, ho sempre sperato un giorno di salire al trentesimo piano del Pirelli e, guardando a sud, di vedere un nuovo skyline che ridesse slancio a Milano. Affascinato da tutti i grattacieli? No, anzi! Mi sono sempre piaciute le Marina Towers e il John Hancock di Chicago e le Torri Gemelle, soprattutto se viste da sotto, dove generavano un senso di naturale capogiro.
Per il resto era lo skyline di New York nel suo complesso, piuttosto che quello di Hong Kong, che mi affascinavano, non certo i singoli grattacieli presi uno per uno, alcuni veramente orripilanti!
Quando sono stato alla guida politica dell’urbanistica milanese, dal 2001 al 2006, sicuramente mi sono assunto le mie responsabilità e ciò che si vede oggi è frutto degli interventi che ho fatto decollare in quel periodo (Porta Nuova, City Life, Palazzo della Regione, e tanti altri: circa cento).
Pochi ricordano che i dieci milioni di metri quadrati di aree dismesse avviate alla trasformazione in quel periodo (oggi giustamente chiamiamo rigenerazione) hanno rappresentato un fatto storico. Infatti Milano non si è più espansa sulle aree libere, ma ha realizzato parchi e verde come mai prima: là dove c’era il cemento… Milano ha avviato l’operazione sanitaria-ambientale più colossale di sempre bonificando tutte le aree di trasformazione a costo zero per il pubblico.
Ma c’è un elemento che mi sta particolarmente a cuore. I grattacieli di Milano della nuova generazione hanno una caratteristica unica, come bene ha sottolineato il filosofo Massimo Beltrame qualche anno fa nel corso di un convegno dell’Associazione Interessi Metropolitani: “hanno delimitato e generato piazze”. Sono, quindi espressione di una delle caratteristiche più peculiari di Milano e della Lombardia: la Piazza.
Piazza Gae Aulenti è diventata in breve tempo uno dei luoghi emblematici e più frequentati di Milano. Piazza Tre Torri, quella del Dritto, dello Storto e del Gobbo, sta diventando sempre più punto di incontro. Piazza Città di Lombardia, quella del nuovo Palazzo della Regione, è ancora morta. Speriamo che il talent garden recentemente insediatosi e, ancora di più i nuovi edifici di Melchiorre Gioia e la trasformazione che si genererà intorno, facciano scattare la scintilla della vivacità. Sarebbe davvero il colmo che la più grande piazza coperta, vivibile in ogni momento dell’anno, restasse ancora il luogo desolato che è oggi.
Ma c’è un “grattacielo” molto particolare di cui si è parlato pochissimo e che, invece, secondo me avrebbe meritato -e meriterebbe ancora- molta attenzione. Parlo della grande sfera progettata dall’arch. Guglielmo Mozzoni. Mi ricordo che mi illustrò il progetto nel suo studio di Corso Venezia durante un incontro con il grande Giampaolo Pansa di recente scomparso e con il Prof. Antonio Migliacci, sicuramente uno dei più grandi progettisti di strutture di tutti i tempi.
Un progetto affascinante, ma concreto e realizzabile come mi aveva assicurato il carissimo Antonio Migliacci. Avevo proposto, con discrezione e senza forzare, che potesse diventale il simbolo di EXPO 2015, come lo sono stati nel tempo la Torre Eiffel e l’Atomium di Bruxelles.
A pensarci bene una sfera di 250 metri di diametro capace di insediare 20.000 abitanti sarebbe interessante in tanti contesti di rigenerazione; certo non un grattacielo in senso stretto, ma un grandissimo edificio, forse meglio un’architettura eccezionale: certamente un’opera d’arte!
Tornando a Milano la cosa che più mi preme è che nuovi grattacieli, o gruppi di grattacieli, rappresentino sempre meglio non tanto la forma quanto la natura originaria di Milano: città dell’incontro, città dello scambio, città solidale, città del futuro positivo. Come è sempre stata.
Gianni Verga
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